Snowpiercer: recensione del film

maxresdefaultSnowpiercer è un film del 2013 diretto da Bong Joon-ho tratto da una graphic novel francese pubblicata pochi anni prima intitolata Le Transperceneige, di Jean-Marc Rochette. Si tratta di un film di fantascienza con un cast d’eccezione: oltre a Chris Evans protagonista, ecco, tra gli altri, John Hurt, Tilda Swinton, Jamie Bell e Ed Harris. E di che tratta Snowpiercer?

Si potrebbe descrivere come una storia ambientata in un futuro distopico dove gli ultimi sopravvissuti della razza umana vivono a bordo di un treno che viaggia a forte velocità per il mondo ormai ghiacciato senza fermarsi mai. Il treno, scopriamo poco a poco, fu costruito da tale Wilford, un visionario che fu inizialmente deriso ma che dimostrò di avere avuto l’intuizione giusta: è grazie a lui e a questa sua moderna arca di Noè che l’umanità non si è estinta (il film comincia 17 anni dopo il disastro ambientale). Negli ultimi vagoni ecco Curtis (Chris Evans) che sta pianificando una rivoluzione col suo amico Edgar (Jamie Bell) e con la benedizione del vecchio Gilliam (John Hurt). Il piano è semplice: arrivare con la forza ai primi vagoni ed impossessarsi del motore per comandare il treno. Per aiutarli risulterà fondamentale l’apporto di Namgoong Minsoo (Kang-ho Song), colui che progettò buona parte del treno stesso.

Questo è un modo di vedere Snowpiercer: un film d’azione fantascientifico ambientato in un futuro ipotetico dove un tentativo di risolvere il problema del global warming ha estinto quasi del tutto la vita sul pianeta.

Un altro modo altrettanto giusto di vedere Snowpiercer è il seguente. È un film in cui l’umanità (i passeggeri del treno) vive in una condizione di tremenda disuguaglianza e in cui i problemi legati alla sovrappopolazione stanno causando un collasso della Terra (il treno). Una rivoluzione dal basso fatta dai più poveri ed emarginati si rivelerà essere qualcosa di inaspettato nello spettacolare, e non troppo pessimista, finale che mi ha ricordato quello di Nausicaa di Miyazaki (la graphic novel, non il lungometraggio). D’altronde, come non si stanca di ripetere Neil Gaiman, la science fiction non ha mai realmente parlato del futuro, bensì del presente! Lo faceva Gene Roddenberry col suo Star Trek antirazzista e pacifista, lo faceva Terry Pratchett per cui il Discworld (Mondo Disco) altro non era che una scusa per parlare del nostro Mondo, e così anche Bong Joon-ho usa questa storia per parlare di ambiente e di lotta di classe (un argomento a lui caro, si veda il blasonato Parasite del 2019). E lo fa alla grande!

Snowpiercer ha scene d’azione girate divinamente (che evitano tagli continui e seguono i personaggi per farci capire cosa sta succedendo), una trama con parecchi colpi di scena che funzionano dall’inizio alla fine (ogni nuovo vagone è storia a sé), protagonisti ed antagonisti sfaccettati e assoolutamente non monodimensionali (basti pensare al passato burrascoso di Curtis), dei messaggi intelligenti e ben costruiti (le metafore non sono solo quelle che ho elencato all’inizio: il sushi mangiato due volte all’anno è un altro parallelo, stavolta con le periodiche rivoluzioni sul treno), e delle performance attoriali non da poco (splendida, per dirne una, Tilda Swinton)! Se non vi basta per convincervi a guardare questo film, non so cos’altro dirvi… ciao!

PS: i disegni fatti da uno dei personaggi del film che ritraggono i vari passeggeri del treno sono fatti proprio dall’autore della graphic novel Jean-Marc Rochette!

PPS: il nome del personaggio di John Hurt non è casuale, ma un omaggio al mitico Terry Gilliam che di film con futuri distopici ce ne ha regalati già un bel po’ (da Brazil nel 1985 a The Zero Theorem nel 2013, passando per 12 Monkeys, L’esercito delle 12 scimmie, nel 1995).


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20 risposte a "Snowpiercer: recensione del film"

    1. A me il finale in cui si sovverte tutto l’ordine costituito mi ha lasciato di stucco, l’ho trovato davvero geniale! Come detto, un finale simile alla graphic novel di Nausicaa, e a molte altre cose, ma il messaggio di sovvertire il sistema e di non subirlo mi è sembrato davvero ben veicolato.

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