Lo dico subito: Miri, l’ottavo episodio della prima stagione di TOS, mi è piaciuto moltissimo. C’ho visto dentro sia un po’ di The Last Man On Earth con Vincent Price (uscito nel 1964, due anni prima dell’inizio di Star Trek), sia un po’ di Night Of The Living Dead di George Romero (quello sarebbe uscito due anni dopo Miri), sia ¿Quién puede matar a un niño? di Narciso Ibáñez Serrador (di ben dieci anni dopo). Eppure è anche un episodio che parte da un punto A e arriva al punto B passando per X, F e J in ordine sparso, lasciando per strada molteplici e dovute spiegazioni. Mi spiego.
La USS Enterprise durante la sua missione di cinque anni per cercare nuove forme di vita e nuove civiltà si imbatte in un pianeta che… è identico alla terra! Stessi continenti, stessi oceani, tutto uguale! Un inizio bomba, un preambolo che mi ha messo una curiosità incredibile addosso. Che trama fantascientifica spiegherà l’esistenza di una seconda Terra? La risposta è semplice: nessuna. Infatti questa idea viene usata soltanto per ambientare la puntata in una specie di Terra post-atomica in cui una catastrofe ha fermato il mondo agli anni 60. Peccato. Kirk scende sul pianeta in un villaggio degli Stati Uniti (ma guarda un po’ che casualità) insieme a Spock, McCoy, la Rand (trattata così male ne Il duplicato) e due red shirt (che, spoiler, non muoiono! Incredibile!) e subito i nostri eroi si imbattono in una povera creatura che muore davanti ai loro occhi apparentemente per un processo di invecchiamento incredibilmente veloce, di anni e anni in questione di secondi.
Che sta succedendo su questo pianeta? Grazie all’incontro con Miri (Kim Darby), un’adolescente che subito si innamora del bel capitano, piano piano si scopre che gli unici esseri viventi sono i bambini e gli adolescenti che, a causa di un esperimento di laboratorio andato malissimo, invecchiano lentissimamente e appena entrano nella pubertà muoiono nel giro di pochi giorni per il processo inverso (i bambini chiamano queste creature destinate alla morte grups). E anche i nostri eroi sono infetti! Quindi parte una corsa contro il tempo per trovare un antidoto (McCoy lo chiama vaccino, ma visto che alla fine è una cura di una malattia in corso, mi sembra più preciso chiamarlo così), complicata da un gruppo di bimbi capitanati da un trentenne (Michael J. Pollard, che secondo i creatori dello show dimostra tredici anni: no, ne dimostra trenta, ovviamente) che ne sabota le operazioni. Naturalmente McCoy avrà successo e alla fine la USS Enterprise si allontanerà con l’intenzione di mandare sul pianeta medici e insegnanti per far rinascere la civiltà (sembra che la Prima Direttiva ancora non fosse una cosa molto seria).
In tutto questo, abbiamo la Rand che confessa il suo amore a Kirk (dicendo che ha sempre voluto che lui le guardasse le gambe!), Kirk che sviluppa una bella relazione padre-figlia con Miri e che riesce a trattare bene anche il resto dei bambini nonostante la loro iniziale ostilità, McCoy che risolve la situazione e dimostra il suo coraggio nel testare su di sé l’antidoto creato, e Spock che interagisce in maniera interessante col suddetto McCoy. Ma allo stesso tempo ci sono anche un sacco di cose che non tornano, come il fatto che per 300 anni i bambini hanno sopravvissuto senza produrre cibo, o il mistero sul perché il pianeta sia di fatto una seconda Terra. Però è un episodio che ha un suo incanto, ha una sua atmosfera, dà un bel senso di avventura, mistero e anche terrore. Un episodio, credo, che non dimenticherò tanto facilmente. Ciao!
PS: ma perché avranno fatto questa cosa della seconda Terra? Per dimostrare che le cose potrebbero andare molto male qui da noi continuando con i vari esperimenti scientifici e militari (c’era la Guerra Fredda quando uscì questo episodio)? Chissà…
Episodio precedente: Gli androidi del dottor Korby
Episodio successivo: Trasmissione di pensiero
La seconda Terra? Pragmaticamente mi verrebbe da dire che, in una serie a budget non elevato e con stretti tempi di lavorazione, riutilizzare due volte lo stesso pianeta non è una scelta così misteriosa… 😉
A parte scherzi, nell’adattamento che James Blish fece di questo episodio si parla di un pianeta molto simile (non identico) alla Terra, scelto per questo motivo dai primi coloni avventuratisi fuori del nostro sistema solare, i quali costruirono i loro insediamenti secondo i dettami architettonici e urbanistici dell’epoca. Che però Blish collocava nel 2100 e non ovviamente negli anni ’60 (molto più economici da realizzare a livello scenografico e quant’altro, credo), mantenendo comunque intatto l’impianto generale dell’episodio…
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Ahahah! Ma infatti è chiaro che era una scelta dettata dal budget, però mi sarei immaginato almeno un tentativo di spiegazione, che so io, una dimensione parallela, un pianeta artificiale fatto da qualcuno o qualcosa… e invece niente, proprio il silenzio assoluto! X–D
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Beh, tieni conto che io avevo letto l’adattamento di Blish prima di vedere l’episodio, quindi mi ero illuso di sapere già tutto e invece, poi… quel suo pianeta nell’episodio nemmeno c’era! 😀
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Mi è piaciuto molto, soprattutto per come i personaggi interagiscono tra di loro e cercano di venire a capo del problema. Mi ha ricordato molto “il signore delle mosche” di Golding per molti aspetti.
Per me è stato fatto anche per far vedere a quali disastrosi risultati può raggiunge la scienza se non è sorretta da una solida morale e senso critico. In fondo questi volevano realizzare uno dei sogni da sempre cullati dall’umanità, vivere per sempre (quindi sovvertire il naturale corso degli eventi).
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Bello il parallelo con Il signore delle mosche, ci sta tutto!
Concordo sul messaggio che hai letto in questo episodio, anche per me il tema è quello, anche se qui l’ho messo in relazione alla corsa agli armamenti della Guerra Fredda. :–)
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