
Ghost in the Machine (molto meno poetico il titolo italiano Macchina mortale – tra l’altro il titolo inglese dell’episodio è anche il nome dell’album del 1981 dei The Police) è un episodio sull’intelligenza artificiale. Essendo uscito nel 1993, è sorprendente quanto fosse lungimirante nel prevedere l’esistenza di case intelligenti a bassi consumi dove tutto è governato da un computer, anche se va detto che il tema era nell’aria: per esempio, tre anni prima, Gremlins 2 di Joe Dante si svolgeva interamente in un edificio “intelligente”.
Certo, non è che l’episodio in sé faccia molto per sviluppare il tema, ed è probabilmente questo il suo più grande difetto: di C.O.S. (Central Operative System), con un nome che chiaramente rimanda allo H.A.L. 9000 (Heuristically Programmed ALgorithmic 9000) di 2001: A Space Odyssey (2001: Odissea nello spazio, 1968), vediamo tante telecamere ma capiamo poco e niente di come funzioni se non che ha un istinto di conservazione molto spiccato ed è pronto a far fuori tutti quelli che vogliono danneggiarlo o che vogliono danneggiare il suo creatore Brad Wilczek (Rob LaBelle).
Ed è proprio quest’ultimo ad emergere come il personaggio più carismatico della storia: mente brillante ma caotica, uomo dai saldi principi morali, il licenziamento dalla sua stessa azienda non gli impedisce di tentare di rimediare ai danni causati dal frutto del suo genio. E questo ci porta anche ad un altro elemento positivo di Ghost in the Machine: il ritorno (dopo Il prototipo) di Jerry Hardin nei panni dell’informatore di Mulder, Deep Throat (Gola Profonda). In questo caso è Fox a chiedergli aiuto (apparentemente hanno un patto!) riguardo a questioni che hanno a che fare con la Difesa. E Deep Throat non è troppo impressionato dai principi morali di Wilczek perché, evidentemente, ha già visto altri personaggi simili cedere al lato oscuro (per così dire) una volta privati della libertà e dopo aver provato i persuasivi metodi di convincimento degli uomini del Pentagono.
E che dire di Dana “Die Hard” Scully (o “Ellen Ripley”, se vogliamo) che avanza sui gomiti nei condotti di ventilazione del Nakatomi Plaza… Ehm, volevo dire del quartier generale della Eurisko!? Proprio quella disavventura la fa cambiare idea su chi sia il responsabile dei due omicidi su cui l’FBI sta indagando!
Ho trovato invece meno interessante la sottotrama del vecchio collega di Mulder, l’incapace Jerry Lamana (interpretato da Wayne Duvall, nipote del più famoso Robert), il cui destino appare segnato sin dall’inizio. Però c’è comunque un dettaglio notevole anche in questa parte della storia: quando Mulder lavora su un caso che non sia un X-File (almeno a prima vista), emerge come uno degli agenti più brillanti dell’FBI! Il rapporto che Lamana gli sottrae convince tutti visto che non è “sporcato” dalla pessima reputazione di Fox!
Infine, una parola sul finale dell’episodio: come nel caso de Il diavolo del Jersey, anche qui la storia finisce ma rimane aperta in un twist praticamente carpenteriano: la macchina è viva e vegeta, nonostante sia stata smontata pezzo per pezzo! Insomma, un episodio non riuscitissimo, forse, ma pieno zeppo di trovate brillanti (e con un Mark Snow che per l’occasione usa suoni elettronici per la colonna sonora per stare in tema con la storia)! Ciao!
PS: ma solo io ho notato un buco di trama gigantesco visto che il Dipartimento della Difesa potrebbe benissimo studiare il sistema operativo della casa di Wilczek invece di provare a recuperare quello della Eurisko?
Episodio precedente: Come un’ombra
Episodio successivo: Morte tra i ghiacci
Questo non mi piacque particolarmente, e infatti concordo con la tua retrospettiva.
Ammetto che dopo un po’, i twist finali iniziarono a stancarmi… era una bella trovata, inizialmente, ma poi rendevano X-Files come Piccoli Brividi…
Moz-
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Sono d’accordo con te, tendenzialmente: The X-Files durò troppo per non stancare. La formula di alternare mythology sui rapimenti alieni e monster of the week funzionava bene (poi furono aggiunti anche gli episodi comici che dettero ulteriore diversità alla serie), però è chiaro che alla nona stagione già si era visto tutto quello che si poteva vedere…
Questa prima stagione per adesso dimostra che la formula era vincente, che si ambiva a fare un prodotto di alta qualità nonostante il budget risicato (che sarebbe aumentato di lì a poco), e che i due personaggi principali funzionavano. Il bello ha da venire, si sa, ma la sensazione (alla fine dei 9 anni) è quella di un prodotto sfruttato ben oltre la sua data di scadenza.
Però per adesso, pur se con alcuni episodi meno riusciti di altri, è un inizio col botto! :–)
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Quel “piccolo” buco di sceneggiatura, dici? Dove si dimostra che pure una serie partita col piede giusto può (giustamente) avere ancora bisogno di rodaggio 😉
Vero anche che qui si sia scelto di tenere un profilo basso, tendendo ad omaggiare i precedenti sul tema dell’intelligenza artificiale anziché svilupparlo: hai giustamente ricordato l’esempio di Gremlins 2, al quale io aggiungerei il temibile supercomputer Proteus che in “Demon Seed” (1977) teneva prigioniera in casa la povera Julie Christie (a scopo riproduttivo)… senza ovviamente dimenticare il riferimento dei riferimenti HAL 9000 (e un po’ anche il suo pericoloso fratellino minore visto in un episodio dell’ormai dimenticata -almeno in Italia- “The New Avengers – Gli Infallibili Tre”, serie sequel di “The Avengers – Agente Speciale” con il mitico John Steed/Patrick McNee protagonista in entrambe)… diciamo che, se l’originalità in effetti latita, il tutto comunque rimane sorretto da un solido mestiere e, va da sé, una coppia di protagonisti man mano sempre più affiatati 😉
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Hai detto bene: solido mestiere! Anche nelle storie magari meno brillanti, impressiona la qualità della prima stagione. Si nota l’ambizione del poco più che trentenne Chris Carter, ancor più impressionante se si pensa che la sua carriera fino a quel momento era stata tutto meno che stellare!
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