Tully: recensione del film

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Una cosa è certa: Charlize Theron non ha paura di apparire brutta nei suoi film. Dopo Monster (2003), eccola in questo Tully con 25 kg di troppo presi a suon di mangiare cibo spazzatura. E un’altra cosa è certa: Diablo Cody sa scrivere storie interessanti sulle donne e, in coppia col suo regista di fiducia Jason Reitman (sono quelli di Juno, 2007), le sa portare sul grande schermo.

Tully ci racconta la storia di una madre stressata, Marlo (Charlize, appunto), che non solo deve stare dietro ai suoi due figli, di cui uno definito da tutti “quirky” (vogliamo tradurlo con “stravagante”?), ma è pure incinta di un terzo. Il marito (Ron Livingston) è un brav’uomo, ma non si occupa molto di loro, e come se non bastasse il fratello (Mark Duplass) con tutti i suoi soldi e la sua famiglia perfetta non fa che ricordarle come la sua vita sembri un inferno. Che ne sarà di Marlo?

Ad aiutarla ecco Tully, una giovane ed energetica bambinaia/baby sitter notturna. Questo lavoro esiste davvero nelle grandi città statunitensi, e non ho idea se esista anche in altri posti del mondo. In ogni caso, a Diablo Cody l’idea di scrivere questo film venne proprio dopo che ebbe il terzo figlio e ne assunse una. Ok, scritta così la trama sembra quella di una commedia di infima qualità, ma non lasciatevi ingannare. Questo film è tutt’altro che stupido e, soprattutto, tutt’altro che una commedia.

Sì perché Tully parla di temi seri come avere figli problematici e la depressione post-parto, qualcosa che non vediamo tutti i giorni nel cinema hollywoodiano. Lo fa anche in maniera sorprendente, forse fin troppo. Una critica che mi sento di fare al film, per esempio, è che non mi è sembrato avere un focus preciso. Nella prima parte sembra volersi concentrare sui problemi di una famiglia numerosa con un figlio che mal si adatta al sistema scolastico, nella parte centrale assume un tono di commedia con la figura della bambinaia, e poi vira sul drammatico nella parte finale cambiando ancora una volta il tema. Mi ha confuso, è come se volesse parlare di una cosa, ma poi anche di un’altra, e poi di un’altra ancora. Secondo me questo toglie forza al tema principale, quello della depressione, un tema che emerge quasi all’improvviso e su cui il film pone delle domande ma dà poche risposte (o almeno, io ne ho viste poche).

Tully è certamente un film da vedere, è un film per niente stupido che tratta svariati temi. Gli attori sono tutti molto bravi, la colonna sonora è strepitosa, e se vi piace lo stile di Reitman qui lo ritroverete con la sua telecamera a mano sempre accesa. Però prima di sbilanciarmi con un giudizio più a tutto tondo mi riservo di vederlo una seconda volta, che questo è il classico film che alla seconda visione o dimostra di essere geniale, o tutto il contrario. Ciao!


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