Beautiful Girls: recensione del film

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Cosa succede quando uno sceneggiatore che solitamente si dedica a vaccate tipo Con Air (1997) o Gone in Sixty Seconds (2000) o, più recentemente, Jumanji: Welcome to the Jungle (2017), si mette a lavorare su un copione vicino alla sua esperienza di vita? Succede che possono uscirne film carini, tanto per cambiare. E questo è il caso di Scott Rosenberg, che prima di mettersi a scrivere anonime serie televisive e Kangaroo Jack (2003 – oh, non posso resistere al fare una lista delle robe orrende a cui ha lavorato quest’uomo), ci ha regalato due ottime commedie come High Fidelity (2000) e questo Beautiful Girls del 1996.

La regia fu affidata a Ted Demme, nipote del più famoso Jonathan Demme (The Silence of the Lambs, 1991), morto poi giovanissimo stroncato da un infarto durante una partita di beneficenza dopo aver ingerito forse un po’ troppa cocaina rispetto a quanto il suo corpo ne potesse sopportare. E meno male che la regia fu affidata a Ted Demme, visto che pare che il film fosse stato proposto anche a Tony Scott, ma declinò dicendo che non se la sentiva di trattare un copione così centrato sui dialoghi. Effettivamente la sua shaky cam e il suo montaggio da mal di mare mal si confacevano a una tale assurda scelta dello sceneggiatore!

Insomma, parliamo di questo Beautiful Girls. Se avete visto Singles, gran film del 1992 diretto da Cameron Crowe, direi che guardando Beautiful Girls non c’è niente che vi sorprenderà: sono due film pieni zeppi di attori e attrici che trattano di gruppi di amici e di amiche e dei loro intrecci sentimentali, c’è dell’ottima musica rock ad accompagnare il tutto (qui ci sono gli Afghan Whigs che suonano dal vivo in un locale, in Singles c’erano gli Alice in Chains e i Soundgarden), Matt Dillon fa lo stesso personaggio in entrambi i film (no, not really, but almost), il finale è un tranquillo finale da ‘l’amore trionfa’, e tutti e due i film sono delle perfette fotografie degli early 90s per i quali presumo arriverà un’ondata nostalgica fra una decina d’anni quando quella per gli anni 80 (spero) terminerà. Aggiungeteci anche qualcosa di High Fidelity per le sue storie d’amore e la sua ottima musica, ed ecco che il filone di riferimento vi sarà chiaro.

Aneddoto sulla musica: Greg Dulli degli Afghan Whigs appare in Beautiful Girls per essere amico di Ted Demme, e lo era tanto che alla sua morte ci scrisse su un intero album dei suoi Twilight Singers, Blackberry Belle, nel 2003. E Punch-Drunk Love, film del 2002 di Paul Thomas Anderson, è dedicato a Ted Demme. Era amico di tutti, via.

Perché guardare Beautiful Girls, mi chiederete voi? Perché è un bel film di amicizia (tra maschi: nonostante il titolo, il gruppo di amiche fa più da spalla che altro, tanto che credo che al giorno d’oggi i produttori imporrebbero dei ruoli un po’ più sostanziali alle varie Mira Sorvino, Uma Thurman…), perché ci mostra un grigio e nevoso paesino della campagna statunitense che per le dinamiche di chi ci vive non è poi così diverso da un grigio paesino della campagna di un qualsiasi paese europeo, perché c’è una splendida Natalie Portman 15enne che dopo Léon (1994) continuava ad inanellare ottime performance, perché la colonna sonora è splendida (nella festa principale del film suonano i Morphine a palla! I Morphine! Impensabile, negli anni 2000)…

Il film si annuncia interessante sin dal suo inizio, con Timothy Hutton che torna al paesino dalla grande città in cui vive per ritrovare gli amici di sempre le cui vite sembrano non cambiare mai (c’è anche un dialogo nel film che lo sottolinea, verso la fine). Bello anche il rapporto con la famiglia, seppur solamente accennato, con un padre che trova difficile esprimere le proprie emozioni e un fratello un po’ strano che comunque non stona troppo né all’interno della famiglia, né all’interno del paesino. Ho trovato ben fatti anche i rapporti di amicizia che si riallacciano senza grossi problemi e senza bisogno di convenevoli nonostante le distanze, e in questo Demme è riuscito a dirigere bene il suo eccezionale cast. Tra l’altro ha usato anche lo stesso trucco di James Cameron in Aliens (1986), che fece stare i suoi marine insieme per qualche settimana prima di cominciare le riprese per fare gruppo. Stessa cosa ha fatto Demme, e i risultati si vedono sullo schermo.

Altro motivo che giustifica la visione del film: i continui rimandi alla musica. In un dialogo a un certo punto mi sono reso conto che i personaggi stavano parlando con il testo di Mr John dei Counting Crows! LOL. Anche l’intero monologo sulle beautiful girls del titolo è preso da una canzone dei Taking Back Sunday, per dire.

E infine come non parlare del tema fondamentale del film, cioè di questa avversione al crescere, al confrontarsi con le responsabilità che la vita ci mette davanti alla soglia dei 30 anni, e magari oggi anche alla soglia dei 40? Un tema difficile che qui viene affrontato a cuor leggero ma non troppo, con il gruppo di amici beoti (perché sì, alla fine i maschi ne escono abbastanza come dei beoti da questo film) e il gruppo di amiche con i piedi per terra ma che devono fare i conti, appunto, coi beoti di cui sopra. Una commedia, quindi, ma che ci dà anche non pochi spunti per pensare. Buffo sapere che gli amici di Rosenberg non presero benissimo questo film, visto che evidentemente si videro interpretati sul grande schermo come, appunto, una massa di beoti.

Non è però un film perfetto. Non soltanto i personaggi femminili sono lì a fare da sfondo a quelli maschili, ma si potrebbe anche criticare la monotonia dei personaggi maschili e il loro essere degli stereotipi. Se da una parte questo è certamente vero, dall’altra è innegabile che ognuno di questi personaggi ci appaia anche incredibilmente realistico. Chi non ha conosciuto il classico ragazzo dal fisicaccio che alle superiori tutte desideravano e che incontrato dieci anni dopo fa un lavoro umile, magari stagionale, e non è più l’invidia di nessuno (Matt Dillon)? E il suo amico che era la sua ombra a scuola e che continua a ronzargli intorno stile cane fedele (Max Perlich)? E chi non ha avuto in classe, se non nel suo gruppo di amici, quello basico con cui non si può parlare di cose in maniera profonda ma è simpatico da avere intorno perché racconta un sacco di cavolate (Michael Rapaport)? E il geniaccio che tutti pensavano che avrebbe fatto faville e invece a 30 anni si ritrova indeciso tra continuare a perseguire le sue idee artistiche o accettare un noioso lavoro da assicuratore (Timothy Hutton)? E quello su cui nessuno avrebbe scommesso un soldo e che invece sembra essere il più equilibrato di tutti, con una famiglia stabile e due figliolette che lo adorano (Noah Emmerich)?

Quindi sì, magari stereotipati, ma tutti e cinque i principali personaggi maschili del film sono ben delineati, credibili, ed è facile immedesimarsi in ognuno di loro. Credo sia un vero peccato che invece i personaggi femminili si limitino ad essere Moglie fedele, Ragazza perdutamente innamorata e sempre pronta a perdonare il proprio uomo, Amica sovrappeso senza un ragazzo, Cugina di città bella e irraggiungibile… insomma, ci siamo capiti. Rosenberg non c’ha perso più di tanto tempo su di loro!

E ho trovato un po’ creepy (scusate, ma è il termine perfetto e nessuno degli aggettivi che mi suggerisce Wordreference mi sembra altrettanto adeguato: raccapricciante, pauroso, losco, sospetto, orrendo, schifoso, inquietante… ecco, forse inquietante è l’aggettivo giusto!) la fissazione del personaggio di Hutton per Natalie Portman… non dico che griderei alla pedofilia, ma mi è parso strano che un 29enne pensi così intensamente alla supposta 13enne (in realtà 15enne) vicina di casa, tanto da mettere in dubbio la convivenza con la sua attuale ragazza.

Via, la finisco qui. Beautiful Girls, un film imperfetto ed interessante. Da vedere nell’ideale trittico con Singles e High Fidelity, se avete voglia di quella che, alla fine, è una commedia romantica, a suo modo. Ciao!


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