Quanto segue è il risultato di un dialogo-fiume esteso a recensione tra me e un mio amico (non immaginario) che ha seguito la visione del film e che si è protratto per vari giorni. Un conciliabolo, quasi. Di 3500 parole. Mettetevi comodi.
L’uomo in nero fuggì nel deserto, e il pistolero lo seguì.
Svariakan: L’uomo in nero è Nikolaj Arcel, è nero perchè lo hanno preso a sprangate. E’ nel deserto perché lo hanno lanciato da un aereo senza provviste nè acqua. Punizione esemplare. E’ sempre poco. E il pistolero sono io.
Dr Gonzo: La Torre Nera invece non è la storia di Nikolaj Arcel ma quella di Roland, uomo tormentato che vaga in un deserto senza nome, inseguito dai suoi demoni di colpe terribili e sconfitte e perdite. E’ un pistolero, ultimo di una casta di uomini nobili che dominavano su un mondo prospero. Ma il mondo è andato avanti. E lui è costretto a seguire la ruota del ka e il suo destino, la sua cerca: inseguire l’uomo in nero, responsabile diretto delle sue perdite, vendicarsi e avere lumi su come arrivare alla Torre, centro del mondo (o meglio di tutti i mondi) e luogo di risposte.
Come di consueto parto dall’inizio, ma per restare in tema quando arriverò alla fine non mi fermerò, ma ricomincerò da capo (se non avete letto i libri, capirete più avanti).
La Torre Nera è un’opera letteraria di Stephen King (qualcuno direbbe L’opera letteraria), scritta a morsi e bocconi tra il 1970 e il 2004. Mi dilungherò un po’ sulla letteratura all’origine, perché ci sono delle cose che vale la pena sottolineare, soprattutto sul primo libro.
Nell’incipit della saga incontriamo Roland in medias res, già alla caccia di un fantomatico uomo in nero, in mezzo a un deserto in un’ambientazione simil-western (con storture evidenti). All’inizio Roland è un personaggio da western puro (King pensava allo straniero senza nome di Eastwood nei film di Leone quando ha creato Roland, e Il buono, il brutto e il cattivo è dichiaratamente l’ispirazione principale del primo libro). Poche sfaccettature, direi quasi piatto. L’unica sua ossessione è la sua ricerca. Dell’uomo in nero sappiamo pochissimo tranne che è un incantatore, un mago, e che è cacciato e cacciatore allo stesso tempo. Mette sul cammino del pistolero numerose trappole per mettere in difficoltà forse più la sua anima che il suo corpo. Tra queste trappole c’è Jake, un bambino di nove, dieci, anni che viene dalla New York degli anni ’80. Morto investito da un’auto (e’ l’uomo in nero a spingerlo e a richiamarlo dopo la morte nel mondo di Roland) e trovatosi chissà come qui, nel Medio Mondo, naufrago in una stazione di posta in mezzo al deserto, sulla strada di Roland. La presenza di Jake costringe il pistolero ad aprirsi. Tra i due si instaura un rapporto stretto. Jake cerca in lui un padre adottivo, ma allo stesso tempo ha paura di un uomo tanto ossessionato dal suo passato e dalla sua ricerca. Roland sente il peso del suo futuro tradimento e cerca di fugarlo annegandosi nei ricordi. Si scopre molto sul passato del pistolero: suo padre e’ morto, sua madre che lo tradiva con il consigliere di corte (esatto, è l’uomo in nero) è morta a sua volta. C’erano degli amici fraterni, una ragazza amata. Tutto finito. E l’uomo in nero pare la causa di tutto. E’ quindi CATTIVO?
“Dipende”, dirà Roland a Jake.
Sulle montagne è infatti Roland a lasciar cadere Jake in un dirupo, sacrificandolo per non perdere la sua preda e perdendo definitivamente la sua anima per continuare la Cerca.
“Vai, allora. Ci sono altri mondi oltre a questo”, dice il ragazzino a Roland prima di cadere.
Roland raggiunge quindi Walter, l’uomo in nero. C’è un duello all’ultimo sangue? Spari, azione, botte, magie, schegge, rallenty? Manco per il cazzo. I due si siedono intorno a un fuoco e parlano. Walter il mago (fai apparire una donna, fai comparire una donna) legge i tarocchi a Roland: pronostica nuovi compagni, la vita e la morte (ma non per te, pistolero), la Torre Nera che regge tutti i mondi alla fine del viaggio. Poi Roland dorme. Si sveglierà dopo dieci anni, dell’uomo in nero è rimasto un mucchietto di ossa al suo fianco. Ma una nuova Cerca ha inizio. Roland e la Torre Nera.
Non racconterò cos’altro accade dopo perché se volete ve lo leggete. Ma quel che è importante è che la saga non ha fine, Roland raggiunge la Torre dopo aver sacrificato tutti i suoi compagni (e saranno molti, con pagine strazianti) solo per scoprire che il destino (il ka) è una ruota, e lui è condannato a rivivere il suo viaggio dall’inizio ancora e ancora, forse fino alla fine dei tempi. L’uomo in nero fugge di nuovo nel deserto e lui lo seguirà. Ancora.
Sv: Io invece inizierò dal fondo: la conseguenza più bella del mio aver visto questo The Dark Tower nel Light Cinema di Cambridge. Cioè il fatto che mi ha spinto a leggere di nuovo, nella scorsa settimana e qualcosa, tutti e tre i libri della prima trilogia della torre: L’Ultimo cavaliere, La Chiamata dei Tre e Terre desolate. Mi ha spinto a farlo (dopo anni) con una sorta di bisogno interiore di ricordarmi cosa esattamente ci fosse nella saga che mi aveva affascinato e tenuto incollato alle pagine per molto, molto tempo. E lasciamelo dire: King ha tanti difetti, e Song of Susannah (il sesto libro della saga) mi ispira tuttora il forte istinto di fare il tifo per il camioncino (chi capirà, capirà). Però quei libri sono una gran cosa. Non solo perché combinano western e fantasy in modo esemplare, con un continuo bizzarro rimando al mondo moderno, ma anche perché sono capaci di suonare le emozioni del lettore come un violino, a partire dal “sense of wonder” fino al raccapriccio, al dolore e alla gioia. Ancora oggi, quando il lettore è ormai alla ennesima ri-lettura. Mettiamo quindi bene in chiaro una cosa: questo non è solo un buon materiale per un film, o una serie. E’ materiale eccellente. Scritto da uno scrittore che ha uno stile che si presta (e lo sappiamo da molti, molti film decenti e da alcuni buoni) ad essere trasposto cinematograficamente. E se forse in passato era giusto definire la Torre Nera “infilmabile”, non credo che questo si possa più dire. Non era automatico aspettarsi un gran film, ma un qualcosa di solido, quadrato lo avrebbe potuto girare quasi chiunque (più ancora, sceneggiare, perché li’ sta il problema). Per fare qualcosa di brutto bisognava impegnarsi abbastanza. Purtroppo, si sono impegnati.
Dr: Aspetta un attimo però. E’ vero che ho iniziato io, ma tutto questo nostro discorrere dei libri serve a qualcosa? Qual’é la necessita’ che ci spinge a paragonare un’arte a un’altra? Voglio paragonare la saga letteraria al film appena uscito cercando di stipulare una classifica di merito? Sono un fermo sostenitore del fatto che cinema e letteratura siano strumenti completamente diversi, inaccostabili se non nel loro essere arte. Non entrerei quindi nel merito della scelta degli attori e di come siano simili/diversi da come descritti da King. O di come il film sia riduttivo e poco coerente rispetto a quanto letto nei romanzi. Non e’ importante. Vorrei parlare del film come se non sapessi di che si tratta…
Sv: Calma però. Io posso anche essere d’accordo… Fino a un certo punto. Resta il fatto che il signor Arcel e il signor Sony (ovviamente esiste un signor Sony, tipo “Giovanni Sony”) non hanno chiamato questo film “la torre del destino”. Lo hanno chiamato “La Torre Nera”. E hanno giocato sulle speranze dei fan per portare qualche miserabile spettatore in più nelle sale (oserei dire buona parte di quelli che ci sono andati). Quindi non ci sto. Il paragone TE LO TIENI, e un minimo di accuratezza verso il materiale originale devi averla. Me lo devi, se vuoi i miei soldi da fan. Altrimenti hai dimenticato il volto di tuo padre.
Dr: Un po’ mi convinci. Ma dopo varie migliaia di parole forse è bene iniziare a parlare del film, te che dici? Il materiale è in effetti così interessante che la volontà di una trasposizione cinematografica c’è dal 2007. Da quando J.J. Abrams si prese i diritti della storia con l’idea di farci SETTE FILM. Capito JJ? Ai tempi però era perso in mezzo a Lost e abbandonò (capito la battuta? Lost in Lost. Ahah). Il progetto passò a Richie Cunningham. Fin qui tutto benino. Il titolo era accostato a dei registi che possono piacere piu’ o meno, ma entrambi hanno fatto cose rispettabili. Anche le produzioni sono state varie: da Universal, Warner, MRC, fino ad approdare a Sony, con l’abbandono di Ron Howard come regista (resterà produttore) e l’assunzione alla direzione del signor Nikolaj Arcel. E questo chi e’?
Nikolaj Arcel aveva finora lavorato quasi solo in Danimarca, dove era acclamato sia come sceneggiatore di The girl with the dragon tattoo (quello Svedese del 2009, non quello di Fincher), sia come regista, principalmente per A royal affair, nominato per Oscar, Golden Globe e vincitore di Berlino nel 2012 (io non l’ho visto, quindi accontentatevi che se ha vinto Berlino dev’esse bello per forza). Arcel è alla sua prima prova a Hollywood e chiaramente ha voce in capitolo uguale a zero. La Sony si è levata di culo i registi e si è presa uno shooter. Arcel, da bravo sceneggiatore, si scrive la sua sceneggiatura che inizia dopo la fine dei libri di King. Pertanto questo The Dark Tower dovrebbe essere considerato un sequel più che un adattamento dei libri. Ok? Per essere chiari: il regista ha in mente non una saga ma un film a sé.
E allora com’è questo film?
Sv: E’… simpatico…
Dr: Orrendo. Nella scrittura, nella direzione, nella regia, nella musica. Non funziona niente. Niente. Quindi, come promesso, ripartiamo dall’inizio.
Il film inizia con delle scritte, spiegoni bianco su nero, già brutto segno.
“La Torre Nera tiene insieme tutti I mondi”. Ok, non ce n’era tutto sto bisogno.
Sv: Praticamente e’ il bostik.
Dr: “E’ stato detto che la mente di un bambino può distruggerla”. Aspetta, cosa?
Scene rapide e tagli veloci: un villaggio pieno di bambini che giocano (ci dovremmo riconoscere le gemelle di Shining, pare… ) su un altopiano in un altro mondo, ci sono due lune all’orizzonte. Poi suona la campanella di fine ricreazione e i bimbi vengono portati chissà dove. Si vede uno di loro che viene legato a una sedia da dentista sotto una piramide rovesciata, in una sala dei bottoni manovrata da carcerieri con pelle umana finta a coprire il volto mostruoso. C’è Matthew McConaughey tra loro. La macchina succhia via i pensieri dalla mente dei bambini. Si forma un raggio di energia gialla, kamehameha!, che viene sparato contro una enorme torre nera, spaccandone una parte. New York dall’alto.
Sv: Aspetta, che c’entra New York?
Dr: Zitto che m’interrompi ‘sto delirio, New York dall’alto, una nube nera che come una tenda oscura il sole su Central Park, riflessi rossi e mostri dalle fattezze insettiformi brulicano dentro le nubi. Un bimbo si sveglia tutto sudato, era un sogno.
Game over in meno di cinque minuti. Nel prologo mi hai fatto vedere la Torre Nera andare in pezzi (WTF), mi hai detto che ci sono i cattivi che la vogliono distruggere (WTF) usando dei bambini imprigionati (WTF) e ora che so tutto la mia curiosità è piatta come l’EEG di Arcel. Bene. Lasciando perdere il contesto (perché mi hai anche già detto che mi hai attirato con il brand de “La Torre Nera” a vedere una roba che non ci incastra nulla), perché nessuno capisce l’importanza di un bell’inizio? Conquista il mio interesse, Nikolaj! Io voglio l’uomo in nero che fuggì nel deserto e il pistolero che lo seguì. Magari non-esattamente-come-me-lo-aspetto, ma dammi quello. Il film e’ indirizzato a me-fan, su, lo sappiamo tutti. E poi, era più banale di questo troiaio? No, invece abbiamo l’ennesima Morte Nera con i razzoni nel cielo che spaccano i mondi. “I bimbi possono distruggere il mondo con la mente”, e mi fai vedere una macchina che succhia la mente dei bimbi e spara i razzi che distruggono la torre che regge il mondo. La metafora questa sconosciuta.
Ma davvero questi lo fanno di mestiere?
Sv: …te prenditi un calmante che continuo io sulla trama.
Dopo questo incipit da manuale, ci viene presentato il nostro protagonista principale. Rolan… No, aspetta. JAKE. Jake è un ragazzo della New York di oggi (e non degli anni ’80, incredibilmente, interpretato da Tom Taylor, che non fa neanche un lavoro orribile) che ha visioni di una torre nera, di un pistolero e di un uomo in nero. Ha anche perso il padre pompiere in un incidente sul lavoro (NON VOGLIO PADRI, NEI MIEI FILM). La madre lo spedisce da uno psicologo che gli dice “eh, vedi cose non vere”. Boia, si vede che ha studiato! Più o meno come andare da un dottore che mi dice “oh, sei malato”. Nel frattempo il patrigno cattivo vorrebbe spedirlo al manicomio, dal manuale della Disney.
Schermo buio. Una voce “L’uomo in nero andò nel deserto e il pistolero lo seguì“. MA COSA C’ENTRA ORA? Dopo 15 minuti di film? Senza nessun contesto? “Password inserita… Farsi… Piacere… Film…” No, via.
Ovviamente il film continua senza né il deserto né l’inseguimento. Ci viene presentata una scenetta idilliaca tra Roland e il padre. Steven Deschain, il principe dei pistoleri, un uomo così epico da essere leggenda. Cioè in questo caso un vecchio bolso con la pancetta che dispensa buoni consigli al figlio prima dell’ultima battaglia. Eccetto che… Ad un certo punto appare l’uomo in nero che dice con tono serio “Smetti di respirare!”. E lui muore. Così. Senza problemi. “Muori” – “Si”.
Dr: Non ti dimenticare la frase geniale di Walter a Roland “ah, su di te la mia magia non funziona!”. Se ne accorge lì, e glielo spiega. Poi se ne va. Farebbe ridere se non facesse schifo.
Sv: L’uomo in nero, per inciso, sembra in grado di dire solo due-tre cose, e “smetti di respirare” è decisamente la sua preferita. Praticamente e’ come Kilgrave in Jessica Jones, però senza il fascino e la classe di David Tennant. McConaughey qui è una macchiettaccia, e chiaramente recita al minimo sindacale. La storia va avanti. L’uomo in nero ha una sua organizzazione di vampiri e gente con la testa di animale che danno la caccia a Jake, che a quanto pare possiede una fortissima dose di una capacità psichica chiamata “shine” (capito le easter eggs?) che lo renderebbe un carburante ideale per il razzone spaccatorre. Jake riesce a scappare da New York e attraversa una specie di Stargate e si ritrova sul cammino del pistolero. Dopo una breve discussione in cui Roland cerca di toglierselo di torno, Jake lo convince di aver visto i piani dell’uomo in nero, e i due decidono di cercare aiuto ad un villaggio di veggenti zigani.
Cosa stava facendo Roland? Cercando la Torre, ovviamente, vero? Attenzione, no. Roland ha perso la voglia di cercare la Torre! Gli importa solo della sua vendetta, e Jake lo deve convincere ad andare avanti per salvare almeno New York. Almeno New York. Capito? Roland – Non – Vuole – Cercare – La – Torre. Perfetto. Ha senso.
Il villaggio viene attaccato e distrutto dai cattivi, la donna veggente che ha aiutato Jake e Roland subisce una dose di Kilgrave e “smette di respirare”. I due fanno in tempo a scappare e tornare a New York, dove il loro piano è di usare il sistema degli Stargate (che assomiglia tipo a una metropolitana) per entrare nella base operativa dei cattivi e spaccarla.
Nel frattempo, l’uomo in nero ha scoperto chi è Jake, ha trovato i suoi genitori e, dopo aver ucciso il padre (indovinate come?) e dato fuoco alla madre (NON VOGLIO MADRI NEI MIEI FILM), rapisce il ragazzo portandolo alla morte ner… Scusate, alla sua base operativa (ma oh, anche l’arredo è proprio uguale). Jake viene legato alla sedia del dentista ed ha inizio la distruzione della torre… Ma all’ultimo momento arriva Roland che uccide tutti i cattivi! Spari, azione, botte, magie, schegge, rallenty e uccide l’uomo in nero facendo rimbalzare due pallottole l’una sull’altra. Distrugge la base operativa dei cattivi con un SINGOLO colpo di pistola. Perché le basi dei cattivi si possono distruggere solo con UN colpo. Sono costruite così.
Evviva! Il mondo è salvo! Tutti sono felici e contenti… Jake è rimasto senza famiglia, però. Ed ecco che il burbero Roland gli offre la via di uscita: potrà unirsi a lui, come apprendista pistolero in un mondo che è andato avanti. E così il film finisce con i due che tornano nel medio-mondo attraverso uno stargate accompagnati da una marcetta giuliva.
Dr: E il pathos? Le metafore? Il sacrificio? Il destino? La storia con andamento circolare? Oddio che pasticcio.
Oltretutto il film non è nemmeno girato bene. Le scene d’azione sono di una banalità agghiacciante. Il rallenty domina, a far capire che senza quello l’azione sarebbe stata a dir poco confusa. Il climax finale è noioso da strapparsi gli occhi. I tempi sono tutti sbagliati, il film dura novantaciunque minuti che sembrano duecento. Si improvvisano scene d’azione gratuite e fuori contesto con i Taheen e i Manni che aprono gli Stargate pigiando numeri a caso mentre non si dà nessuno spazio al rapporto tra Jake e Roland e ad approfondire il mondo, che invece sarebbe interessante. Idris Elba è ingessatissimo dentro un personaggio a cui non poteva dare molto di più. Glielo hanno scritto malissimo, poverino. Matthew McConaughey è relegato a macchietta, come hai già detto te. Nessuna ambiguità, nessun fascino a parte i capelli ingelatinati a fighetto anni ’90. E’ CATTIVO. Scene a ripetizione in cui va in giro a fare il CATTIVO (rubate a dare maggior respiro al rapporto Walter-Roland, di cui evidentemente il regista non ha capito né gli importava nulla). Il ragazzino è il meno peggio alla fine. Ah, la fotografia è orrenda, tutto saturo, ipercontrastato, di plastica. Nessuna immedesimazione, nessuna tensione. La sceneggiatura…
Sv: Eh, il mio problema è più con la sceneggiatura. Perché, anche con tutta l’umiltà di cui sono capace, io non riesco a trattenere l’idea che un fan medio avrebbe potuto fare un lavoro migliore di questo. Si ritorna agli stessi concetti: nel primo libro ci sono la scena della stazione di posta, la battaglia a Tull (in cui Roland stermina una città di poveracci, tra cui una tizia a cui era affezionato), l’attraversamento del deserto… Sono scene belle, sono scene cinematografiche, e sono scene interessanti! Ma perché devi buttarle via? Non sono cervellotiche oltretutto, non sono noiose, sono anche scene di azione, si spara! Io sto cercando disperatamente di trovare una ragione per cui tu non potessi usare la trama de L’ultimo cavaliere per questo film. Paura di fare un flop e di non poter fare dei sequel? Di non potersi permettere di fare un film con una conclusione aperta e con delle linee narrative rimaste incompiute? Paura di non poter avere un antagonista (attore strapagato) che non si vede fino alla scena finale? Non lo so…
Dr: Almeno Abrams e Howard erano dichiaratamente fan della saga. Avevano una spinta a farlo come volevano loro e avrebbero dato un respiro, un senso. Qui il senso è ribaltato. Roland è un uomo a cui non frega nulla della Torre Nera ma che vuole solo vendicarsi, in crisi di identità nera, che ritrova la “vocazione” da pistolero quando viene trascinato negli eventi da un ragazzino piombato nel Medio Mondo da New York seguendo i sogni che faceva in quanto dotato di un elevato livello di Midiclorian.
Comparate questo con il primo paragrafo della recensione e capirete che: o questo Arcel non ha avuto voce in capitolo o non capisce una sega. Propendo debolmente per la prima, in quanto ci sono rumors di una prima versione della sceneggiatura parecchio più lunga che sarebbe stata presa ad asciate dalla revisione della Sony. Peccato, forse. O forse no… se novantacinque minuti sembrano duecento…
Basta. Tremila e più parole per una roba oscena di un’ora e mezzo. E’ un blockbuster mediocre, poco convinto e poco convincente, girato malino, scritto malissimo, recitato maluccio. Sapevo che mi avrebbe deluso ma non pensavo potesse essere così totalmente fuori luogo e fuori poetica. Sinceramente spero che faccia un flop enorme ai botteghini, così ci risparmiamo la serie TV (che pare abbiano annunciato) e riuscirò a dimenticarmi dell’esistenza di questo Roland ignavo in un mesetto scarso. Dico grazie, sai.
Sv: Andate allora, ci sono altri film oltre a questo.
Una risposta a "La Dark Tower e il disgusto"