Manhattan: recensione del film

Manhattan (1979) è il nono film da regista di Woody Allen, il suo primo in bianco e nero, ed è una commedia romantica che segue tutte le regole del genere, inclusa la corsa finale di lui verso di lei per dichiararle il suo amore eterno. Eppure è anche un film di cui si potrebbe parlare per ore a cui questo mio umile post non renderà sicuramente giustizia.

La trama in un paragrafo: Isaac (Woody Allen) è uno scrittore televisivo quarantaduenne con due divorzi alle spalle e attualmente in una relazione con la sedicenne Tracy (Mariel Hemingway). Il suo amico Yale (Michael Murphy) è sposato con Emily (Anne Byrne) e la sta tradendo con l’intelligente giornalista Mary (Diane Keaton). Il film racconta delle loro turbolente relazioni che si intrecceranno in più modi nel corso della storia.

Oltre ai soliti dialoghi scritti brillantemente da Allen (incluse le multiple introduzioni che dimostrano, come se ce ne fosse stato bisogno, il suo amore per New York), Manhattan offre delle immagini in bianco e nero in un formato 2.35:1 che sono a dir poco mozzafiato (complimenti al direttore della fotografia Gordon Willis), ce ne sono innumerevoli che meriterebbero di essere stampate e incorniciate. Di fatto, l’immagine più iconica del film di Woody Allen e Diane Keaton seduti su una panchina di fronte al Queensboro Bridge si trova in poster giganti senza fare troppa fatica.

Il film in sé offre parecchi spunti di discussione. Prima di tutto Woody Allen si scrisse un personaggio basato su sé stesso come non mai: anche lui aveva scritto per la televisione in passato, e in quel momento anche lui era un quarantenne in una relazione con una sedicenne (Babi Christina Engelhardt), anche se la cosa si è saputa soltanto recentemente. La battuta sul rompere record sessuali nel caso che la polizia non faccia irruzione nell’appartamento è particolarmente inquietante, se ci si pensa bene.

Altrettanto inquietante, forse, è come la scelta del suo interesse amoroso fosse ricaduta sulla bella Mariel Hemingway (nipote del famoso Ernest): a Woody Allen era piaciuta per il suo ruolo in Lipstick di Lamont Johnson due anni prima quando era appena quattordicenne. Se ci pensiamo un attimo, il processo mentale che ha portato alla sua scelta fa venire i brividi!

Ma lasciando da parte queste considerazioni sulle opinabili scelte amorose del buon Woody Allen, non si può negare come Manhattan sia un film affascinante, che ti tiene incollato davanti allo schermo dall’inizio alla fine. La scelta di usare musiche di George Gershwin a fare da colonna sonora si rivelò azzeccatissima ed è impossibile non pensare al film senza cominciare a canticchiare la Rapsodia in blu. I personaggi sono tutti interessanti, e fa sorridere uno dei monologhi finali di Woody Allen in cui dice che le loro turbe mentali sono tutti falsi problemi creati per non pensare alle cose serie della vita. Effettivamente questi amori così complicati sembrano fatti ad hoc per riempire le loro vite vuote di borghesi newyorchesi di successo! D’altronde si può dire lo stesso di molti dei film del regista statunitense, e forse addirittura della sua stessa vita (ma alla fine lui la sua vita l’ha sempre mostrata nei suoi film, se vogliamo). Ciao!

PS: io la battuta su August Strindberg non l’ho mica capita…


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12 risposte a "Manhattan: recensione del film"

        1. No, lui sposò la figlia adottiva una volta diventata maggiorenne. Non si sa cosa sia successo prima tra i due.

          Ma la relazione su cui basó Manhattan era con una sedicenne di cui ho scritto il nome nella recensione e la cosa si è saputa solo qualche anno fa.

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  1. Senza risollevare il polverone del post di Nick di Matavitatau di ieri, ma è difficile scindere l’uomo dalla sua arte, specie quando è così autobiografica… In ogni caso, anche se non ho visto Manhattan, ho guardato moltissimi dei primi film di Allen amandoli moltissimo, quindi se dici che questo è molto bello ti credo senz’altro! Grazie!

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    1. Questo è uno dei migliori! Non ho potuto fare a meno di menzionare i fatti personali di Allen legati a questo film, e ognuno è libero di giudicare il comportamento di una persona come vuole… Ma a livello artistico Manhattan è una bomba! Imperdibile!

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  2. la battuta sul Premio August Strindberg è particolarmente amara; nei drammi di Strindberg i rapporti umani sono sempre difficilissimi, spesso tragici (un padre induce la figlia al suicidio perché ha “perso l’onore”, tanto per dirne una)

    Quanto al rapporto tra il protagonista e la minorenne Tracy credo che oggi sarebbe improponibile, in questo clima puritano

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    1. Grazie mille! Non conoscendo Strindberg, non l’avevo colta…

      E concordo sull’impossibilità di fare un film come questo al giorno d’oggi! Così come probabilmente sarebbe difficile fare un altro Leon di Luc Besson, per esempio…

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  3. Grandi titolo, lo adoro sin da ragazzino. (Ho conosciuto Woody all’incirca nel 1986, quando avevo 12 anni!)
    Pensa che in un negozio di musica comprai lo spartito della Rapsodia in blu solo per rifare al piano quel meraviglioso incipit del film! 😛
    Sono ben poche le città che abbiano ricevuto un atto d’amore simile da un qualsiasi artista, per questo è stato ancor più doloroso quando la stessa città gli ha voltato le spalle: scomparendo dai suoi film, abbiamo perso una scenografia perfetta per le storie di Woody.

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    1. Eh si, per lungo tempo non girava film che non fossero ambientati a NY! Quando in vecchiaia è venuto a girare atti d’amore verso delle città europee i risultati sono stati decisamente inferiori! X–D

      Bello l’aneddoto musicale! :–)

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