
Friendship One (inspiegabilmente tradotto come Friendship Uno, pur essendo il titolo il nome di una sonda spaziale) è l’ennesimo episodio sull’importanza della Prima Direttiva. Però stavolta non è Janeway a violarla come ha già fatto innumerevoli volte in passato, ma i terrestri di 300 anni prima. Mi spiego.
L’episodio si apre su una antiquata (per Janeway; per noi è pura fantascienza!) sonda che arriva su un pianeta misterioso ed entra nella sua atmosfera. Dopo la sigla torniamo al tempo a cui siamo abituati con la Voyager che riceve una missione direttamente dalla Flotta stellare: ritrovare quella stessa sonda con cui si perse il contatto decine e decine di anni prima proprio in quella zona del quadrante Delta. E Janeway la sonda la ritrova pure in fretta (grazie alla brillantezza di Kim): è in un pianeta nella morsa di un inverno nucleare con radiazioni letali per qualunque umanoide.
Come è lecito aspettarsi, quello stesso pianeta non è affatto disabitato, ci sono dei sopravvissuti alla catastrofe di chissà quanti anni prima, e sono anche parecchio arrabbiati! Come mai? La tecnologia della Friendship One insieme alle informazioni in essa contenute (vicine nello spirito a quelle delle reali sonde Voyager lanciate nel 1977 dalla NASA e così importanti per il primo film della saga di Star Trek del 1979) cambiarono radicalmente la vita del pianeta fino ad estinguerla quasi del tutto dopo un incidente con l’antimateria.
Ecco quindi l’ennesima violazione della Prima Direttiva con conseguenze nefaste per un’intera civilizzazione, solo che i responsabili della costruzione e del lancio della Friendship One non avevano idea di cosa fosse la Prima Direttiva, non era nemmeno stata creata la Federazione a quel tempo!
Qui l’equipaggio della Voyager deve far fronte alle conseguenze delle azioni dei loro predecessori nell’esplorazione dell’universo. Ecco quindi un episodio collettivo dove tutti hanno un ruolo (come mi sembra giusto in chiusura della serie): Paris, Neelix e una red shirt di un certo peso (il tenente Joseph Carey, Josh Clark, protagonista di un conflitto con l’appena arrivata a bordo B’Elanna in Riflessi nel ghiaccio, Fattori primari e Tradimento a bordo) vengono presi in ostaggio dai nativi sopravvissuti alla catastrofe nucleare. Chakotay e Kim riescono a tornare sulla Voyager per spiegare cosa stia succedendo e portano con loro anche uno scienziato nativo (Otrin, John Prosky), anche se ben presto è il leader dei sopravvissuti, tale Verin (Ken Land), a chiarire le cose: Janeway deve pagare per ciò che la sua gente ha fatto al pianeta. E Carey è il primo a pagare, col prezzo più alto, quando viene ucciso a sangue freddo da Verin.
Vista l’impossibilità di evacuare i sopravvissuti su un altro pianeta (troppo lontano il pianeta abitabile più vicino e troppo piccola la Voyager per un’operazione di tale portata), a Janeway non restano che le maniere forti (Tuvok e il Dottore si esibiscono in un’azione di guerriglia notevole). Se la storia finisse qui mi dichiarerei sorpreso dal coraggio degli sceneggiatori: situazione difficile, salviamo chiunque si possa salvare e fuggiamo di qui. Non è ciò che farebbe Picard, ma la Voyager è una piccola nave sperduta in un quadrante ostile, non può riparare tutti i torti! Sarebbe stata una conclusione dura (in fondo la responsabilità della catastrofe è davvero della Federazione, in un certo senso), avrebbe dato da pensare ma avrebbe funzionato.
Avrebbe reso anche il tema della pericolosità della tecnologia molto più potente, viste le serie conseguenze viste su questo pianeta devastato (tra l’altro non in linea con l’ottimismo di Gene Roddenberry riguardo ai benefici del progresso).
Però la Voyager è troppo perfetta per chiudere così una storia. Quindi prima di andare via un paio di siluri ben assetati risolvono anche il problema dell’inverno nucleare dell’intero pianeta. Che comoda soluzione! Così non dobbiamo nemmeno pensare ad alcun dilemma morale, siamo al migliore dei mondi possibili: abbiamo salvato i nostri commilitoni e pure cambiato in meglio la vita della società distrutta da un’azione poco prudente dei seguaci di Zephram Cochrane (si veda Star Trek: First Contact, Primo contatto, 1996, ma anche Guarigione da forza cosmica della serie originale). Tra parentesi, la Friendship One somiglia parecchio alla Phoenix di Cochrane!
In altre parole, la storia ha del potenziale per porre domande scomode ed intelligenti, però sceglie di chiudere con una soluzione semplicistica che limita le implicazioni etiche delle azioni dei nostri eroi della Federazione. Peccato, ogni tanto una macchia sull’impeccabile fedina della USS Voyager non ci starebbe male, renderebbe le avventure dei nostri eroi un po’ più credibili! Ciao!
PS: notevoli sia gli effetti speciali che i costumi in questo episodio, il pianeta risulta davvero unico (anche se per lo più tutto il girato è nelle solite caverne dello stage 16 dei Paramount Studios).
Episodio precedente: L’autore, l’autore!
Episodio successivo: Legge di natura
Le porcate che sono state fatte seguendo la prima direttiva e quelle che sono state fatte non seguendola: ci sarebbe da mappare l’andamento della situazione sulla base di quella regola, ma serie dopo serie sarebbe un lavoro titanico XD
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Eh sì, d’altronde la chiave di Star Trek sta nei contatti con altre civilizzazioni, quindi una volta su due (almeno) la Prima Direttiva ci va di mezzo. E di solito sono guai! X–D
Naturalmente qualcuno ha provato a fare liste di violazioni…
https://scifi.stackexchange.com/questions/79770/how-many-times-did-picard-violate-the-prime-directive-on-screen
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Ma sì, vuoi mettere come ti risolvono la situazione due bei missiloni piazzati al punto giusto? 😀
Hai caldo? Hai freddo? beccati il missilone e risolve la situazione! 😛
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È una soluzione decisamente statunitense! X–D
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Niente, proprio non si è voluto nemmeno stavolta portare in VOY un po’ del concetto di Federazione NON senza macchia e senza paura che la sorella maggiore DS9 aveva coraggiosamente lanciato pochi anni prima. E che era stata colto persino da TNG per un film sbagliato come “Insurrection”… Pure l’alibi dell’eccessiva osservanza riguardo all’ottimismo roddenberryano (tra l’altro qui tradito proprio dalla presenza di una tecnologia portatrice di nefaste conseguenze) francamente regge poco, dato che lo stesso Gene concepiva la propria creatura come qualcosa di espandibile e migliorabile da chi, in futuro, avrebbe dovuto prenderne le redini al suo posto. Insomma, c’era la possibilità di far seriamente ricadere le colpe dei “padri” dell’epoca di Cochrane -con la loro distruttiva sonda- sui “figli” della futura Federazione (qui rappresentati dalla Voyager), ma si è preferito lasciar perdere 😦
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Sarebbe stato ben più impattante lasciare quel pianeta nella morsa dell’inverno nucleare dopo aver ripreso con la forza gli ostaggi, ma la Voyager lascia sempre il mondo migliore di come l’ha trovato anche quando è un compito impossibile (una minuscola nave della Flotta Stellare può davvero risolvere una catastrofe di proporzioni inimmaginabili con un paio di siluri preparati in fretta e furia: davvero?)!
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