In estate non ho voglia di scrivere, ma ve lo avevo già detto. E’ caldo, mi prende la smania e non riesco a concentrarmi come vorrei. Detesto l’estate.
Quindi rimango distante dal blog per qualche mese aspettando lo scemare delle temperature.
Per fortuna che questo spazio telematico di sporadica informazione cinematografica non ha solo me nella ciurma, e quindi può continuare a navigare con del vento in poppa senza avvertire la mia mancanza.
Cosa molto triste. Mi sento sedotto e poi abbandonato.
Nell’ormai remoto mese di luglio dell’anno del signore 2017 esce un nuovo mattoncino del Marvel Cinematic Universe, SpiderMan, film da me molto atteso che non mi sono certo fatto sfuggire, quindi di corsa al cinema il giorno stesso della sua uscita e poi tanta tanta voglia di scrivere la recensione sul blog!… Che è miseramente naufragata per le cause che ho spiegato poco sopra.
Il dannato caldo.
Percepire quaranta gradi non aiuta.
Ma ieri (02/09/2017) piove! Piove tanto! E settembre irrompe nella mia vita come una vecchia fiamma perduta e poi ritrovata.
Ti amo.
E quindi sono qui! Che culo, eh?
Siete contenti?
Come no?!
Nemmeno un po’?
Davvero?… Vabbè.
Spider Man Homecoming quindi, per la regia di Jon Watts (chi cazzo è?) e la scrittura di ben otto, e dico OTTO tizi (davvero, non sto scherzando, andate a vedere IMDB); musiche del mio amato Giacchino e fotografia saturissima e coloratissima di quel signore italo americano che porta il nome di Salvatore Totino, che conosco e detesto per i pasticci pastellosi della saga di Ron Howard Angeli e Demoni (2006, 2009, 2016), e per altri lavori con Howard come Cinderella Man (2005), altro pasticcio passato grottescamente per i filtri di Photoshop, o Frost Nixon (2008), già più accettabile (film che adoro).
Spider Man Homecoming è un film Marvel che salta fuori dal solito immaginifico strutturale della Marvel per portarci un’idea più teen movie e meno greve del solito mattone Marveliano in cui si combatte per le sorti del mondo o in cui adulti emancipati e vaccinati si comportano come dei dementi o fanno battutine ironiche mentre stanno per disintegrarsi solo per divertire il pubblico ormai assuefatto all’irriverenza, adesso stucchevole ed artefatta, di certi film partoriti dalla solita cerchia di intelligibili e obnubilanti menti delle major.
Spider Man Homecoming è un film giovane, termine tremendo da leggersi e da dirsi ma che in questo caso rende l’idea: è colorato e molto ironico, molto irriverente, simpatico nelle sue scenette da film scolastico che ci riporta felicemente a quei prodotti da scuola e amici del parco, come il primo Kick Ass (2010), il primo Spider Man di Raimi (2002), o anche Juno (2007) se vogliamo, perché no. Ha questo tono da Sundance Festival molto marcato, in cui l’ambientazione scolastica e il post scuola la fanno da padrona. Sembra quasi una produzione indie, un teen movie ben strutturato che prende in analisi questi disadattati nerd di stampo post 2000 con le loro fisse per Star Wars, e per ogni cosa abbia un vago puzzo geek. Paragone con questi lavori da lasciare comunque confinato all’aspetto visivo del film, al montaggio alla fotografia, da non confondersi con lo stampo narrativo. Ho citato Kick Ass o Juno perché l’ambientazione potrebbe ricordarlo, ma questi film ricercano nei loro personaggi l’umanità, mentre in Spider Man Homecoming si tenta invece di accettare e controllare la superumanità, vista come dono. Del tutto differente da Kick Ass, appunto, che invece ha un messaggio opposto.
Che inutili puntualizzazioni. Si vede che sono ispirato.
In questo universo scuola/casa Tom Holland (SpiderMan) gravita attorno a delle spalle comiche più che riuscite (Zendaya, che cazzo di nome, schiva e scontrosa compagna di scuola; o ancora Jacob Batalon, amico di sempre nel bene e nel male; lo splendido Tony Revolori borioso compagno di classe) che la trama ha il buon senso di inserire in modo attivo nella narrazione del film, film che, come in un rituale ciclico, si ricorda di essere un prodotto Marvel e tira fuori la sua maschera da film di super eroi.
Però lo fa con cognizione di causa, sapendo cosa sta facendo e senza, finalmente, uscire dal seminato rispetto a cosa si è prefisso, a quello che sono i suoi personaggi e lo stampo narrativo che tutti si aspettano da un film dell’Uomo Ragno.
Ecco che infatti ci troviamo davanti ad uno dei pochi film Marvel che può permettersi di essere ingenuo e scherzoso perché i suoi protagonisti sono adolescenti. Ecco che si rende conto di essere un film di Spider Man e mette giustamente questo super eroe dove deve stare, e cioè nel suo quartiere di New York a combattere il crimine comune come i ladri, gli scippatori, i malviventi. Ed ecco che, rendendosi conto di questi punti importantissimi per non far uscire dal contesto quello che Stan Lee nel lontano 1960 aveva dato come punto fermo durante la genesi di questo personaggio, il nuovo film di Spider Man ci presenta un villain del tutto credibile, inserito nella fauna newyorkese, nella narrazione a suo modo “realistica” per quello che è lo standard Marvel, nel contesto del film che dall’inizio alla fine riesce a stare con i piedi incollati a terra (e alle pareti) e a proporci un prodotto incredibilmente misurato.
Il villain dicevo, un Michael Keaton che porta sullo schermo uno splendido Vulture, è forse la cosa più geniale del film e molto probabilmente la cosa più riuscita di tutta la baracca. Vulture è uno spietato realista, un ladro per necessità. Questo personaggio si altalena tra padre di famiglia e super cattivo alle prese con dei furti improbabili, furti che ovviamente Peter sarà chiamato a sventare. E qui la sceneggiatura del film ha un piccolo guizzo di genio, simile a quella splendida lapide alla fine di Captain America Winter Soldier dove sulla tomba di Nick Fury (Samuel Jackson), è inciso l’epitaffio Ezechiele 25:17, citazione dal capolavoro di Tarantino.
Keaton, quindi, nel metacinema è conscio del ruolo a lui appioppato e non può fare a meno che strizzare l’occhio al suo Birdman (2014) nell’omonimo film di Iñárritu, che già guardava indietro al Batman (1989 / 1992) di Burton. Keaton è un virtuosista di villain ed eroi alati simili nelle intenzioni e nei costumi e sobriamente portati a schermo da questo sottovalutatissimo attore holliwooddiano.
Questo scherzare in modo intelligente del film è forse la sua vera forza, il prendere in giro il nerd e il geek in modo amabile e alla fine senza scherno, lo scherzare in modo intelligente con gli attori che ha la fortuna di avere (Robert Downey Jr., Marisa Tomei, Jon Favreau, tutti molto bravi), la coscienza di fare uno Spider Man come il personaggio richiede, senza scadere nelle baracconate inutilmente grottesche e pompose di Guardian of the Galaxy, o nell’epicità spicciola di un Avengers 2 (che comunque ha degli ottimi spunti di riflessione).
Ecco, Spider Man Homecoming è questo: è un film che mette Spider Man dove tutti pensavamo che dovesse andare; è un film conscio della sua natura e che scherza con essa, con i suoi attori con la sceneggiatura; è un film misurato e non pomposo; è un film dove si scherza consci di poterlo fare e saggi al punto dal capire quando fermarsi; è un film dove la solita ironia Marvel trova (finalmente) la sua dimensione e restituisce alla fine un prodotto assolutamente godibile, tecnicamente piacevole e soprattutto intrattenente.
Il povero film però è dentro il cestone della Marvel, e come tutti questi prodotti soffre di una costruzione già rivista, che prova a districarsi tra la monotonia della solita routine con scelte più che apprezzabili, come l’omissione dell’ormai tediosa genesi di Peter, o del colpo di scena che coinvolge Peter, la sua cotta adolescenziale (Laura Harrier, molto affascinante devo dire) e Keaton, ma che alla fine si riduce al solito good ending con cattivo in carcere, piano sventato ed eroe che ritrova se stesso.
Certo trovare un piano narrativo differente per questi film è molto complicato, e Spider Man Homecoming quantomeno ci prova, fallendo non miseramente ma con un certo margine di errore.
L’Omo Ragno bimbi! Dunque, che dire? Molto ganzo. Molto godibile. Forse uno dei più carini della Marvel! Sicuramente in lista tra i migliori che, come sempre, sono i più misurati o quelli che provano a raccontarci qualcosa oltre alle mazzate nei denti, che ragionano con la moralità di questi individui apparentemente invulnerabili (grazie, Civil War, rimani il mio preferito), quelli che oltre alle vaccate e alle risate e allo scazzo provano a costruire qualcosa. E questo Spider Man, forse per la prima volta nell’universo Marvel riesce in un po’ tutte queste cose finendo sì nella solita pappa Marvel ma almeno facendolo con stile, con un film assolutamente riuscito che mi fa ben sperare per questa moda di film dei super eori, che amo, ma che stanno diventando dei cloni di loro stessi.
E giuro che appena esce Wonder Woman ci si fa dù parole. Che non ci incastra un cazzo però mi è venuto in mente che oh, non l’ho ancora visto!
Addio!
Oh! Aspettavo la tua opinione anche di questo! Bene dé!
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