Valerian and the City of a Thousand Planets

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Luc Besson per me è un regista insondabile, è alla stregua di Steven Soderbergh o dell’attuale Spielberg, non puoi avere la certezza di che cazzo fanno se non vai a toccare con mano.

Voglio dire, Tarantino lo sai che farà un buon film, anche se non ti piace o se ci trovi dei difetti sarà difficile che tu veda da Quentin una cazzata totale. O qualcosa di girato male. Vai a vedere Nolan e, anche se magari ti fa cagare cosa ha fatto è difficile che restituisca un prodotto deprecabile, osceno.

Ma con certi no, con certi passi dalla spazzatura più spinta a delle cose ottime così, in un batter d’occhio, nel tempo in cui ti sei accorto che il regista di Mission To Mars (2000) e Black Dahlia (2006) è quello di Scarface (1983) e Carrie (1976). Ecco. In questo lasso di tempo loro BAM. Filmone e poi BAM. Arthur e i Minimei (2006).

Certo c’è da dire che Luc Besson è tanto che non azzecca per bene un film, per lui Leon (1994), successore spirituale del già ottimo Nikita (1990), sono stati come un canto del cigno prematuro visto che era sulla scena da appena quattordici anni, relativamente pochi per far capire se vali qualcosa o no. E il buon Luc pareva un diamante grezzo trovato per caso tra la cenere.

Ma poco dopo Leon questo diamante si rivela essere un pezzo di sasso senza valore, povero Luc, mi dispiace parlare così di lui, non so perché ma mi sta simpatico a pelle. E infatti lo seguo sempre con piacere, ovviamente ho evitato di vedere tutti i film su Arthur Minimei e compagnia bella, però gli altri l’ho visti tutti!

Tutti tutti.

Che culo è?

E devo dire che qualcosa dopo Leon lo ha fatto anche lui, come Il Quinto Elemento (1997) che reputo un film disgustoso (parere personalissimo e del tutto sentimentale, mi dispiace ma non lo reggo, mi fa onco. Tra i tanti problemi c’è il personaggio di Chris Tucker che è il degno predecessore di Jar Jar in quanto a rottura di coglioni. Insopportabile. E Gary Oldman che interpreta un demente totale. No. Non ce la faccio) ha in realtà degli ottimi spunti registici e anticipa, visivamente, quello che vedremo poi in tantissimi sci.fi. postumi a quella pellicola.

Giovanna D’arco (1999) non è così male.

E poi il declino.

Angel-A (2005) inspiegabile filmetto sentimental / fantasy che definire insulso è fargli un complimento.

La sfilza degli Arthur con i Minimei, contro Maltazard, e nella guerra dei mondi, nelle cazzate indigeribili, a fa’ il natale sul nilo e a miami. Osceni.

E poi: Adele e l’enigma del Faraone (2010) che se non sei francese nemmeno prendi in considerazione, The Lady (2011) pallosissimo biopic sulla vita di Aung San Suu Kyi, donna politica Birmana, classico film da “tiramosela un po’ visto che so dieci anni che faccio vaccate inenarrabili”. E l’indimenticato (da me, perché stavo morendo dentro) The Family (2013), crime drama dai toni comici con uno svogliatissimo De Niro e una Michelle Pfeiffer  che somiglia tremendamente a Gabriella Golia quando faceva la presentatrice su Italia Uno nel 1993. Tremendo.

Si passa a Lucy (2014) che personalmente trovo carino e a suo modo riuscito. Film action abbastanza piacevole da seguire e girato con cognizione di causa, si perde in un finale eccessivamente pretenzioso che vorrebbe parlarci della coscienza oltre uomo così da elevare il prodotto a sci.fi. action intelligente, ma che purtroppo genera l’effetto contrario buttando li un climax dal sapore di campato in aria. Tutti preferivamo gli sgambettamenti di Scarlett Johansson a cervello spento. Comunque un filmetto godibile.

Da qui a fare un colossal sci.fi. il passo è breve, e infatti:

Valerian and the City of a Thousand Planets

Valerian and the City of a Thousand Planets, film tratto dall’omonimo fumetto Francese Valérian et Laureline (19672010) di Pierre ChristinJean-Claude Mézières, porta sul grande schermo le avventure spaziali degli agenti governativi Valerian e Laurelin impegnati nel risolvere magagne per conto di un ente di controllo composta da vari membri di svariate razze aliene, lo scopo, da quanto si evince dal film, è quello di preservare la stabilità di una gigantesca stazione spaziale abitata da una grandissima quantità di individui provenienti da tutte le parti dell’universo.

Il plot è semplice: una guerra tra umani e non si sa chi altri porta alla distruzione di un pianeta abitato da degli indigeni. Alcuni di questi riescono a sopravvivere e nel tentativo di ripristinare la loro società e trovare una nuova casa entrano in conflitto con una branca del governo umano che ha insabbiato tutta questa storia per non incorrere in sanzioni dai membri dell’ONU galattica. Valerian e Laureline, dalla parte del governo, cambieranno partito quando scopriranno la verità dei fatti. Aiutano la razza indigena nella loro ricerca di una nuova casa e smaschereranno i colpevoli di questo genocidio.

E’ chiaro che Besson ha l’occhio lungo e scegliendo un brand sci.fi. molto probabilmente di un certo impatto nella sua patria (la Francia) tenta di insinuarsi nella moda dell’ultimo periodo provando a cavalcare l’onda del ritornato Star Wars e del tanto acclamato Guardians of the Galaxy. Idea che potrebbe avere un certo riscontro di pubblico, alla fine è stato abbastanza lungimirante da chiamare in causa il suo paese assicurandosi una grossa fetta di pubblico, in più l’idea è di facile esportazione appunto per la sua attuale fruibilità. Chiara quindi la mossa commerciale, che sicuramente porterà a dei seguiti, vediamo cosa ne esce.

Luc è subito chiaro con lo spettatore, i personaggi devono essere al limite della sopportazione umana.

Il film apre con Valerian (Dane DeHaan) e le sue borse sotto gli occhi, e Laureline (Cara Delevigne) e il suo culino, che prendono il sole in una spiaggia olografica. Tempo zero conosciamo i nostri due simpaticissimi protagonisti: boriosi, insubordinati, spocchiosi, egocentrici, presuntuosi, antipatici e con un senso dell’umorismo che il mi nonno che mi raccontava le osterie (osteria numero venti – paraponzi ponzi po – se la topa avesse i denti – paraponzi ponzi po – quanti cazzi in ospedale e quante tope in tribunale) a confronto pare Woody Allen.

Valerian ci prova con Laureline che manco un ex carcerato che si trova per caso nella sede principale di Victoria’s Secret, lei lo snobba. Dopo quindici minuti: “Mi vuoi sposare?”

Ma come, così a ghiaccio? In effetti l’outfit di Cara nella spiaggia olografica era abbastanza… ohiohia… diciamo sorprendente. Però mi pare un po’ prematuro. E invece no, zero build up dei personaggi, zero approfondimento zero sub plot. Lui la vole pipà. Lei le dice no, ma poi alla fine è sì.

E qui si vede da subito il primo grosso problema di questo pappone insopportabile, i personaggi e lo script.

Valerian and the City of a Thousand Planets è banale, è scritto in modo banale, con molteplici buchi di sceneggiatura e con dei personaggi dimenticabili e soprattutto antipatici.

La storia di questo film è il solito pallosissimo pappone sulla libertà dei popoli indigeni che, per colpa dell’uomo bianco capitalista conquistatore, vede la propria patria distrutta. Solita storia vista e rivista mille volte, vista negli innumerevoli film di Pocahontas passati, tra i tanti, per le mani di Disney e Malik, visto in Avatar di Cameron (2009), visto in Star Trek Insurrection (1999), visto in varie puntate di Star Trek come Journey’s End da The Next Generation (1994) e visto in altre dodicimila opere più o meno minori.

Nel mezzo ci mettiamo la solita retorica sulle armi di distruzione di massa che il malvagio generale Arun Filitt (Clive Owen) usa senza preoccuparsi delle conseguenze, parallelismo con l’atomica usata nella seconda guerra mondiale e con tutta la frana di film che ci è stata fatta sopra.

L’idea di fondo è quanto di più visto nella cinematografia mondiale dall’inizio del tempo fino a ieri l’altro. Trattato con pochissima fantasia e nessuno spicco degno di nota, tutta la retorica dietro alla fantascienza alta è stata riproposta come un rigurgito mal digerito che non aggiunge nulla a quanto non sia già stato detto, in modo più convincente, sul solito argomento. Besson sbaglia nel dipingere il suo banale plot riproponendolo nel modo più blando possibile, senza guizzi di trama, senza plot twist degni di nota, senza idee narrative interessanti.

Questa base, povera e trattata male, è supportata da dei dialoghi da trave chiodata sui denti e da dei personaggi mal sviluppati, odiosi e impegnati in scenette comiche trite e ritrite che ormai non fanno ridere più nessuno.

Lo script ci propone degli scambi di battute di un banale agghiacciante che affossano tutto il comparto narrativo del film: “L’amore è la cosa che vince tutti i mali” “voi cosa avreste fatto al posto mio” “l’ho fatto per salvare l’umanità” “non siamo poi così differenti io e te”. Un compendio di frasi fatte e banalità esasperanti che forse possono far presa su un bambino, forse se uno non ha mai visto un film in vita sua o se ti sei addormentato negli ultimi quarantacinque anni, in ogni altro caso ti pare di rivedere una versione sbiadita di altre mille pellicole scritte nel solito modo ma con la forza di essere state le prime ad aver spiattellato certe (adesso) banalità. Concetti che Nolan esplora molto meglio nel suo Interstellar (2014) (anche lì si parla di amore come moto dell’universo), che Star Wars ci ha già fatto vedere in tutte le salse (anche lì si parla di morale e dualismo quando si prende in considerazione i personaggi, soprattutto Luke e Vader) e che il solito Star Trek, sulla piazza da ormai cinquanta anni, ci ha fatto vedere in dodicimila modi: Il rapporto tra Neelix e Kes in Voyager, sempre in Voyager la coppia B’ElannaParis. L’amore come ingranaggio dell’universo è un bellissimo concetto, lo esploriamo in Donnie Darko (2001), se ne parla nel già citato Avatar, in ciofeche atomiche come Mission to Mars di De Palma (già citato anche quello), Contact di Zemekis (1997), ma anche nella nuova orribile trilogia di Star Wars di Lucas. Solaris di Tarkovskij (1972) se lo vogliamo banalizzare come fece Soderbergh nel 2002. Da tutte le parti si è visto e stravisto e rivisto sto concetto. E queste frasi. Risentite mille e mille e più di mille volte. E forse se ne parla meglio in tutti questi film che in questo Valerian che ci offre una versione recitata a pappagallo tratta dei peggio film sull’argomento.

Nulla di nuovo nello script e nei dialoghi, un peccato perché con tutto quello che ci vomita il film addosso potevi essere ispirato come i Beatles sotto acido e invece sei Vasco al barrino sotto casa.

Quindi, plot di base scontato e rivisto. Script risentito e banale.

Poi?

Personaggi.

Avete presente le medie, o le superiori, facciamo le superiori che rende meglio l’idea e forse sono più presenti nella mia memoria. Dicevo, avete presente quando alle superiori hai in classe il bulletto e quello sfigato che però vuole risultare simpatico a tutti i costi e ti snocciola battute da oratorio serale, tipo giochi di parole orribili o freddure abominevoli?

Ecco, fondeteli in una sola persona e avrete metà dei personaggi di questo film.

Valerian e Laureline sono di un insopportabilità mai raggiunta da dei protagonisti di un film in cento e conda anni di cinema.

Provano con tutto loro stessi ad essere sagaci e irriverenti proponendo battutine mosce e risentitissime, del tipo che uno prende una botta in testa e: “buona notte” Oppure uno viene trafitto da una spada “serata pungente”

Boh. Ma io…

Ma nemmeno nel peggio Vanzina sta pochezza di idee.

Besson in oltre ci propone delle spalle comiche in ritardo di vari anni, c’è il trio comico di mostrini simpatici che si completano le frasi a vicenda, una copia palese e sbiadita dei più riusciti pinguini del primo Madagascar (2005), un marinaio briacone come se ne erano già visti a dozzine nei film dei Pirati dei Caraibi, che già prendevano dallo stereotipo del personaggio presente in innumerevoli opere di ogni stracazzo di genere e forma. Una bonissima Rihanna (bonissima bonissima bonissima bonissima, ok. Smetto. Bonissima.) che dopo un balletto di cinque minuti viene relegata a spalla comica mal riuscita (e si torna alle battute: uno prende fuoco “serata calda è?” voglio morire) per una scena. La vedremo morire poco dopo dicendo una delle tante frasi scontate del film “amala con tutto te stesso Valerian, perché Laurelin è una donna stupenda” Che cazzo ne sai? L’hai vista per tre minuti.

Bonissima.


E qui. Fermiamoci un momento a riflettere.

Cosa è che rende un film unico?

Perché sto parlando di rivisto e di ritrattato, di rigurgitato e rifatto. Ma siamo seri, nel 2017 quanto è difficile fare un prodotto di genere e risultare innovativi, unici. Quanto è difficile?

Ti proponi al pubblico con la tua saga di fantascienza che chiaramente è stata fatta sulla scia dell’hype sci.fi. del periodo, però vuoi fare colpo vuoi bucare lo schermo. Come fai?

Perché è ovvio che finirai nel rivisto, nel risentito, nelle frasi già pronunciate, nelle scelte visiva già utilizzate. E’ chiaro, è ovvio, o sei un genio come lo sono stati in pochi e anticipi i tempi, o hai culo o un attacco di genialità temporanea, o finisci nel rifare la solita roba. Per forza.

Allora cosa fai? Come fai a dare un tono autoriale al tuo prodotto di fantascienza che ha la forza (la debolezza sarebbe meglio dire) di una scrittura e di un idea del cazzo?

Con la regia.

E’ come tratti le cose che danno corpo al film, non sono le cose in se che lo definiscono.

L’idea di base è sempre, o quasi, diciamo la maggior parte delle volte neutra. Alien (1979) ha un idea del cazzo: Un mostro mangia la gente su una nave spaziale.

Da qui puoi fare un capolavoro, come poi è successo, o la più grossa merda esistente. Ma non è colpa dell’idea, è colpa di come la poni l’idea.

E quindi quello che ho detto prima non vale? Cioè le mie critiche non hanno peso in quanto script e plot (i personaggi no è, quelli se fanno cagare fanno cagare. So scritti male e te li puppi così) di per se sono neutrali?

In parte sì. Script e plot sono elementi neutrali nella tavola periodica del cinema.

Cioè, se poi vi inventate i culi spaziali provenienti dal pianeta gabinetto invadono la terra allora ve le cercate. Però di solito…

E allora? Adesso quindi cambio tono e vi parlo di come Luc Besson ha saputo trattare con occhio autoriale tutta la merda appena elencata portando alla fine Valerian and the City of a Thousand Planets nell’olimpo dei film fighi?

No. 

E sta li tutto il succo del discorso.

Va benissimo il plot trito e ritrito, banale e prevedibile, e lo script da infarto, se almeno riesci a trattarlo in modo tale che risulti differente. Nuovo. Che prova ad avere un identità.

Ricordo tutta la merda che la gente gettò in faccia al povero Avatar (e tre) perché “è uguale a Pocahontas“. E vabbè. Che c’è di male? Alla fine rielabora quella storia cambiando ambientazione e adattando lo sviluppo alle esigenze di questa.

Anche Star Wars è la solita storia fantasy del cavaliere bianco e del cavaliere nero. Qualcuno se ne è lamentato? Mi pare di no.

Perché il segreto è quello. E’ come le tratti le cose. Anche sbagliando.

Lucas vuole fare ancora Star Wars, è il 1999. Ecco la Minaccia Fantasma. ‘Na merda cosmica. Però! Però non è Star Wars del 1978. Lucas sapeva che rifare quello che aveva già fatto era comunque sbagliato. E cambia. Cambia tono cambia ambientazione cambia script cambia idee. E’ venuto bene? Assolutamente no. Ci ha provato? Sì. Ci ha provato. Tanto rifare Star Wars era impossibile, rifare il già fatto, dipingerlo in un modo già visto era inutile. Sbagliando ha provato a darci qualcosa di nuovo.

Si continua a parlare di Star Wars? è il 2015 e a J.J. Abrams viene dato The Force Awakens, lo script è un remake del primo Star Wars. Errore. Ma ok, siamo in ballo. Come si tratta? J.J. è bravo, delle volte fa la merda ma è bravo, lo sa dove si mette la macchina da presa, e infatti la mette in un modo che in Star Wars non si era mai visto. Regia profetica, l’impero fotografato molto più sotto una veste da dittatura. Certo ha dei rimandi cretini all’originale trilogia, come sempre fa J.J. e questo è un errore. Ma ricerca un tono. Cerca un identità. Ci riesce? No… Ni. Però ci prova? Ci provicchia. Apprezzabile lo sforzo.

Si diceva di Solaris di Soderbergh, non poteva rifare Tarkovskij e lo sapeva. E allora mi direte voi, perché rifarlo? E che cazzo ne so, lo voleva fa’. Focalizziamoci su questo, anche secondo me era meglio non fare nulla ma oh… è andata così. Però già che siamo a rifarlo, lo faccio come penso che debba essere fatto IO Soderbergh, non TE Tarkovskij che hai fatto il tuo. E riesce? No. E che cazzo non ne riesce mezzo. Però ci prova.

War of the Worlds (2005) di Spielberg, remake dell’omonimo film del 1953 di Haskin, cambia le carte in tavola dalla sua originale trasposizione cinematografica? Sì. Anche con delle cazzate, cazzate banali come gli alieni che risorgono dal loro sonno con i fulmini (come Frankenstein) e spuntano dal basso invece che dal cielo, scena bellissima secondo me, per quanto il resto del film sia mediocre. O nuove idee per descrivere la distruzione del pianeta terra, come il treno in fiamme che passa a tutta velocità, altra idea azzeccata del film. O la follia del personaggio di Tim Robbins. Li hai visti te nel film del ‘53? No. E’ più bello di quello del ‘53? No. Ma sì, ci prova.

Ecco. Quindi.

Se te sei Luc Besson e fai un pappone che palesemente ricalca l’idea moderna del chiasso nello spazio, e ti rifai ad un opera iniziata negli anni ‘60 (non l’ho letto ma credo che potesse essere innovativa per il tempo, forse adesso le cose scritte negli anni ‘60 potrebbero risultare datate. Ripeto non ho letto il fumetto, è una supposizione mia) con trenta anni di sviluppo sulle spalle, con tutta l’orgia di fantascienza che c’è stata negli anni 50‘ e 60‘, molto prolifici per il genere, e con questo ritorno di fiamma odierno. Ecco. Te Luc Besson cosa stracazzo devi fare?

COSA DEVI FARE LUC.

Pensaci non buttare la risposta a cazzo. Pensaci. Lo sai fare. Cosa devi fare? Hai uno script del cazzo, il plot fa cagare, pensaci dio santo. Cosa-devi-fare?

“Girarlo nel modo più banale possibile e copiare le scene pari pari da altri mille film già visti prima!”

E’ NO CAZZO. E NON MI HAI ASCOLTATO! NON MI ASCOLTI! Se non mi ascolti poi ovvio che viene lammerda.

Devi dare al tuo film un tono autoriale, provarci quanto meno, provarci. Tentala. Prova a fare un inquadratura sghemba come faceva J.J. nel suo remake di Star Trek (2009) lo so che è un idea banale ma almeno ci provi.

Prova a montare le scene in modo pregresso, prova a inventarti una situazione nuova con tutto il ben di dio di sceneggiature e idee di questo fumetto, lo hanno scritto per quarant’anni cazzo, qualcosa sarà venuto fuori.

Trattami una situazione in modo particolare, fammi un piano sequenza, mettici qualche dolly nelle scene d’azione. Che ne so.

Ci sono certi registi che mettono sempre il loro marchio in quello che fanno, come Guy Ritchie, Cuaron.

E invece no.

NO.

NOOOOOO.

Ecco che quello che scrivevo sopra prende forma in un nuovo mostro.

Il film non è solo banale nello scritto e nella storia, la cosa che lo affonda una volta per tutte è il girato! E’ come tratta le cose Besson che da la mazzata in testa al film.

Non c’è un inquadratura degna di nota, non c’è un momento memorabile, non c’è qualcosa che non si sia già visto, tutto è trattato nella più bieca banalità affogato in un tripudio di computer grafica che fa il suo porco lavoro ma che alla fine è effimera, è un guscio vuoto.

Iniziamo? 

Via!

Una popolazione aliena si fa i cazzi suoi, dal cielo piovono navi spaziali in fiamme. Inizio comunque convincente trattato come un banale catastrofico, citiamo Armageddon del 1998 di Michael Bay che è quello un po’ più conosciuto. Inquadratura dal basso a girare e volto spaventato dei nativi. Identico alle meteore che spaccano i palazzi, e, inquadratura a girare sulla gente di New York spaventata. Identico.

Valerian e Laureline sono in una stanza olografica che riassembla una spiaggia, lo spettatore crede che sia una spiaggia vera ma poi la scopre finta. Star Trek Generazioni del 1994, inizia nella stanza olografica per poi rivelarsi. O anche Star Trek The Wrath of Khan 1982, la simulazione iniziale è finta ma te credi sia vera. Trattate entrambe molto meglio della spiaggetta di Valerian.

Le cinture di sicurezza si agganciano da sole. Star Trek del 2009.

La mega città nello spazio. Inquadrata identica alla testa nello spazio di Guardians of the Galaxy, con le solite entrate e uscite dalle scene.

Il mercato olografico, idea molto carina, ma trattata come il sottomondo di Hell Boy The Golden Army (2008), o come la caccia a Tom Cruise quando è cieco in Minority Report. Identico. Solite soggettive, solite rincorse per i vicoli.

Scena sottomarina in cui cercano una medusa e devono scappare dai mostri marini subacquei, identica alla fuga dai mostri marini vista in The Phantom Menace (1999). Solite inquadrature, solita idea dei mostri che falliscono l’inseguimento perché si incasinano.

Scena di battaglia spaziale, identica a Star Wars Return of the Jedi (1983), poi esasperata sempre da Lucas in Star Wars Revenge of the Sith (2005) solite soggettive delle navi, solite fughe tra i missili, solite inquadrature dal lato. Solito tutto.

Inseguimento nella città enorme con il traffico 3D, Besson qui si supera. Copia il se stesso di The Fifth Element (1997), quando Bruce Willis scappa con il Taxi, che era stato copiato da Lucas in Star Wars The attack of Clones (2002), Besson si avvicina molto di più a Lucas che a se stesso, purtroppo. Soliti escamotage di fuga, solito tono della colonna sonora, solito solito solito.

La nave spaziale sembra una ma invece sono tante tutte attaccate, se le attacchi si dividono. Star Trek Beyond (2016), identico.

Battuta degli urli in faccia, ma uno urla più forte e sputazza. Vista mille volte e trattata come sempre: controcampo iniziale tra i due contendenti, poi momento di pausa comica, inquadratura frontale con urlo e sputazzi, soggetto con gli occhi chiusi che riceve lo sputazzo in faccia, pausa comica, la vittima dice qualcosa di simpatico. Hulk negli Avengers, Il Kraken in Pirates of the Caribbean: Dead Man’s Chest (2002), ma anche il T-Rex di Jurassic Park (1993). Rivisto rivisto rivisto. Solite inquadrature solite idee.

Valerian uccide un tizio su un trono con il rallenty. 300 di Snyder, identico. Solito angolo della camera solito tempo di sviluppo della scena, solito tutto.

I Protagonisti scappano e finiscono in un compattatore di rifiuti. Per fortuna non ci fa vedere le pareti che si stringono sul gruppo di eroi. Vi ricorda qualcosa? A me no. Assolutamente nulla.

Il countdown del film viene stoppato a un secondo dalla fine, con stacco tra l’azione e il timer. Tutti i film di James Bond.

Durante il meeting tra i mega capi della stazione spaziale i cattivi irrompono e fanno un casino. Tra i tanti Star Trek Into Darkness (2013), Civil War (2016). Qui l’angolo della camera a il setup in penombra giocano un buon ruolo producendo una buona inquadratura iniziale dell’azione, peccato seguita dal solito spara spara banalissimo. Controcampi, coperture, gente a terra.

La nave si infila in un buco stretto passando di taglio. Star Wars Return of the Jedi, Sempre il solito Into Darkness, soluzione vista e rivista in ogni prodotto di fantascienza, trattata nel modo più blando possibile. Inquadratura da dietro, e poi ad uscire. Personaggi che fanno “UUUOOOUUUU” Orribile. Non se ne pole più. Visto.

Continuo?

Il cattivo viene lasciato appeso ad una fune. Ogni stracazzo di Batman.

Loro finiscono in un pod di salvataggio alla deriva così possono trombare e dichiararsi amore eterno. Pacif Rim (2013), Dr. No (1962), James Bond Moonraker (1979), e almeno un altro di Bond di cui adesso non ricordo il nome. Trattato identico. Musica a salire e camera che si allontana.

Il cattivo alla fine era il mega generale. Idea oltre che trita e ritrita e trattata ancora nel solito modo, anche molto prevedibile… comunque… Star Trek Into DarknessStar Trek: Insurrection, Captain America Winter Soldier (2014), Spectre (2015), Mission Impossible (1996) e Mission Impossibile 3 (2006), I buoni lo scoprono, lui confessa mentre i buoni collegano i pezzi della trama e intanto dei flashback ci fanno vedere cosa è realmente successo. Movimenti di macchina presi dal manuale del piccolo regista e montaggio delle giovani marmotte che imparano a girare i filmini della comunione. Visto visto rivisto stravisto.

Continuo?

No? Avete capito. Va bene.

Tutto tutto TUTTO è trattato in modo così banale, e scritto in modo così banale, e soffre di questo rivisto così esasperante con le idee di ripresa tutte già riviste che io mi chiedo perché? PERCHE‘?

Eppure Lucy aveva qualche idee di ripresa decente, e stiamo parlando del 2014, non di tredicimila anni fa! Mancanza di idee, mancanza di voglia?

Non lo so.

Ciliegina sulla torta un raccordo tra le scene e un idea di continuità del plot imbarazzante, saltiamo da scene completamente inutili e riempitive come Laureline che viene rapita da dei tizi che la vogliono mangiare, o scene che non portano a nulla come ad esempio il ricettatore del mercato olografico che dice a Valerian: “Ti troverò Valerian, ovunque tu sia, e ti ucciderò!” Frase agghiacciante da cartoon giapponese di bassa lega. Questo personaggio non lo rivedremo mai più. Ottimo.

Scene per allungare il brodo come Rihanna che balla per cinque minuti, o la tiritera orribile di loro che si garbano ma poi no ma poi sì ma poi no ma poi sì.

Scene senza scopo, come il capitano che controlla le mosse di Valerian che lo rintraccia ogni dieci minuti per poi perderlo per poi rintracciarlo di nuovo, e poi lo riperde, e poi lo ririntraccia e poi lo ririperde.

In una scena lo trovano e vedono che è in pericolo: “allertate tutte le squadre, Valerian è in pericolo, presto, voglio tutti li!” E poi non ci va nessuno. Il film se lo scorda, o la squadra di soccorso sbaglia indirizzo: “Era 281 Space Street o 185 Space Street? No perché qui non c’è nessuno” Boh. Il film lo scorda completamente e nessuno ne fa più menzione. boh…

Climax prevedibilissimo e fine, Valerian piperà Cara Delevigne, beato lui, e titoli di coda.

Valerian and the City of a Thousand Planets gente. Che dire. Besson alle prese con uno dei suoi punti più bassi. Noioso, girato con una banalità esasperante, rivisto, trattato male e con sufficienza, plot con dei buchi di sceneggiatura evidenti anche al più addormentato dei bimbi (tipo, come cazzo hanno fatto gli alieni primitivi a scappare con la nave spaziale danneggiata in cui si rifugiano se si vede il pianeta esplodere poco dopo? COME? CAZZO. COME? Non ne avevano mai vista una prima, e il pianeta ESPLODE. ESPLODE. Come cazzo… non ci devo pensare), regia di una banalità sconcertate, scene rubate ad ogni cosa ti possa venire in mente, dialoghi da pedate sul muso, personaggi orribili… è una disastro incredibile e sinceramente abbastanza spiazzante.

Da vedere con gli amici per farsi due risate.

Mi dispiace stroncare così Besson, come detto mi sta simpatico, ma quando è troppo è troppo.

Cosa si salva del film? Forse gli effetti grafici anche se sono troppi e stuccano, forse qualche bel costume in stile anni ‘90, con i colori sgargianti e le forme appariscenti, molto carini anche gli alieni fatti a pupazzone come fu per The Fifth Element e sicuramente qualche creatura azzeccata e qualche nave spaziale degna di nota.

Per il resto?

Spazzatura al 100%

Addio.

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