Todo sobre mi madre: recensione del film

maxresdefault1E quindi ho cominciato ad esplorare il cinema di Almodóvar con Todo sobre mi madre, film del 1999 con un cast eccezionale che includeva tra gli altri Cecilia Roth, che conoscevo da Martín (Hache) del 1997, e Penelope Cruz, che avevo visto ultimamente in Abre los ojos, altro film del 1997. E che ne penso? Lo scrivo qui sotto!

Dopo aver sentito parlare per anni dei film di Almodóvar ma senza averne visto nessuno per un profondo senso di antipatia nei suoi confronti ispirato dalla sua indifferenza verso la sofferenza degli animali e, più recentemente, pure dal suo forte desiderio di non pagare le tasse al suo paese, non sapevo realmente cosa aspettarmi. Adesso credo di aver capito a cosa si riferisce la gente quando usa l’aggettivo almodovariano. Immagino che lo spettatore debba accettare di entrare in un mondo alternativo, almodovariano, appunto, dove succedono cose molto surreali come se fossero normali.

E quindi è perfettamente normale che una famosa attrice di teatro contratti come collaboratrice personale una donna mai vista né conosciuta che entra furtivamente nel suo camerino dopo uno spettacolo. Normale anche che una persona torni dopo 17 anni a Barcellona da Madrid e incontri una sua vecchia conoscenza facendo un giro in taxi in una zona malfamata e trovandola proprio nel mezzo di un’aggressione giusto in tempo per salvarla. E che una suora (o qualcosa del genere) cerchi aiuto da una persona conosciuta la mattina stessa prima di cercarlo, che so io, da un’amica, o da una collega, o da un familiare che non sia l’odiata madre.

Se si accettano tutte queste situazioni surreali come normali, allora è possibile godere del film. E di cosa in particolare? Per esempio, delle relazioni tra le varie donne protagoniste che sono tutte molto interessanti e ben delineate: il legame tra Cecilia RothMarisa Paredes dopo che quest’ultima ha causato indirettamente la morte di suo figlio, la relazione della seconda con Candela Peña, le storie che Antonia San Juan riesce a creare praticamente con tutte le altre… Spesso nascono dei dialoghi frizzanti e, nonostante il surrealismo delle situazioni, Almodóvar riesce a parlare del mondo reale e delle relazioni interpersonali in un modo per niente banale. Sono tanti i punti di riflessione che ci offre questo film.

Un altro punto interessante è che il film releghi solamente a ruoli minori tutti gli attori uomini, vista la rarità della cosa. Certo, addirittura anche il cinema hollywoodiano ci ha offerto esempi con ottime protagoniste donne (Alien, per dirne uno), ma è più difficile imbattersi in film dove gli uomini si vedono solamente di sfuggita!

Che altro? Lodevole che il film omaggi il cinema classico. Troviamo naturalmente All About Eve (Eva contro Eva, 1950) di Mankiewicz, sia per il titolo sia per l’espediente di trama che vede Cecilia Roth insinuarsi nell’opera teatrale di Marisa Paredes grazie al suo passato da attrice non professionista. Troviamo Opening night (La sera della prima, 1977) di Cassavetes nella scena dell’incidente. Troviamo A Streetcar Named Desire (Un tram che si chiama Desiderio, 1951), anche se probabilmente qui l’omaggio è all’opera teatrale di Tennessee Williams. E questo ci porta ad un altro punto di interesse, con molte citazioni ad autori apertamente omosessuali come, appunto, Williams, Lorca o Capote.

E poi l’uso dei colori, sia nei costumi che nelle scenografie: il rosso non appare mai per caso! Il parallelismo tra vita e teatro (e, per noi spettatori, anche con il cinema). Le musiche sempre azzeccate. Insomma, i sette Goya vinti nel 2000 non sono stati dati per caso. E l’Oscar come miglior film straniero. E il Golden Globe. E via dicendo…

Insomma è un film perfetto? Per me no. L’attore che fa il figlio di Cecilia Roth è un incapace e rovina tutte le poche scene in cui appare. Ci sono dei tagli molto bruschi che mi hanno lasciato basito più di una volta. E le didascalie per sottolineare i tagli temporali le ho trovate inutili e mal fatte (non sono nemmeno coerenti tra loro, talvolta in mezzo allo schermo, talvolta in basso a destra). Ma sono punti minori, naturalmente. Il film merita di essere visto. Le attrici sono tutte bravissime e ben dirette, la storia è curiosa, anche se forse un po’ troppo basata su assurde coincidenze, e il film è pieno di simbolismi che certamente ne renderanno interessanti anche la seconda e terza visione.

Ciao!

Update: ho visto anche Volver (2006), La piel que habito (2011), Mujeres al borde de un ataque de nervios (1988) e Dolor y gloria (2019)!


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