Un giorno Victor Lonzo Fleming (Lonzo. Lo hanno chiamato Lonzo. Quanto male devi volé al tu’ figliolo per chiamarlo Lonzo?) si alza male e decide di adattare al cinema il romanzo di Margaret Munnerlyn Mitchell (ma che avete contro ‘sti figlioli?) Gone With The Wind (1936). Lonzone, lo chiameremo amichevolmente così, era già reduce da un successo cinematografico che tutt’oggi è considerato una delle maggiori espressioni cinematografiche statunitensi, cioè il Mago di OZ. Ma evidentemente il 1939 doveva essere un anno particolarmente proficuo per il nostro regista californiano e quindi, come se dovesse girare il filmino della comunione dei su’ nipoti, zac! Ti butta lì un Via Col Vento di così. Dieci Oscar. E guarda, giusto perché il 1939 era composto di solo dodici mesi! Sennò se gli pigliava il quarto d’ora… Lasciamo stare. Faceva la tripletta. Lo hanno fermato in sedici.
Mi vergogno come un ladro ma io questo film non lo avevo mai visto! Nemmeno nel periodo di innamoramento cinematografico adolescenziale in cui ti puppi Antonioni, Sokurov e Kim Ki-Duk come se fossero le puntate di Will & Grace (1998) e capisci un film su ottocento, forse, e solo perché uno su internet te lo spiega. Comunque non lo avevo mai visto, fino a ieri sera quando finalmente trovo il coraggio di affrontare le sue quattro ore e infilo questo bel DVD nel lettore. E’ uno di quei dischi doppio lato che anche se lo tratti con i guanti di gomma uno dei due lati finirà per rigarsi, accidenti alle loro mamme. Lo guardo e nulla, amore a prima vista. E’ bellissimo. E’ mattissimo. E’ anche divertentissimo, se non contate la miriade di morti che costellano la pellicola.
E allora mi dico: ne parlo sul Blog! Ma… mmmh… chi è che non ha mai parlato di Via Col Vento! Dài! Lo ha fatto anche il Cane di Picciù (non ho idea di chi sia Picciù. Lo dicono i miei parenti ed alcuni amici). Quindi invece di trapanarvi la minchia dicendo le solite palle da blog di cinema impegnato (come no) provo a rendervi i miei pensieri e le mie elucubrazioni mentali da uomo moderno davanti ai mostri sacri del cinema classico.
Potrebbe venirci una serie: Uomo Moderno VS Grandi Classici.
Prima Parte: Rossella O’Hara è un pezzo di merda. Seguita dalla Seconda Parte: Rossella O’Hara è un pezzo di merda, doppio.
Prima Parte
Allora, siamo nel 1861 all’alba della Guerra di Secessione Americana. Scarlett O’Hara (Rossella in italiano) e la sua famiglia sono in Georgia nella loro piantagione di cotone, ci troviamo quindi in pieni Stati Uniti del Sud. Rossella è sulle scale del portico della sua immensa magione e nella noia pomeridiana fa due chiacchiere con dei tizi che parlano dell’imminente guerra come se fossa una figata, come se andassero al mare o sulle giostre.
Stanno li a dire:
- “Rossella devi vedé come è bella la guerra!”
- “Rossella sei fia, ma la guerra ti va via di tacco mentre dormi!”
- “Madonna Rossella tra poco scoppia la guerra! Si fanno delle risate! Non sto più nella pelle”
Ma lo sapranno cosa è la guerra? Non è che si sono sbagliati? Si sono confusi con qualcos’altro?
- Beota McQueen: “questa… QUESTA E’ LA GUERRA?”
- Comandante Wyatt Grayson: “Certo Beota (d’altronde è il su’ nome), cosa pensavi?”
- Beota McQueen: “Ma… non era quella roba con le salsicce cotte sulla brace, dove si sta sul prato e dove le dame ti chiedono di sposarle?”
- Comandante Wyatt Grayson: “Quello è il berbecue! Imbecille!”
- Beota McQueen: “Il barbecue! Il barbecue! Li confondo sempre…”
Insomma da questa conversazione su quanto è bella la guerra Rossella non ci sta uscendo viva, le sono venute due palle… quando ad un certo punto uno dei due fa: “Ma lo sai te che Ashley Wilkes si sposa la su’ cugina Melania Hamilton (Melanie Hamilton)?” E l’altro: “non c’è cosa più divina…” Rossella non deve prendere a ridere la battuta demente del suo intrattenitore pomeridiano perché scappa in lacrime nel bosco. Che sarà successo? Nulla, se non fosse che la nostra bella protagonista è innamorata segretamente di Ashley e vorrebbe sposarlo, ma non gli ha confidato ancora il suo amore. Cosa inusuale visto che pare sport nazionale, subito dopo la gara a chi è più contento dei conflitti a fuoco, ovviamente. Comunque, fatto sta che non gli ha detto nulla e che ha la brillante idea di dichiarasi al barbecue organizzato apposta per annunciare alla gente del matrimonio tra i due. Geniale.
In questo momento di disperazione Rossella trova il su’ babbo che cavalca nel bosco e che le fa: “Rossella un fa’ le cazzate. L’unica cosa che ti rimarrà nella vita è la terra! Quello che hai costruito e la fatica (degli schiavi neri, n.d.r.) con cui lo hai fatto crescere! Pensaci Rossella, la felicità è qui, è vicino a te. Un anda’ a cerca’ gli schiaffi in piazza. Dammi retta”
“Babbo, che palle che fai venì”
Del tutto impervia alla saggezza paterna, Rossellona va al barbecue con tutta la famiglia; la mamma, le due sorelle, e il babbo, intenta a dichiararsi ad Ashley che intanto ripensa alla saggezza popolare del detto sulla cugina. Al barbecue c’è uno sbotto di gente, anche perché questi non fanno una sega dalla mattina alla sera, hanno un sfondo di soldi e nei campi ci stanno gli schiavi quindi, barbecue a nastro. Come dicevo prima, in questa festa ci sono dei morti di figa che lèvati, e tutti si propongono in sposi a tutte dopo qualche secondo di interazione. Rossella è assediata, non ci esce viva, ma trova il momento adatto per andare a confessarsi ad Ashley. Purtroppo le cose non vanno per il verso giusto e prende un bel due di picche. Infoiata come una coniglia e incazzata come un’ape inizia anche lei a provarci con tutti, a tutto spiano, un bombardamento a tappeto, e visto che Vivien Leigh era una bella figliola beh… Si forma la classica fila delle poste del lunedì mattina. Nel mezzo di tutto questo casino spunta Rhett Butler un capitano dell’esercito Confederato, cioè Clark Gable, che incrocia Rossella in momenti poco opportuni andando a creare una certa simpatia tra i due.
Il piano geniale di Rossella di provarci con tutti non fa cambiare idea ad Ashley, (ma guarda un po’) che sperando nella veridicità della filastrocchina della cugina annuncia a tutti il matrimonio. Allora Rossella gioca un ultima carta, sposare uno a caso! Il povero sfortunato è il fratello di Melania, Charles Hamilton. Anche questa giocata però non funziona. E che strano.
Tutti si sposano e dopo due secondi scoppia la guerra. E allora via di festeggiamenti:
- “Strabello si va in guerra!”
- “Non vedevo l’ora!”
- “Porto anche la mi’ nonna che dice è tanto voleva vedella!”
Sono più contenti della guerra che dei matrimoni. Continuo a pensare che non sapessero cosa fosse.
Qui Rossella deve incontrare Masini per la strada o la Signora Fletcher perché inizia a mietere vittime e ad avere una sfiga colossale. Il povero Charles muore in guerra (dove sono le feste? Non si ride più, eh? Non sento le trombette! Nessuno che accende una fontana di petardi? Un trenino conga?) e Rossella va al funerale a casa degli Hamilton, ma la sua governante di colore che è una che ha capito tutto le dice di non andare perché lo sta facendo con la speranza di rivedere Ashley. Lei va lì e trova Melania che poverina diventa una palla… Sai l’amica che ti racconta solo delle sfighe con i fidanzati, quella sempre stanca a cui non va mai bene nulla? Ecco. Uguale. Mentre è ad Atlanta dagli Hamilton, Rossella presenzia con Melania ad una festa per raccogliere i fondi per l’esercito Confederato, anche se dovrebbe essere in lutto per la morte del marito. Quale marito? E quindi via! Balli, alcool! E se poi c’è anche quel troio di Clark Gable anche meglio! Charles? Chi cazzo è? Ad un certo punto fanno il giochino tristissimo della raccolta fondi con i balli, del tipo che uno offre un tot di soldi per ballare con una ragazza e i soldi raccolti sono devoluti all’esercito. Doveva essere sbarcata una nave di genovesi ad Atlanta (che non è sul mare mai) perché scoppia la gara a chi offre di meno:
- “Due dollari per questa qui”
- “Un dollaro e mezzo e ci ballo io!”
- “Ma signori non è un asta a ribasso”
Dal nulla Clark Gable fa una sboronata incredibile, da troio che è, e dice: “mille milioni di soldi per Rossella!” Lei deh, le si aprono le acque che manco Mosè. Ma il banditore è contrario all’offerta su una donna in lutto per il marito. Lutto? Cosa è? Si mangia? Rossella lo manda beatamente in culo e via. Si balla.
Intervallo semi-serio
Apro una parentesi sugli schiavi neri nel film: sono tutti felici, stanno bene, sembrano in vacanza dalla nonna. Certo, delle volte Prissy, una povera serva che non ci sta tanto con la testa, chiappa qualche sonoro pattone, ma nulla di devastante. Ora, l’immagine pop (perdonatemi il termine, è osceno in questo contesto me ne rendo conto) che abbiamo dello schiavo nero è quella classica delle frustate e delle catene. Dentro ‘sti film magoni pesantissimi dove ad un certo punto arriva Brad Pitt dal nulla che ci dice: “la schiavitù è brutta”. Eh, grazie al cazzo Brad. O Spielberg nel Colore Viola. E poi Spielberg in Amistad. E poi basta Spielberg, hai già vinto vari Oscar sull’argomento. In Via Col Vento gli schiavi sono tipo degli zii, o l’amico un po’ tontolone che inviti alle grigliate. Premetto comunque che non so come sia nel libro, nel film la passano molto alla buona, si dà anche per scontato la motivazione sullo scoppio della Guerra di Secessione senza menzionare il fatto dell’abolizione della schiavitù. Questo amichevole rapporto tra schiavo e schiavista tuttavia non è così inusuale poiché la condizione di questi variava a seconda del periodo storico e della posizione geografica. Come detto siamo in Georgia, nelle zone di Atlanta negli ultimi anni della schiavitù, quindi è possibile che le condizioni generali degli schiavi fossero leggermente più decenti della norma anche se lo stato della Georgia era uno di quelli più severi con questa parte della popolazione. Peraltro molti degli schiavi che vediamo nel film sono schiavi di casa come inservienti o balie, che vivevano in condizioni nettamente migliori della forza lavoro dei campi di cotone. Vanno anche contestualizzati l’anno e le intenzioni del film. Probabilmente se adesso tratti una questione così delicata in questo modo così bonario l’entourage di radical chic hollywoodiani ti mangia la testa, ma nel 1939 penso che si facesse meno caso a come delle tematiche del genere venivano trattate nel cinema, soprattutto in un lungometraggio che non ha la palese intenzione di avere come focus la condizione dello schiavo medio americano. Questa cosa mi ha riportato ai telefilm italiani di inizio anni ’90, soprattutto ai Ragazzi della 3°C (mi volete sputare? Perché? Chi altro vi accosta Via Col Vento con i Ragazzi della 3°C?) dove il padre di quella rompicoglioni snob di Sharon, il bauscia Commendator Camillo Zampetti, chiamava il suo servitore nero con appellativi del tipo “Cioccolatino” “Carbonella” “Negretti” ecc… E lui rispondeva: “zi zi badrone”. Una roba che se la metti in scena adesso, anche per scherzare, ti linciano e che obiettivamente era un po’ offensiva. Tutto questo per dire: secondo me c’è una palese ingenuità nell’occhio con cui il film inquadra questo aspetto, però contestualizzandolo a 360° possiamo passarci sopra con leggerezza, soprattutto quando capisci che è una sotto trama ovvia per il periodo ma non ricercata dal film. Ci sarebbe anche da dire qualcosa sulla posizione della donna che il film, come credo anche il romanzo, emancipa molto rispetto ai canoni del periodo soprattutto nelle zone Confederate del sud dove praticamente era un oggetto con un buco. Però… solita questione: uno dei punti del film è l’emancipazione di Rossella e sarebbe stato stupido che non ci fosse stata anche se in leggera discrepanza con il periodo storico.
Il punto è: quanto di questa nostalgia per la schiavitù, ovvia del film (non scordiamoci che loro vivono di quello, per loro è normale) tolleriamo per un senso di rispetto storico verso questo filmone? E quanta bigotteria in realtà si annida in questa scelta? E’ un’ovvia visione che va contestualizzata con il tempo che passa? O siamo diventati dei bacchettoni troppo puntigliosi verso qualcosa che trattato in modo normale forse potrebbe essere un espediente migliore di esorcizzarlo e trattarlo? Più della moderna empatia artefatta per ogni cosa. Il nero è comunque dipinto in modo abbastanza offensivo dal film passando da comportamenti infantili ad essere un vero e proprio demente. Quanto di questo era, purtroppo, la mentalità diffusa in quel periodo? E quanto invece va ricondotto ad una ingenuità, ad una semplicistica ricostruzione della faccenda perché semplicemente al tempo non ci si faceva caso? Così come mi sono venuti in mente i Ragazzi della 3°C mi viene in mente il maschilismo dei primi film di James Bond, o di Star Trek The Original Series. Come vanno letti adesso questi eventi? Sono stati e sono pericolosi perché trattano la cosa in modo leggero? O sono, involontariamente, più intelligenti del finto moderno buonismo dilagante? Argomento attualissimo per altro. Voi cosa ne pensate?
Fine intervallo semi-serio
Visto quante cose conosco sulla Guerra di Secessione? Studio? No no. Wikipedia? No, nemmeno. Ascolto gli Iced Earth.
Seconda Parte
Dove eravamo? Ah sì! Rossellona se ne frega del lutto del defunto marito e si diverte con quel troio di Clark Gable. Intanto i Confederati prendono una scoppola incredibile nella battaglia di Gettysburg, punto di svolta della Guerra di Secessione, e Ashley ammoscandosi la mal parata torna a casa per la visita natalizia alla moglie. Rossella è on fire, non gliene frega nulla se al piano di sopra c’è quella rompicoglioni di Melania che è sempre di più una palla al piede, lei vòle trombà Ashley. Ci prova in ogni modo ma rimane a bocca asciutta. Niente battute su fellazioni mai avvenute. Pare però che la visita natalizia di Ashley abbia avuto a che fare con la solita filastrocchina della cugina, infatti Melania è incinta e deve partorire.
Atlanta è presa d’assedio dall’Unione e Rossella fa l’infermierina, controvoglia, all’ospedale da campo della città. Qui si raggiunge il picco massimo della sfiga: case distrutte, Melania mezza morta che deve partorire senza dottore, Rossella che vuole scappare perché alla vista di una benda sporca si ricorda di essere una nobile snob schizzinosa. Pare siano spacciate. Ma ad un certo punto l’idea geniale! Prendiamo baracca e burattini, si fa partorire questa scema a cazzotti e si torna a Tera, la piantagione di cotone di Rossella dove tutto è iniziato. Li c’è anche babbo, mamma e le sorelle. Via, chiamano Clark Gable e si fanno scortare fuori città con un carro, passano nel mezzo di un deposito di esplosivi in procinto di esplodere, perché evidentemente era la strada più corta, per il cimitero, però gli va di culo e lasciano la città. Clark Gable da troio che si rispetti caca la comitiva nel mezzo della via, vuole unirsi all’esercito anche se poche ore fa era al casino a trombare le puttane. I sensi di colpa al momento giusto. Però non va via senza un ciuccione da parte di Rossella che però è un po’ riluttante. Lui fa lo scocciato e si leva dai coglioni lasciando Rossella, un infante, una donna mezza morta e una ragazzina di colore con evidenti problemi mentali nel mezzo del nulla. Piove, e la comitiva si ripara sotto un ponte dove scorre un fiume in piena. Geniale. E’ come cercare refrigerio in un forno accesso.
Dopo mille peripezie arrivano a Tera, e qui la fortuna di Rossella da sfoggio di tutto il suo lustro: la mamma è morta. Il babbo è impazzito e crede che la moglie sia ancora viva e che non sia successo nulla. Le piantagioni sono devastante e la casa è un tugurio. La fattoria non c’è, e l’esercito dell’Unione ha saccheggiato di tutto. Rossella non mangia da tipo una settimana e urlando al cielo giura di non voler mai più morire di fame. Che si traduce in “non voglio più essere povera” Che si traduce in:

Per tornare al per nulla razzista Cummenda Camillo Zampetti. Ecco, “Africa” è un altro appellativo che dava al suo inserviente di colore. Lo avevo scordato. Che classe.
Però Rossella, calm your tits. Non è che adesso apri le gambe al primo che ha i soldi. Stai manza. E infatti…
Rossella diventa il capo famiglia, ovviamente, tutti gli altri sono morti. E manda le sorelle che fino ad ora hanno campato di nullafacenza a lavorare nei campi. Lamentele varie sulle unghie sporche e le mani ruvide vengono sedate subito con il tatto degno del signore delle tenebre, Satanae. Da li a poco la guerra finisce con la resa dell’esercito Confederato e la sconfitta degli stati del sud. Adesso sono cazzi perché prima campavi a costo zero, ti lavoravano gli schiavi, adesso devi tirare TE la roba fuori dalla terra. Cara mia!
Arrivano le tasse e la famiglia di Rossella ne deve pagare una altissima ma non hanno una lira. Arriva un loro vecchio inserviente che adesso è diventato un cane dell’Unione (dannata feccia ribelle) e propone di comprare un pezzo della casa, ma Rossella non vuole sottostare alle casacche blu e non vuole vendere nulla della loro casa. Il tizio viene mandato via in malo modo e il padre, matto come un cavallo, lo rincorre al galoppo ma cade e muore. Olé! Passa Rossella e partono delle toccate di palle che voi non vi immaginate.
Il problema dei soldi fa venire alla nostra eroina un’idea geniale! Vado a vendere la vulva a Clark Gable che è pieno di soldi e adesso si trova nella prigioni in arresto come ufficiale nemico. Si veste con una tenda di velluto verde che secondo lei doveva essere il punto focale della tattica di abbordaggio, ma secondo me la fa sembrare un albero di natale fatto di moquette, e via! Si parte. Ora: Clark Gable sarebbe ben felice di improvvisarsi ginecologo però Rossella confessa candidamente di volerlo pipare per i soldi, e quindi lui se la prende a male e nulla. Aridue di picche. Tornando a casa dalla missione fallita incontra il fidanzato della sorella… ok… che ha una bottega e un sacco di soldi. Rossella no… E quindi… lo sposa. Così. Dal nulla. Rossella! Cazzo! Ma era fidanzato della tu’ sorella! Fallo sposare a lei! Cosa cambia? I soldi arrivano lo stesso alla famiglia. E invece no, ormai era partita con l’idea di dove’ allargà le gambe e nulla. C’era lui. La sorella la piglia malissimo, è li nei campi a pelare le rape e il fidanzato la lascia per la sorella assetata di denaro. Che casino. Comunque adesso sono tutti ricchi e con le tasse pagate e la villa in pieno splendore, tutto va a gonfie vele. Intanto Rossella ci riprova con Ashley tornato dalla guerra, ci scappa un bacio ma nulla di che.
Indovinate che fine fa il marito nuovo di Rossella? Muore! Bravi. Come avete fatto? Praticamente va a fare una spedizione punitiva contro dei banditi che avevano tentato di rapinare Rossella giorni prima, erano in dodici ma oh… guarda po’ chi doveva morire. Sfortuna vuole. Rossella è disperata (forse) e beve come una spugna, arriva Clark Gable:
- “Ci si sposa?”
- “Vai! Diciamo alle tre domani?”
- “Perfetto, a dopo!”
Fatto. Ah… eeeh so’ tre ore che la menate! E allora non era così difficile!
Questi due beoti si sposano ma il matrimonio fa schifo. Sono ricchi sfondati e vivono negli agi più scellerati, tipo reggia del Re Sole, però Rossella non è mai contenta e vuole ancora pipare Ashley. E basta! Non te lo da! Rassegnati! Questa cosa indispettisce Clark Gable che poverino è innamorato davvero! Tra litigi e battibecchi la fortuna di Rossella sta per girare, solo che sbaglia uscita e prende lo svincolo per “Morteapalate” bellissimo borgo nei pressi di “Sfigaperpetua” e “Fatteneandàbeneuna”.
Melania muore. E via, almeno smette di lamentassi. Ashley confessa a Rossella il profondo amore per la moglie e la lascia lì come una pera cotta.
Intanto la figlia di Rossella e Clark Gable, Bonnie, che però tutti chiamano Bannie e che inevitabilmente mi ricorda:

Dicevo… Bonnie Blue (si chiama così, non rompete. In italiano è Diletta, molto meglio!) cade da cavallo e… indoviniamo. Tutti in coro: MUORE.
E che cazz…
Rossella è ad un punto di svolta: Clark Gable indispettito della sue continue bizze si leva dai coglioni mentre lei realizza troppo tardi che era il suo vero ed unico amore ma siccome è una demente… ci siamo capiti. A questo punto le vengono in mente le parole del padre di mille anni fa, quel “Rossella devi zappà i campi, tanto tutto il resto è dolore. Rimane solo la terra” che adesso ha tutto un altro sapore. Lei dice “domani è un altro giorno” e si intuisce che andrà a zappà ‘sti benedetti campi come doveva fare anni fa invece di seminare distruzione e morte come i quattro Cavalieri dell’Apocalisse.
Fine
Abbiamo scherzato un po’ dai. Cosa volevate che scrivessi? Come “nulla”?! Riformulo la domanda: visto che avrei scritto qualcosa, cosa volevate che facessi? Ecco… adesso sì. Oh, nessuno se la prenda è. Siamo dei mattacchioni. Ma alla fine questo Via Col Vento?
Considerazioni serissime e pallosissime
C’è poco da dire, mi è piaciuto tantissimo, e come ho detto mi vergogno un sacco di averlo visto solamente adesso. Il film gode di una produzione titanica che mette su delle scenografie splendide e ricostruisce in modo devastante quel periodo di dolore e guerre, soprattutto nelle scene dell’assedio di Atlanta: impressionante la scena dei feriti nel campo medico alla stazione, o come hanno messo in scena gli incendi che hanno devastato la città. Splendide anche le scene post assedio, come i particolari della ricostruzione cittadina e la vita di ogni giorno che serpeggia nelle strade della città. La regia di Lonzone è fenomenale e cerca sempre il quadro perfetto, lavora con le silhouette in controluce in modo esemplare e butta giù delle scenone epiche ad ampio respiro davvero molto evocative. La colonna sonora penso sia entrata nella storia del cinema per una sola ragione: è potentissima e incornicia perfettamente il mood generale del film. Via Col Vento è un film di emancipazione femminile e redenzione, ma soprattutto è un film umano che ci racconta una ricerca della felicità artefatta e ostentata quando la felicità per Rossella era tutta racchiusa nelle prime scene del film. La famiglia, la terra e l’amore del personaggio di Gable. Rossella è fortissima, è una donna incredibile con uno scopo ben preciso e una voglia di ribaltare una vita decisamente inclemente. Purtroppo molta dell’inclemenza che la vita le riserva è alimentata dalla sua cecità verso il concetto di felicità che vuole passare il film, concetto che viene espresso subito con il dialogo tra lei e il padre in cui questo le indica la via, la via del duro lavoro e della casa. Rossella ha tutto in mano ma la sua ambizione è la sua rovina, e alla fine la sua salvezza. Una parabola molto poetica sulla semplicità della vita di quegli anni ma che può tranquillamente essere traslata ad oggi, in cui spesso siamo circondati dal materialismo inutile che non porta a nulla e non ci rende felici, ma solo infelici e opulenti. Per me Via Col Vento è stato questo, una carezza gentile verso la voglia di materialismo usata come mezzo di soffocamento delle nostre paure, delle nostre insoddisfazioni. Mentre, forse, la felicità è più vicina di quanto si possa pensare. Un film che però non condanna l’ambizione sfrenata di Rossella, ma la usa come veicolo di emancipazione e crescita. Alla fine grazie a quello Rossella può vedere il mondo con occhi nuovi: “domani è un altro giorno” non a caso. Un giorno nuovo, per una persona nuova. A me piace vederci questo, sarà giusto? Sono troppo romantico? Chissà…
Inutile dire che il film mi è piaciuto un sacco, anche perché a fronte delle sue quattro ore di durata è interessantissimo, avvincente e molto ritmato, sembra duri la metà. In più succedono talmente tante cose che è impossibile annoiarsi. Certo, ci sono delle ingenuità che come ho detto prima possono oscillare tra il vagamente plausibile, il doverle contestualizzare con la visione dell’autrice del romanzo che era di Atlanta e forse poteva avere una visione delle cose dipendente dal suo inserimento sociale, e il fatto che il film è del 1939. Comunque credo che non pregiudicano la pellicola che rimane comunque di forte impatto e a mio avviso attuale e con un importante spirito critico verso la superficialità.
Detto questo ci tengo a precisare ancora una volta che si scherza, eh, nessuno si senta tirato in causa da qualche battuta un po’ pensate, soprattutto quelli che hanno fatto vedere il pisellino o la topetta al proprio cugino. Un tempo sareste stati più che accettati.
Dovevo fare questo doveroso appunto sui cugini.
Addio!
Bellissimo il riassunto del film con tutti che parlano con accento livornese, per adesso me lo immagino così! X–D
Poi anche io sto per mettere fine a breve a questa infamia di non averlo mai visto: ho il dvd lì che mi aspetta, una domenica pomeriggio mi sa che me lo sparo Via col vento!
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Poi scrivi qui cosa ne pensi! Spero ti piaccia.
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Bellissimo articolo e capolavoro di film! Lo vidi alcuni anni fa in tv: era una mattina, facevo zapping mentre facevo colazione, ho visto che stava per iniziare, e niente, quella mattina l’ho dedicata tutta a vedere Via col Vento. Che poi, io adoro i film in costume con quelle colonne sonore epiche e il doppiaggio con quella dizione squisitamente snob; che tempi!
Una delle cose che non mi aspettavo e mi hanno colpito è il fatto che Rossella sia evidentemente un’antieroina, e diventa protagonista di un kolossal in un momento storico in cui i personaggi femminili erano generalmente di ben altra caratura. E’ stata una bella scommessa, e secondo me risulta un bellissimo personaggio ancora oggi. Però è questa sua natura che secondo me rende il finale potenzialmente ambivalente: può essere come hai scritto tu, certo, ma visto che nel corso del film ne passa un sacco e non impara niente può anche voler dire “domani è un altro giorno, e potrò manipolare qualcun altro, farmi qualcun altro o truffare qualcun altro per ottenere quello che voglio”. Ma qui è il mio naturale cinismo che alza la testa.
Sugli schiavi. Allora, indubbiamente oggi siamo decisamente ipersensibili e non siamo più in grado, credo, di concepire una visione della schiavitù diversa da quella di 12 Anni Schiavo (bello, eh, ma un po’ paraculo secondo me). Credo che guardando Via col Vento dobbiamo mettere via i nostri occhi 2018 e osservare il fenomeno dal punto di vista non solo 1939 (ricordiamo che comunque Mamy è stata la prima attrice di colore a vincere un Oscar) ma soprattutto 1861: per loro la schiavitù era non solo normale, come scrivi anche tu, ma forse non era nemmeno vista come una violenza eccessiva. Insomma, è descritta dal loro punto di vista, e siccome secondo loro non era nulla di male anche nel film appare così.
Scusa il commento fiume, ma è uno dei miei film preferiti ever! Se ti capita leggi anche tutta la vicenda della sua produzione, è davvero interessante soprattutto la parte che parla dei crolli nervosi del regista.
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Non mancherò di leggere le vicende sulla produzione. Questo film ha un sacco di storie da raccontare. Molto bella la tua interpretazione cinica del finale, e devo dire plausibile visto che molto di quello che Rossella apprende è lasciato all’interpretazione dello spettatore, eccezion fatta per l’amore verso Rhett che scopre poi essere reale. Secondo me è la chiave di volta per capire il finale, è il meccanismo che la rende nuova tornando alle sue origini. Ah! l’ho visto in lingua originale, ma ora che mi ci fai pensare anche a me piacciono molto i doppiaggi vecchissimi, ci sta che lo riguardi tra un po’ doppiato.
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Anch’io non l’ho visto. Non rimedierò a breve, ve lo dico.
Era il film preferito di Eva Braun, comunque… 🙂
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Sugli schiavi vi dò ragione in parte.
Oggi diamo un’interpretazione di quasi 100 anni successiva a quella di Via Col Vento, vero, ma non per questo per forza “paracula”. Direi più moderna e attenta ai valori umani. Non dimentichiamoci che gli strascichi dello schiavismo sono stati lunghi, e negli anni ’30 gli afroamericani erano ancora per gran parte privi di diritti civili negli USA (il diritto al voto universale è di metà anni ’60). Quindi non è strano che in un film del 1939 lo schiavismo fosse percepito ancora come una cosa normale e vicina nel tempo. La condizione degli schiavi non è minimamente uno dei temi del film e sicuramente qualche schiavista poteva addirittura pensare davvero che gli schiavi se la passassero anche troppo bene (a seguito di rivolte in alcuni stati potevano addirittura riposare la domenica o avere un limite di lavoro orario – tipo di 18 ore al giorno).
Detto questo la schiavitù degli stati del sud era considerata inumana e esageratamente brutale anche per il newyorkese medio del 1860. Quindi dipingerla come un idillio è abbastanza superficiale. Se nel nostro attuale immaginario abbiamo in mente tutti la schiavitù di 12 Anni Schiavo e di Django, è perchè è un quadro decisamente più verosimile di quello di Via Col Vento (per quello che leggo dalla recensione, non ho visto il film).
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Anche io questo disprezzo per 12 years a slave lo vedo un po’ fuori luogo. Ben vengano film così (ok, il personaggio di Brad Pitt è un po’ troppo on your face, ma vabbeh, c’è di peggio nel mondo!)!
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Non dirlo a nessuno, ma neanch’io l’ho mai visto, almeno interamente, solo a pezzi 😉
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Manterro’ il segreto! Comunque lo, consiglio caldamente!
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