Che strano episodio questo Il volto del terrore (The Thaw, in inglese, ovvero Il disgelo). Un episodio che comincia bene, in maniera molto classica, e ha un finale splendido, ma che per la maggior parte del tempo mi ha fatto venir voglia di fracassare lo schermo tirandoci contro il telecomando. Parliamo della trama dell’episodio.
La USS Voyager arriva ad un pianeta dove ci sono dei chiari segni di una civiltà scomparsa a causa di un’immane catastrofe ambientale. Harry Kim però riceve una comunicazione automatica dalla superficie e poco dopo scopre che ci sono dei segni di vita molto deboli. Apparentemente, almeno alcuni degli abitanti dell’antica colonia commerciale di Kohl (almeno queste sono le informazioni in possesso di Neelix) si sono ibernati e hanno programmato il risveglio a quindici anni dalla catastrofe. Ma qualcosa è andato storto perché di anni ne sono già passati diciannove… che fare?
Per non farsi mai gli affari propri, Janeway ordina di teletrasportare a bordo un apparato con cinque capsule di ibernazione con dentro tre umanoidi vivi, pur se in stasi, e due cadaveri, apparentemente morti per degli shock. Tra i sopravvissuti c’è anche Viorsa (Thomas Kopache) che avevamo visto nel messaggio ricevuto da Kim. E questa scoperta porta il capitano ad ordinare a Kim e Torres di entrare nel sistema che tiene in vita i tre, una sorta di Matrix in cui probabilmente le cose sono andate molto male. E poi… l’aggettivo che meglio descrive i seguenti venticinque minuti di episodio è cringeworthy, cioè un misto tra fastidioso e imbarazzante. Il mondo virtuale in cui gli abitanti del pianeta si sono rifugiati per quindici anni (almeno questo era il piano) è una stanza con dei giocolieri del circo vestiti in modo assurdo e una musica continua da strapparsi le orecchie.
Tralasciando i dettagli, la Paura ha preso possesso del mondo virtuale, interpretata in una maniera totalmente sopra le righe da Michael McKean. E questo porta ad un finale che fa rivalutare l’intero episodio: Janeway sconfigge la paura con un semplice trucco, salva due dei sopravvissuti alla catastrofe (che non so come faranno a ricostruire una civiltà), e il dialogo finale con le luci che si spengono lentamente è letteralmente da brividi.
Paura: “What will become of us — of me?” (Che succederà di me?)
Janeway: “Like all fear, you eventually… vanish.” (Come tutte le paure, alla fine… scomparirai.)
P: “I’m afraid.” (Ho paura.)
J: (whispered) “I know…” (sussurrando: Lo so…)
Basta quest’ultima parte a risollevare il mio giudizio su Il volto della paura? Temo di no… non ho nessuna voglia di riguardare questo episodio, e se dovessi farlo credo che andrei direttamente alla scena finale con una strepitosa (per una volta) Kate Mulgrew e con una scelta di regia davvero azzeccata. Mi viene in mente che forse l’ambientazione da circo è un omaggio alla serie originale con alcuni personaggi che sembravano usciti da un circo di truffatori dell’Ottocento (come per esempio Mudd de Il filtro di Venere, prima stagione), ma comunque non basta. Da segnalare anche altri dialoghi intelligenti sulla paura durante l’episodio, sul fatto che non sia un sentimento del tutto negativo perché abbiamo bisogno anche della paura per decidere cosa fare nella vita… ma tra la colonna sonora e l’interpretazione teatralissima delle comparse, credo che non riguarderò più questo episodio! Ciao!
PS: La puntata del podcast The Delta Flyers dedicata a Il volto del terrore è a dir poco eccezionale. McNeill e Wang hanno come ospite il regista della puntata (e direttore della fotografia della serie tutta) Marvin V. Rush. Affascinante scoprire come per fossero stati contrattati alcuni artisti del Cirque du Soleil come comparse, che fosse stata utilizzata un’orchestra con sessanta componenti per la colonna sonora, e che Rush stesso avesse usato 8 1/2 di Federico Fellini (1963) come ispirazione per un episodio che ha una continuità emotiva, ma rompe volutamente quella fisica in più parti (perché ambientato per lo più in un sogno o, come lo definisce Rush, un videogioco).
Episodio precedente: Il ciclo della vita
Episodio successivo: Tuvix
Mmh, temo che il mondo da “incubo” generato dall’intelligenza artificiale (come adattamento in negativo agli anni di stasi prolungata) fosse più che altro il massimo ottenibile per via del budget a disposizione e delle limitazioni imposte dall’essere comunque una serie per un vasto pubblico: se ostentata teatralità e musichetta “discordante” erano ammesse e pensate per creare la sensazione di qualcosa di sbagliato e inquietante, scelte differenti avrebbero molto probabilmente fatto scattare mannaie censorie… lo stesso dicasi per lo psicopatico clown di Michael McKean, un simil-Freddy Krueger a cui difficilmente poteva essere concesso altro che violenza “suggerita” o “fuori campo” (con il nostro Dottore a fare da argine nel caso del sempre fortunato Harry Kim 😀 ). Resta il fatto che il finale è davvero da brividi… comunque, nonostante tutto, questo è un episodio che io mi riguarderei 😉
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Si, purtroppo qui il budget limitato si fa sentire, insieme a una colonna sonora che è davvero urticante per i miei gusti. Non che la colonna sonora sia mai stata il punto forte di Star Trek (se non ricordo male qualcuno tra Rick Berman e Michael Piller a un certo punto dette istruzioni dirette di fare colonne sonore non memorabili per non distrarre l’attenzione dai contenuti, ma potrei sbagliarmi), ma in questo episodio è da mal di testa!
Detto questo, ci sono dei dialoghi davvero belli e si, il finale è da brividi!!!
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