Non si può dire che Post mortem (titolo originale: Emanations) non provi a trattare un tema profondo e delicato. Purtroppo la trama inciampa in vari punti e alla fine non credo sia un episodio che ricorderò molto a lungo…
La USS Voyager si avvicina a un gruppo di asteroidi per esaminare un nuovo elemento apparentemente sconosciuto nel quadrante Alpha. Il primo ufficiale Chakotay si teletrasporta dentro uno di questi asteroidi insieme a B’Elanna Torres e al guardiamarina Kim e fa una scoperta incredibile: ci sono dei cadaveri umanoidi sparsi per le cavità di questa roccia spaziale! Qui è interessante come Chakotay parli di rispetto verso i corpi senza vita facendo leva sulle sue radici di nativo americano, contrapposto al pratico Kim che invece vuole fare ricerca sin da subito. Ma poco dopo ecco l’inevitabile incidente: un qualche problema col sub-spazio, un teletrasporto di emergenza… ma al posto di Kim sulla Voyager si materializza un cadavere!
Qui la storia segue due binari paralleli: in uno stiamo con Kim che viene salutato come un emissario del mondo dei morti da quattro o cinque appartenenti a una civiltà (i Vhnori) che crede che dopo la morte ci si evolva verso uno stato di coscienza superiore. Nell’altro il buon Dottore riporta in vita la Vhnori recentemente deceduta, Ptera (Cecile Callan) per provare a capire dove si trovi lo scomparso Kim e riportarlo a bordo.
Quindi da una parte abbiamo la classica trama che verte sul malinteso “Vieni dall’aldilà!”, “No, vengo dallo spazio!”, “Ma ci si evolve dopo morti?”, “Non lo so, vengo dallo spazio!” che abbiamo visto e rivisto in Star Trek. Dall’altra abbiamo la Voyager che fa di tutto per cercare Kim anche usando la spaurita Ptera (un personaggio comunque poco memorabile) ma non riesce a cavare un ragno dal buco. Alla fine tutto si risolve in modo rocambolesco con Kim che riesce a sostituirsi ad un Vhnori per farsi spedire, morto (ma sicuro che il Dottore lo riporterà in vita), verso gli asteroidi con la speranza di essere trovato dai suoi compagni di equipaggio, cosa che puntualmente accade.
Cosa si salva di questo episodio? Poco. Si salva il tanatologo (ho appena scoperto che la tanatologia è lo studio della morte e delle successive modificazioni del corpo, fonte Wikipedia) Neria giusto perché interpretato dal mitico Jerry Hardin, cioè Deep Throat della prima stagione di The X-Files (ma nominato anche nella spettacolare undicesima stagione nell’episodio This). E poi i momenti migliori sono offerti dall’interazione tra Kes e il Dottore, dai ragionamenti iniziali di Chakotay sul rispetto delle culture aliene, e dal dialogo finale tra Janeway e Kim con la prima che prova a dimostrare un po’ di empatia col suo sottoposto: dopotutto è appena morto e resuscitato, non capita tutti i giorni!
Ma purtroppo Post mortem è un’occasione sprecata (nonostante la storia arrivi direttamente da Brannon Braga) e non ci lascia un messaggio interessante sull’evoluzione della specie così fortemente presente nella cultura Vhnori e che si sarebbe potuta allacciare benissimo alle varie elucubrazioni del capitano Picard negli incontri/scontri con Q. In fondo, la filosofia di Star Trek prevede che le razze umanoidi aspirino a diventare qualcosa di più profondo, forse incorporeo (vedi anche la fine di Wesley Crusher in Journey’s End, La fine del viaggio, settima stagione di The Next Generation). In questo episodio non troviamo nulla di tutto questo. Non ci resta che continuare il nostro viaggio verso casa… ciao!
PS: Nella puntata del podcast The Delta Flyers dedicata a questo episodio, Robert Duncan McNeill e Garrett Wang parlano a lungo di David Livingston, regista che ha dato tantissimo a Star Trek. Apparentemente, Livingston era un perfezionista e gli piaceva usare lenti alternative come grandangoli e lenti capaci di mettere a fuoco due piani differenti. McNeill in particolare (essendo adesso regista) si ricorda dei conflitti tra Livingston e Marvin V. Rush, direttore della fotografia che era costretto a cambiare tutte le luci del set per permettere al regista di usare grandangoli che mostravano molto di più delle lenti normali!
Episodio precedente: Un testimone insolito
Episodio successivo: Fattori primari
Che questa serie fosse ancora “giovane” lo dimostra anche il modo in cui viene qui trattata la tematica post-mortem, appunto: lo stesso Brannon Braga, evidentemente ancora alla ricerca di un approccio adatto a non far sembrare gli episodi delle mere fotocopie di quelli di TNG e DS9, fatica a dare un vero spessore al tutto e, se non fosse per la convincente performance dei protagonisti (Jerry “Deep Throat” Hardin in testa) principali, si potrebbe tranquillamente passare oltre… fortunatamente il tema verrà trattato ancora in modo più maturo -nonché, almeno in parte, più amaro- quando ci sarà di mezzo Neelix. Quanto alla filosofia Trek circa l’aspirazione senziente al raggiungimento di stadi successivi e non più necessariamente legati alla corporeità, la troverai pienamente rispettata pure in Voyager, in special modo riguardo a un personaggio al quale ti consiglio di non affezionarti troppo (chi sarà mai?) 😉
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Eh, non lo so! La mia Kes? Per ora è il mio personaggio preferito e si è accennato a dei suoi poteri mentali… ma in realtà spero vanamente che Janeway se ne vada in un’altra dimensione e venga rimpiazzata con un capitano degno di questo nome! Ma so che non succederà! X–D
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