A Girl Walks Home Alone At Night

Tante cose belle succedono per caso. Basta essere curiosi.

Qualche tempo fa vidi su YouTube un videoclip non ufficiale montato su una bella cover di I Let Love In di Nick Cave interpretata dalla bravissima darkettona Chelsea Wolfe. Il video mostrava alcune scene prese da un film in bianco e nero con protagonista una giovane ragazza-vampiro con indosso un chador nero. Attratto dall’atmosfera sensuale e glam del video (cose oscure, Dr Gonzo, stai lontano dalle cose oscure), mi sono andato a ricercare il film da cui i frammenti erano tratti, ed ecco come mi sono imbattuto in A Girl Walks Home Alone At Night.

Il film, presentato al Sundance (sento già SamSimon che sbadiglia) e frutto di un crowdfunding su Indiegogo, è l’opera prima di Ana Lily Amirpour, regista di origine iraniana ma americana di adozione, con una notevole fissa per la cultura pop, la musica elettronica, il genere horror e lo skateboard.

La protagonista del film è una ragazza senza nome interpretata da Sheila Vand (Argo), che cammina -o meglio fluttua- nella notte in una città iraniana fittizia chiamata Bad City, luogo semideserto di perdizione dominato da scheletriche pompe di estrazione petrolifera e da fosse comuni. La vampira si comporta come un angelo vendicatore notturno, cibandosi di reietti e sfruttatori e difendendo le anime che sente a sé più affini. Il suo incontro con il tamarrissimo e tatuatissimo spacciatore interpretato da Dominic Rains porterà al più classico dei vampirismi con una consueta inversione preda-predatore, ma anche al fortuito primo incrocio con l’altro protagonista della storia: Arash (Arash Marandi). Questi, ragazzone malinconico con un look alla James Dean e una fissa per i macchinoni americani anni ’50, è afflitto da un padre eroinomane e una sfrenata voglia di rivalsa. Se il primo incontro tra i due è appena accennato ma comunque offre una ricompensa economica e sociale al ragazzo, il secondo è una delle scene più grottescamente interessanti del film (protagonisti un vestito da Dracula, un lampione e uno skateboard), e porterà una ricompensa emotiva al ragazzo in una bella sequenza dove si assiste a una inversione del rapporto vampiro-preda, che diventa finalmente innovativo: è Arash che fa sanguinare la vampira in un modo delicatamente romantico e originale.

Il finale ricorda moltissimo il meraviglioso Lasciami Entrare di Tomas Alfredson, anche se con un significato molto meno horror e forse meno potente, ma altrettanto gustoso.

L’assenza di spoiler è voluto, per invogliare tutti a recuperare e vedere questo film, che secondo me ha tantissimi meriti. Prima di tutto la regia e la fotografia sono splendide per un’opera prima così a basso budget: il bianco e nero è a dir poco perfetto, l’atmosfera è affascinante e la Amirpour ci regala un sacco di inquadrature che spaccano; il ritmo a volte rallenta un po’ troppo ma ci sta. La colonna sonora è evocativa anche se un po’ telefonata, si passa dai Federale, gruppo western-folk che si ispira (ai limiti del plagio direi) alle atmosfere morriconiane, ai più orientaleggianti Radio Teheran e i Bei-ru, al rock dei White Lies. Il film è recitato in Farsi e l’assenza di doppiaggio aiuta a calarsi nell’ambientazione. L’interpretazione dei protagonisti ci sta: su tutti la Vand, che è tanto bellina e sembra nata fluttuando su uno skateboard con quella nera cornice intorno al viso. La Amirpour vuole darci una prova del suo eterogeneo background: un cacciuccone totale stilistico che include cultura pop americana, critica della società iraniana, generi horror, western e grottesco, senza prendersi troppo sul serio e senza strafare.

Insomma, in questo mese di agosto torrido in cui i cinema sono chiusi o trasudano quasi esclusivamente schifezze, vi consiglio di prendervi un ventilatore, una tarda serata libera e di dare una chance a un film alternativo sul tema vampiri, esordio di una regista che prende a piene mani influenze e suggestioni da autori eccezionali che hanno già detto la loro sul tema-vampiri (su tutti Jarmush, Ferrara, Rodriguez, Alfredson) ma riesce a tirare fuori uno stile personale e divertente da vedere.

P.S.: vi linko un articolo interessante del The Guardian che spiega qualcosina di più su Ana Lily Amirpour, sulla genesi del film e su un po’ di altre cose frivole.

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7 risposte a "A Girl Walks Home Alone At Night"

  1. Ho visto questo film nel periodo in cui un po’ tutti ne parlavano e mi piacque parecchio. Una metafora in salsa horror sulla condizione della donna in medio oriente, diretta anche con una certa classe – la fotografia è qualcosa di stupendo -.

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    1. Sì, la luce e il bianco e nero sono fantastici. Hai visto anche il secondo film di questa regista? Mi incuriosiva e l’ho cercato, ma non mi ha convinto poi granché…

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  2. Secondo me è carino. Se ti piace il genere è una bella variazione. Della Amirpour ho visto anche il secondo, The Bad Batch, dove aveva parecchi più soldi e tanti riflettori puntati. Operazione riuscita a metà, secondo me, ma forse vale la pena approfondirlo in un prossimo post… 🙂

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