Green Book: recensione del film

green-book-oscar-vinder-viggo-mortensen-mahershala-ali-filmz-1000x558Premio Oscar come miglior film nel 2019 oltre che per migliore sceneggiatura e miglior attore non protagonista, al centro di polemiche più o meno sensate sul tema del razzismo, 150 milioni di dollari incassati nel mondo… alla fine sono andato anche io a vederlo questo Green Book diretto da Peter Farrelly e con Viggo Mortensen e Mahershala Ali come protagonisti. E mi ci sono divertito un casino!

Mettiamo subito le cose in chiaro: per me questo film è un’ottima commedia e un perfetto buddy movie. Io adoro i buddy movie: ho in mente roba come 48 Hrs. (48 ore, 1982) di Walter Hill e Lethal Weapon (Arma letale, 1987) di Richard Donner, così come Hot Fuzz (2007) di Edgar Wright e Die Hard With A Vengeance (Die hard – Duri a morire, 1995) di John McTiernan. E nel DNA mi è stato inserito a forza il gene Bud Spencer & Terence Hill, visto che la TV italiana mandava i loro film che nemmeno fosse pagata proprio quando io ero nell’età dello sviluppo (non so se lo faccia ancora). E in Green Book ecco la formula vincente: metti insieme un italo-americano grasso e grezzo e un ricco artista di colore istruito ed elegante e falli viaggiare per gli Stati Uniti. E via, è fatta, sono risate assicurate!

Tony Vallelonga (detto Tony Lip, interpretato da un Viggo Mortensen di 23 kg più pesante del normale) è un corpulento italo-americano che si arrangia per campare una famiglia facendo qualsiasi lavoro, dal buttafuori all’autista di camion della spazzatura. Don Shirley (Mahershala Ali) è un talentuoso suonatore di pianoforte di colore che sta per fare un tour negli Stati Uniti del sud e ha bisogno di un autista/guardia del corpo. All’inizio Shirley disprezza Vallelonga per la sua ignoranza e Vallelonga disprezza Shirley per il suo essere di colore, ma naturalmente alla fine del viaggio saranno amiconi e ne avranno passate tante insieme che ci sarà una grande complicità tra i due. Insomma, tutto quello che ci si può aspettare da un feel-good movie, un film per sentirsi bene e felici. Senza dimenticare lo sfondo della storia che offre un intelligente commentario sociale sul razzismo negli Stati Uniti nei primi anni Sessanta, naturalmente! Lo stesso green book del titolo, il libro verde, era una guida per gli afroamericani che volessero viaggiare negli stati del sud senza incappare in problemi a causa del colore della loro pelle.

Infatti, e togliamoci subito questo argomento di torno, secondo me le polemiche di Spike Lee sul fatto che il tema del razzismo non va trattato in questo modo ma che invece va mostrato nudo e crudo come ha fatto nel suo meraviglioso BlacKkKlansman. Mah… ci sta che abbia ragione, ma per me Peter Farrelly voleva una commedia che trattasse di razzismo, non un film sul razzismo di denuncia come quello di Spike Lee! Io sono uscito dal cinema dopo BlacKkKlansman intristito e arrabbiato, mentre dopo Green Book avevo il sorriso sulle labbra e ancora ripensavo alle battute del film che più mi avevano fatto ridere. Siamo proprio su due generi diversi! E il fatto che il film l’abbia scritto il figlio di Tony Lip che semplicemente voleva raccontare di come era nata l’amicizia tra suo padre e Shirley secondo me dimostra ancora di più le intenzioni “innocenti” di Peter Farrelly nel fare questo film. Lo stesso Peter Farrelly d’altronde non è conosciuto per i suoi drammi, tutt’altro! Ha firmato film come Dumb and Dumber (Scemo e più scemo, 1994) e There’s Something About Mary (Tutti pazzi per Mary, 1998)!

Tornando al film, credo che i due attori principali abbiano lavorato meravigliosamente. Ali ha una classe e un portamento davvero portentosi, mantiene un carisma eccezionale per tutto il film ed in ogni situazione. E Viggo riesce ad essere credibile come italo-americano pur non essendolo. Ho letto che per avere l’accento giusto si è guardato tutti gli episodi dei Sopranos con Tony Lip (sì, il vero Tony Lip ha lavorato nei Sopranos)! E l’ha fatto bene, tanto che si dice che il figlio di Tony abbia passato un sacco di tempo a piangere durante il rodaggio del film per quanto somigliassero Viggo Mortensen e Linda Cardellini ai suoi veri genitori.

La sceneggiatura è, nella sua semplicità, perfetta. Ci sono battute splendide, a volte che fanno addirittura riferimento a dialoghi avvenuti anche più di un’ora prima (il dankeschön detto da Tony nel brindisi prima del concerto finale fa ridere un sacco ricordando il primo dialogo tra Tony e Shirley sul russo e il tedesco!), e alcune scene sono memorabili. Per esempio, quando Tony incontra i suoi amici di New York il dialogo tra lui e Shirley che prova a convincerlo a stare con lui offrendogli più soldi è struggente. Divertente anche lo sketch della pistola (I knew you had a gun!), anche se a dir la verità sarebbe dovuta saltar fuori all’arresto di Tony per aver preso a pugni l’agente della polizia.

Tra l’altro trovo interessante che la sceneggiatura l’abbia scritta il figlio di Tony Lip: questa è la storia che gli ha raccontato suo padre, che era notoriamente un contafrottole. Quanto di quello che stiamo vedendo è la versione di Tony raccontata al figlio, e quanto è accaduto realmente? Pare che Don Shirley abbia dato l’autorizzazione a Nick Vallelonga a fare il film solo dopo la sua morte, ma la famiglia di Shirley si è arrabbiata non poco con il trattamento riservato allo stesso Shirley nel film. A chi dobbiamo credere? E, soprattutto, ci deve importare? Credo di no. Green Book non è un documentario: è un film che fa ridere quando deve far ridere e fa pensare quando deve far pensare (aiutando fin troppo lo spettatore, con dialoghi scritti affinché il messaggio arrivi proprio a tutti). Un film secondo me riuscito, con una colonna sonora devastante, e consigliabilissimo, ciao!

PS: kiss the kids!


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14 risposte a "Green Book: recensione del film"

  1. in fondo hai ragione, su questo film ci si è scagliati con troppa acrimonia ma in fondo è tutt’altro che un brutto film, è una commedia piacevole, un road movie anche per certi versi interessante…
    semplicemente – e a mio parere – non meritava di vincere l’oscar al miglior film… ma su questo entrano in gioco altri discorsi…
    ciao…

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  2. Grazie per il riferimento al mio articolo!
    Sono d’accordo, ovviamente, con quello che hai scritto, e anche con la risposta che hai dato a Vincenzo (che tra l’altro, inizia a essere inquietante come anche qui ci si conosca tutti; sembra di essere in un piccolo paese e di trovarsi al bar!): ormai è meglio lasciar da parte i premi e concentrarsi sui singoli film. Così, almeno, anche Green Book può vedersi riconosciuti i suoi meriti, che ci sono e sono importanti al di là di quanto rubato sia il suo premio. Credo, ad esempio, che questa sia la volta in cui ho davvero imparato ad ammirare Mahershala Ali, che prima mi piaceva ma in modo contenuto.

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    1. Figurati! E’ vero che siamo come in un bar cinefilo virtuale, e mi piace! :–D

      Altri blog o siti più grandi sono un po’ poco personali (tipo sentieri selvaggi, per dirne uno), magari ricchi di informazioni, ma è più difficile instaurare dialoghi.

      Per curiosità, che altri blog/siti di cinema spulci oltre a noi del bar? :–)

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      1. Ho dato una spulciata a Sentieri Selvaggi (che non conoscevo) ed effettivamente mi sembra più un sito da consultare senza aspettarsi una gran conversazione.

        Sai che ci sto pensando ma secondo me tutti i siti che frequento ho trovato qualcuno del bar? Così su due piedi mi viene in mente GramonHill, che verso la fine dell’anno scorso ha fatto un lavorone immenso per stilare una top ten cinematografica per ogni decennio del Novecento.

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  3. Interessante la definizione di Buddy movie. Non ci avevo pensato, ma a pensarci bene ci sta. Per quanto riguarda le polemiche sono d’accordo con te. Spike Lee ha fatto un film molto più incisivo ma bisogna valutare anche il tipo di approccio che un regista vuole adottare verso il proprio film. Io penso che Farrelly non abbia mai voluto fare “IL” film sul razzismo ma semplicemente “UN” film. Con una strizzatina d’occhio all’academy, sulla falsariga di The help. Ad ogni modo è un film gradevolissimo che ti fa uscire di sala col sorriso.

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    1. Assolutamente d’accordo con te!!! Bufo che mi nomini The help, l’ho visto da poco (ma mi è piaciuto molto meno di Green book, ad essere onesti)! Grazie della lettura e del commento!!!

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  4. Un Oscar alla Miglior opera più che giusto. I migliori in assoluto per me erano La Favorita e First Man, poi Roma, Vice e proprio Green Book, ma quest’ultimo ha dalla sua parte due protagonisti fenomenali e soprattutto il fatto che la questione razziale americana sia trattata con brillantezza e in maniera originale, ma senza perdere nulla in efficacia.

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