Cosa succede quando vuoi fare il remake di RoboCop ma desideri ardentemente il PG 13? Succede che non puoi fare il fottuto remake di RoboCop.
Con Robocop del 2014 si raggiunge il picco più basso di questo immotivato filone di rifacimenti cinematografici che nessuno chiede, e se talvolta ci scappa un prodotto decente come Dredd, più spesso ci scappa la stronzata inumana.
Certo dopo Old Boy di Spike Lee (qualcuno potrebbe ricordargli che ha fatto La 25a ora? Grazie) pensavo che il fondo fosse stato toccato, ma evidentemente mi sbagliavo perché il buon José Padilha dopo un esordio più che buono con Tropa de elite (2007) si addormenta sfornando un inutile (ma decente) seguito del suo primo film e poi: ROBOCOP.
Dov’è la violenza inumana che non ha volto né padrone? L’America stritolata dalla delinquenza senza senso? Detroit in una finzione cyberpunk così realistica da far paura? Lo sporco e il sangue? Gli innocenti sbudellati? La critica neanche troppo velata al buonismo e al militarismo?
Da nessuna parte, ovviamente! Sennò col cazzo che ti becchi il PG 13.
E tutto è fatto come un iPhone: pulito e il più figo possibile. E siamo senza sangue, perché sparare in faccia alla gente ha come unica conseguenza quella di farli sparire fuori dall’inquadratura, proprio come nella realtà! E la moglie e il figlio del protagonista che lo vedono trasformato in un orribile robot, impotente sessualmente, emotivamente tormentato e orrendamente mutilato, reagiscono accogliendolo come se nulla fosse. Ma certo. Proprio come succederebbe nella realtà!
Nessuno si è domandato perché quando Robocop è macchina inumana e fredda ha il volto coperto, ma prima della trasformazione e quando riacquista il senno perde la protezione facciale? Perché è un cazzo di film sull’umanità. Sull’averla, perderla e riacquistarla. Come la vita, vederla scivolare via e ad un tratto riaverla, perché una cosa prima che sparisca ha un significato differente, e lo sanno anche i muri. Come gli affetti, perderli e basta! Perché nella sua futuristica finzione è un film crudo e reale, è un film che lo senti tra le dita. Non si torna in vita gratuitamente senza conseguenze, non c’è la mogliettina figa e il figlio perfetto ad accettare l’ibrido uomo macchina come se fosse un nuovo tostapane. C’è quello che definisce un uomo e quello che definisce una macchina: la macchina sistematica e fredda fa forse meno paura dell’uomo vendicativo e emotivo, che non perdona né dimentica, e che si vendica uccidendo, perché dalla merda viene fuori la merda.
E poi diciamolo c’era tanta bella violenza anni ’80 con gli effetti pratici e il pomodoro da tutte le parti. Perché te lo dovevi ricordare, santissimo Gesù.
Qui no. E José Padilha in Tropa de elite non si era trattenuto dal farci vedere i morti e la merda, ma qui sì. Qui gira come Nispel. Accidenti a lui. Chiaro segno di non so che piano deficiente da parte delle major che chiamano un regista capace, Samuel Jackson, Gary Oldman, Michael Keaton, Jackie Earle Haley e Jennifer Ehle e boh… Li ficcano tutti in una sbroscia noiosa e mal scritta che purtroppo ha le voglie represse del film di Verhoeven e ce lo fa rimpiangere ad ogni secondo. E questa gente ti recita OGNI CAZZO DI SCENEGGIATURA, ma qui non ce la fa.
Sinceramente? Dopo Dredd ho voluto dare una chance anche a questo film, alla fine il regista lo avevano e il cast Dio bono c’era tutto e di più. Magari era solo d’azione e cazzate, ci poteva stare. No. No, dovevano dimostrarti come non capire un cazzo di sceneggiatura.
È possibile non capire così completamente una cosa? Non capirla così a fondo, drenarla di ogni minimo significato, simbolo, messaggio. Come è possibile? In che modo si è arrivati ad associare il commerciale o l’azione con la stupidaggine filo televisiva? Il remake che fa più stupido un prodotto che non lo era. A che pro?
Perché questo post 2000 mi sta mettendo a dura prova, e io adoro il cinema commerciale. Cazzo mi piace Speed! SPEED, porco cane.
Demolition Man. Signori. Perché prima anche una scemata come Demolition Man riusciva a portare sullo schermo un futuro distopico che poi non è andato così lontano dall’attuale delirio populista e cieco-buonista dei social, o dall’istupidimento da smartphone. Perché ora non riusciamo nemmeno a rifare qualcosa che… cazzo. Era già intrattenente e buono. BASTA RIFARLO UGUALE. Che non so che senso abbia (Vero, J.J.? Still love you b.t.w.) ma sempre meglio di instupidire qualcosa volontariamente.
Per fortuna c’è Neil Blomkamp (ah, Elysium, 2013, su IMDB prende 6.4 e RoboCop del 2014 6.2. Sì. Ah ah. Sicuro. Come no. Certo. I buy that) che ci prova, e ci riesce. E ci parla di diversità, di condizione sociale, di anima e sangue con un robot bambino. E andate in culo.
Dateci Singer negli X Men. Miller in Mad Max. Verhoeven con Atto di Forza. Raimi che fa Spider Man (non il 3, Gesù). Marshall con Doomsday. Un bel John Wick. Dove sta scritto che divertimento = QI 25? Ridateci le esplosioni con il cervello. Maledetti imbecilli. Fate fare ai registi capaci il loro lavoro. Richiamate a fare un bel film di intrattenimento Gilliam. Ma che cazzo fate? Ma si presenta un film così? Ma ti sembra il caso?
Da vergognassi.
Sapete cosa mi ha fatto più incazzare di questa cosa? Mamma Mia. MAMMA MIA.
MAMMA – MIA.
Andate in culo.
Non so nemmeno cosa cazzo ho scritto.
Voglio Tetsuo di Tsukamoto. ADESSO.