Tarantino: A retrospective (recensione del libro)

IMG_20190211_121341Tom Shone è un critico cinematografico che, dopo aver pubblicato due retrospettive rispettivamente su Martin Scorsese e Woody Allen, ne ha scritta una terza sul grande Quentin Tarantino (uscita negli  Stati Uniti a fine 2017 e in Spagna nel 2018 per la Blume – una rapida ricerca su Google mi suggerisce che in Italia non ve ne sia ancora traccia). Il libro è un bellissimo oggettone di più di 250 pagine di formato gigante di pregevole qualità e si presenta davvero bene a livello visivo con una serie di fotografie e fotogrammi di Tarantino e delle sue opere, oltre ad un testo interessante. Ciò ne rende piacevole anche soltanto sfogliarne le pagine dando un’occhiata alle immagini, e visto che ho appena finito di leggerlo eccomi a scriverne due righe sul blog.

Libro aperto
Un esempio del contenuto del libro di Tom Shone su Quentin Tarantino.

Il libro comincia con cinquanta pagine contenenti un’introduzione su Quentin Tarantino e due sezioni sui suoi primi anni nel mondo del cinema e sulle sue prime sceneggiature (per esempio, scrisse sia True Romance, l’orrido titolo italiano è Una vita al massimo, sia una prima versione di Natural Born Killers, film poi che furono diretti rispettivamente da Tony Scott e da Oliver Stone). Personalmente, amando tutti e otto i film di Tarantino e avendoli visti più volte (e avendone letto parecchio), trovo che questa prima parte del libro sia la più interessante, visto che conoscevo la sua storia personale ma non in così grande dettaglio. Tom Shone racconta per filo e per segno tutte le coincidenze e le sliding doors della vita che hanno portato questo nerd di film di serie B a diventare uno dei più grandi registi della storia del cinema.

Prima del successo, infatti, il buon Tarantino arrivò a lavorare come maschera in un cinema a luci rosse (uno dell’ormai scomparsa catena Pussycat, in California – suo malgrado, visto che dichiarò che quando finalmente riuscì a lavorare in un cinema era un cinema che proiettava gli unici film che non voleva vedere!) e distribuì questionari in un centro commerciale per ricerche di mercato. E poi a soli 21 anni finì nel famoso videonoleggio Video Archives di Manhattan Beach. Scrivo “famoso” perché se avete familiarità con la vita del regista saprete che è in quel videonoleggio che cominciò a scrivere sceneggiature e a coltivare l’idea di fare cinema.

E poi ecco che il libro ci offre otto capitoli, uno per ognuno degli otto film diretti da Tarantino, più un capitolo “bonus” su Four Rooms (di cui diresse il segmento finale) e From Dusk Till Dawn (Dal tramonto all’alba, di cui scrisse la sceneggiatura e in cui fece una parte secondaria con l’amico Robert Rodriguez alla regia). Chiude il libro un breve epilogo con i possibili progetti futuri di Tarantino che fa molto ridere perché ne menziona una decina ma non il Once upon a time in Hollywood su cui sta lavorando proprio in questi giorni. D’altronde il folle regista statunitense è assolutamente imprevedibile!

Ognuno degli otto capitoli specifici sui film (da Reservoir Dogs, Le iene, a The Hateful Eight) racconta la genesi del film, cosa sia successo tra il primo giorno di riprese e la fine della fase di post-produzione, e come sia stata l’accoglienza da parte di critica e pubblico. Lo fa usando interviste a coloro che hanno partecipato alla realizzazione del fim e anche riprendendo articoli e recensioni varie, creando una specie di collage di informazioni che non può non risultare interessante. Gli aneddoti si sprecano!

Quello che più mi ha colpito è scoprire come Tarantino crei le idee per le sue sceneggiature (prendendo molto dalla sua vita privata, ma forse in ugual maniera dalla sua vastissima conoscenza cinematografica), come arrivi a scegliere gli attori con cui vuole lavorare, e anche come molti dei suoi film siano stati mal accolti dalla critica una volta usciti nelle sale. Sono sempre stato abituato a pensare a Quentin Tarantino come un grande maestro, ma è illuminante vedere come le opinioni su di lui siano sparse lungo l’intero arco critico, da maestro a buffone, dipendendo dalle persone a cui si chieda un parere sulle sue opere.

Inoltre mi ha fatto piacere leggere Tarantino: A retrospective perché dà un’idea dell’organicità dell’intera filmografia del regista. Sono abituato a pensare ad un film come un’opera fatta e finita ma in realtà non è possibile vederla isolata dal resto della produzione dell’artista che l’ha creata. Così come un quadro di Van Gogh assume più dimensioni di lettura se si conosce la vita dell’artista e in che periodo e in che luogo l’ha dipinto, così rendersi conto del percorso che ha portato Tarantino a fare i film che ha fatto (e nell’ordine in cui li ha fatti) ha illuminato dei lati della sua filmografia che non avevo considerato prima. Per concludere, consiglio a chiunque sia appassionato di cinema (o di fotografia! Le immagini sono davvero belle) la lettura di questo libro, non credo che ve ne pentirete! Ciao!


9 risposte a "Tarantino: A retrospective (recensione del libro)"

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