La Canzone del Mare – un sogno ad occhi aperti

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Come away oh human child,
to the waters and the wild,
with a fairy, hand in hand,
for the world’s more full of weeping than you can understand.

Nominato per gli Academy Awards nel 2015 come miglior film di animazione, La Canzone del Mare è un cartone animato fantasy ideato e diretto da Tomm Moore, regista e fumettista nordirlandese poco più che quarantenne. Si tratta della seconda opera di Moore: ammetto di non aver visto il precedente The Secret of Kells, che a sua volta si era aggiudicato una nomination come miglior film di animazione agli Oscar del 2010, ma lo recupererò presto.

Il film parla di Ben, bambino di 10 anni che vive su un’isoletta vicina alla costa irlandese insieme al padre Conor, guardiano del faro dell’isola, al cagnone Cu e alla sorellina Saoirse, una bambina muta che il ragazzo non sopporta e incolpa per la morte (o meglio, scomparsa) della madre. I tre vivono in solitudine e in un’apparente pace, mentre Ben rivive i ricordi delle storie che la madre Bronagh gli raccontava durante una fanciullezza vivida come un sogno: lo scoglio davanti al faro era il gigante piangente Mac Lir, tramutato in pietra dalla madre, la strega-civetta Macha; la notte di Halloween le creature magiche dovevano nascondersi dai gufi emissari della stessa strega, pronti a rubare loro i sentimenti; una bambina selkie avrebbe cantato una magica canzone, dalle misteriose parole in gaelico, per liberare il popolo magico dalla maledizione della strega. E altre ancora.

La visita della nonna paterna per il sesto compleanno di Saoirse cambia la routine: dopo un misterioso incidente in cui la bambina finisce in mare e quasi annega, la vecchia deciderà di portare via i fratelli per farli vivere con lei a Dublino e per dare loro una vita più sicura e agiata.

La trama da qui si sviluppa nell’arco della sola notte di Halloween, una storia di avventura e di formazione in cui i ragazzini scapperanno dalla nonna e cercheranno di tornare a casa. Ben imparerà a convivere con la sorella e anzi dovrà proteggerla e salvarla, scoprendo inoltre che le storie che sua madre gli raccontava prima della nascita di Saoirse erano qualcosa di più di semplici fiabe per bambini.

La Canzone del Mare è un viaggio onirico radicato nel folklore irlandese, dove una realtà parallela fatta di selkie, giganti, spiriti, fate e streghe si interseca al quotidiano. La trama è semplicissima, piena (straripante) di buoni sentimenti, di amore, di amicizia e di cattivi che si pentono. La sceneggiatura è probabilmente una delle poche pecche di questo film: spesso c’è una fretta eccessiva nel risolvere in un lampo situazioni molto complesse. Questo è vero soprattutto nella seconda parte della trama, dove succede un po’ tutto in un attimo e senza bisogno di eccessivo sforzo da parte dei protagonisti. Parlo soprattutto del ritrovamento del mantello, del ritorno della madre, del viaggio-lampo verso l’isola natale. Un po’ più di respiro e una maggiore responsabilizzazione dei personaggi sarebbero stati più interessanti dei vari deus ex machina, oltre che più funzionali, anche considerando che quello che si vuole mostrare allo spettatore è un percorso di formazione. Ricordiamoci però che si tratta prima di tutto di un film per bambini, anche se la potenza dei disegni, delle musiche e delle animazioni lo rendono adatto a tutte le età.

Quello che lascia a bocca aperta è infatti il colpo d’occhio. Questo La Canzone del Mare è tutto disegnato a mano, con atmosfere sognanti ed eteree e colori pastello bellissimi che si contrappongono a scuri molto netti. Il tratto è fanciullesco e in molte situazioni stilizzato ma estremamente evocativo, efficacissimo nel trasmettere il messaggio e l’atmosfera da fiaba. L’animazione è spettacolare, liscia e fluida, ai livelli dei migliori studi giapponesi.

Meravigliosa anche la caratterizzazione grafica dei personaggi: i miei preferiti sono il gigante di pietra con i cani-spiriti e l’aracnoide vecchio Seanachai con i suoi capelli lunghissimi. Molto bella -e Miyazakiana– anche la strega-civetta. Nessuna pecca nella recitazione. Gli attori che doppiano Conor, la nonna e il capitano del traghetto impersonano anche personaggi chiave del mondo fantasy: nell’ordine Mac Lir, Macha e Seanachai. In un certo senso è come se ogni personaggio del mondo reale avesse una sua controparte nel folklore, con la stessa funzione narrativa e simili caratteristiche psicologiche. Il padre e il gigante sono entrambi privati delle proprie emozioni a causa di eventi tragici, le due vecchie sono convinte di poter decidere per gli altri, i due comprimari traghettatore/Seanachai sono dei facilitatori durante il viaggio dei protagonisti.

La colonna sonora è firmata da Bruno Coulais ed è davvero suggestiva, riprendendo e potenziando le atmosfere liriche e sognanti trasmesse dalle immagini. La collaborazione con la folk-band Kila aiuta il connubio tra il folklore e la realtà contemporanea (il film è a detta di Moore ampiamente autobiografico, pertanto ambientato al tempo dell’infanzia del regista: gli anni ’80).

Insomma, film di animazione che mi ha emozionato e colpito tantissimo, soprattutto per il comparto tecnico, le atmosfere sognanti e i personaggi meravigliosi, più che per una sceneggiatura che come detto è fin troppo semplice e a conti fatti pecca un po’ per il troppo buonismo. Nondimeno, ottima prova di animazione europea. Da stravedere.

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2 risposte a "La Canzone del Mare – un sogno ad occhi aperti"

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