Rashomon è un film diretto da Akira Kurosawa che uscì nel 1950 e fu pluripremiato in una moltitudine di festival cinematografici occidentali, tanto che si considera il film che riuscì a proiettare il cinema giapponese sul mercato internazionale. Rashomon è a dir poco epocale e modernissimo e ha avuto, e continua ad avere, un’influenza notevole sul cinema e sulla cultura in generale (basta menzionare il cosiddetto effetto Rashomon, quando ci sono più versioni di una stessa storia – anche se forse dovremmo parlare di effetto Pirandello visto che il suo Così è se vi pare è del 1917…)! Ma partiamo dalla trama del film di Kurosawa.
Per ripararsi dalla pioggia torrenziale, tre persone si trovano sotto le rovine di una porta di una città (che in giapponese si dice rashomon, appunto). Due di loro, un religioso (Minoru Chiaki) e un taglialegna (Takashi Shimura), sono scossi da un evento appena successo. Quando una terza persona si unisce a loro (Kichijiro Ueda), comincia il racconto di tale evento che scopriamo essere un omicidio (o un suicidio?), che poi scopriamo essere accompagnato anche da uno stupro (o è stato amore consensuale?).
Raccontata prima da un criminale (Toshiro Mifune), poi dalla moglie del morto (Machiko Kio), e poi dal morto stesso, un samurai (Masayuki Mori), attraverso una veggente, e infine dal taglialegna che ritratta una sua prima versione incompleta dei fatti, la storia cambia a seconda del narratore e quindi, essenzialmente, ci sono quattro storie in totale (erano sette nel racconto originale scritto da Riunosuke Akutagawa nel 1921). Quale è quella vera? E chi lo sa? Ed è importante? Forse no, comunque ognuno può farsi l’idea che vuole, anche se forse l’ultima versione risulta la più credibile…
Potrà sembrare strano, o forse no visto che parliamo di Akira Kurosawa, ma questo film del 1950 (settant’anni fa!) è modernissimo. Forse non sarà stato il primo film a narrare una storia in maniera assolutamente non lineare e con l’uso di flashback (esempi precedenti si possono trovare sia in Citizen Kane, Quarto potere, del 1941, o Stage Fright, Paura in palcoscenico, dell’eterno innovatore Alfred Hitchcock, di pochi mesi precedente), ma qui i flashback sono al servizio della narrazione come probabilmente non si era mai visto prima in quanto servono a delineare la psicologia dei personaggi che di volta in volta assumono il ruolo del narratore.
Certo, forse gli spettatori odierni storceranno la bocca di fronte alle teatrali interpretazioni dei vari attori, ma in realtà a me sono sembrate tutte perfette per dare l’idea di un Giappone medievale brutale e meschino. Pare che Kurosawa avesse chiesto a Mifune di interpretare il suo bandito come fosse un leone, per esempio, e da lì eccone la mimica esagerata e la risata forzata. In modo simile, la donna è passionale quando chiede di uccidere il marito e sottomessa quando chiede a quello stesso marito di toglierle la vita, mentre il taglialegna e il religioso hanno solo un tratto su cui lavorare, ovvero l’umiltà e la tristezza, rispettivamente. Tra l’altro nella versione del combattimento tra il samurai e il bandito in cui entrambi sembrano dei codardi io c’ho rivisto tantissimo il duello tra Vittorio Gassman e Gian Maria Volonté in L’armata Brancaleone di Monicelli, 1966. Magari semplicemente sia Kurosawa che Monicelli avevano un’idea dei rispettivi passati meno poetica di altri, ma chissà, forse era una specie di omaggio di Monicelli a Kurosawa…
Passando ad altro, credo invece che tutti non potranno che meravigliarsi di fronte alla fotografia e alle luci di questo film. La foresta è splendidamente riportata sullo schermo (e pare che non sia stato facile girare lì a causa di sanguisughe e lumache che infestavano il posto) e le luci sono sempre nei punti giusti per aiutare la trama (come quando illuminano la bianchissima coppia del samurai e di sua moglie in contrapposizione all’oscuro bandito che sta correndo verso di loro con intenzioni losche).
Insomma, tecnicamente il film è una bomba. Inoltre anche in quanto a contenuti non si scherza, con questa visione grigia dell’umanità sempre intenta a mentire, rubare e a fare guerre parzialmente redenta da un finale positivo in cui non solo spunta il sole dopo una pioggia torrenziale, ma il religioso cambia idea sulla Terra come un inferno grazie all’amore di un padre verso un bebé indifeso.
Io consiglio a chiunque ami il cinema di guardare questo film giapponese girato in bianco e nero nel 1950 (a proposito, è difficile non leggere nelle rovine della città una visione del Giappone appena uscito dalla seconda guerra mondiale). Queste sue caratteristiche all’apparenza antiquate faranno certamente storcere la bocca a molte persone, e a queste persone io dico: “Lasciatevi stupire”. Rashomon è semplicemente splendido, un capolavoro come pochi! Ciao!
Link esterni:
- Trailer del film su Youtube
- La pagina del film su Internet Movie DataBase
- Recensione del film su Lettere di transito
- Recensione del film su Quinlan.it
- Recensione del film su Effetto notte
- Recensione del film su Gli spietati
- Recensione del film su Cinema 4 stelle
- Recensione del film su Cinema estremo
- Riflessione sulla relatività (e Rashomon) su Non quel Marlowe
Grande capolavoro, molto più che attuale: è eterno!
E’ perfetto il paragone che fai con quella scena dell’Armata Brancaleone, perché entrambi gli autori stanno demistificando il Medioevo dell’immaginario collettivo: il confronto fra ciò che Mifune racconta e ciò che ha fatto è molto profondo.
Anch’io ho sempre pensato che Akutagawa si fosse ispirato a Pirandello – autore noto nel Giappone degli anni Venti quando è nato il racconto originale preso da Kurosawa – ma poi (come sai, visto che mi hai linkato) ho scoperto che è il padre di tutti i narratori moderni del mistero ad aver scritto questa storia, in pieno Ottocento: Ambrose Bierce.
Non so se i vari autori che si sono appropriati di questa storia l’abbiano fatto coscientemente, ma comunque rimangono tre versioni (Bierce, Pirandello, Akutagawa) gustabili come le tre versioni diverse fornite dai protagonisti della vicenda.
Infine mi permetto di segnalare i titoli di testa del film tratti da pellicola italiana d’annata, quando il film in Italia si chiamata… Rasciomon! Il video l’ho estratto da una VHS comprata nel 1994 (con cui ho scoperto il film) e passato poi a Passoridotto su YouTube.
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Hai fatto bene a mettere il link ai titoli di testa italiani! Si, la storia su Bierce è interessantissima, non potevo non linkarla!
Comunque davvero un capolavoro Rashomon, o Rasciomon, modernissimo, da vedere e rivedere!! :–)
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A un film semplice semplice oggi. Cavolo, adoro questo film, è un’opera che mi è rimasta molto impressa e che dovrebbe essere la base su come fare cinema.
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Fortunatamente è giustamente riconosciuto come un capolavoro credo unanimemente! Anche io l’ho adorato e non vedo l’ora di rivederlo!
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Storie in una storia, sembra veramente intrigante!
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È ben più che intrigante, qui ai può usare senza paura la parola capolavoro. Poi è stato ripreso/copiato/omaggiato ovunque!
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Allora lo metto nella must list^^
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Su questo sono pronto a mettere la mano sul fuoco: non potrà non piacerti!
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Spettacolo! Davvero un capolavoro, oltre a essere un film bellissimo e perfettamente godibile. Ed è strano perché in genere non amo troppo i narratori inaffidabili, ma in questo caso mi ha davvero conquistato. Un film superbo, come dice The Butcher dovrebbe essere la base per chiunque si avvicini al cinema.
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Assolutamente si, la base e anche un obiettivo (in termini di qualità), pur se difficilmente raggiungibile!
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Perle di cinema che sfortunatamente ho perso, da recuperare assolutamente ma chissà quando..
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Superconsigliato, anche io l’ho visto con colpevole ritardo ma davvero ha una forza tuttora immensa!
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Hai già detto, e bene, tutto tu. Kurosawa una certezza di altissima qualità.
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Grazie mille per le tue gentilissime parole!!! E grazie a Kurosawa, sempre!
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Kurosawa è sempre un colpo sicuro. Ciao Sam 😀
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