Star Trek VI: The Undiscovered Country: recensione del film

Con grande piacere, continua il viaggio di vengonofuoridallefottutepareti nella saga dei film di Star Trek insieme a Cassidy de La bara volante, e il post di oggi è dedicato al sesto film della saga…

Star Trek VI: The Undiscovered Country (Rotta verso l’ignoto, in italiano) è l’ultimo film con l’equipaggio della serie classica capitanato da James T. Kirk. È un film del 1991 che segna la fine di un’era e allo stesso tempo parla della fine di un’era. Si nota come i vari Shatner e Nimoy non potessero effettivamente più vendersi come eroi di azione e fantascienza per sopraggiunti limiti d’età, ma allo stesso tempo è qui che, secondo il mio modestissimo parere, offrono la loro prova migliore. Ma andiamo con ordine…

Alla regia ritroviamo Nicholas Meyer, lo stesso regista di quello Star Trek II che spesso appare in cima alle classifiche dei migliori film di Star Trek. In quanto alla trama, la posso riassumere brevemente così. Dopo un terribile incidente che fa esplodere la luna di Praxis, l’impero Klingon si trova sull’orlo del collasso a causa della mancanza di risorse energetiche. È finalmente tempo di siglare una pace duratura con la Federazione, ma il Cancelliere Gorkon (David Warner, qui non sottoutilizzato come in Star Trek V) viene assassinato e la colpa ricade su… Kirk! Condannato a passare il resto dei suoi giorni nel gulag di Rura Penthe, riuscirà a fuggire e a scoprire i veri colpevoli, evitando così una guerra tra Federazione e Klingon?

Secondo me in Star Trek VI funziona tutto. La trama è avvincente, ricca di colpi di scena (alcuni più prevedibili di altri), e soprattutto è leggibile come una chiarissima metafora della fine della Guerra Fredda, metafora da leggersi in chiave ottimistica visto che alla fine trionfano quelli favorevoli alla pace. Praxis è Chernobyl (1986), Gorkon è Gorbachev, e c’è addirittura un colonnello chiamato Ovest (West, interpretato dal leggendario Rene Auberjonois)! Era difficile essere più chiari di così.

Kirk e soci appaiono un po’ affaticati, ma comunque se la cavano benissimo sia nelle battaglie spaziali che nei momenti dove bisogna menare le mani. E i momenti delle battaglie spaziali qui sono davvero esaltanti, sia quando viene disabilitato il Kronos One di Gorkon (una splendida nave da guerra Klingon classe K’Tinga), sia quando entra in azione il Bird-of-Prey (Sparviero) del generale Chang (Christopher Plummer).

Poi… Quanto Shakespeare, presente in Star Trek sin da La magnificenza del re, della serie classica! In inglese, sì, ma anche nell’originale Klingon per gustarlo a dovere. “Cry havoc! And let slip the dogs of war!” Io credo che in nessun teatro del mondo in cui si sia rappresentato il Giulio Cesare dell’autore inglese questa frase sia mai stata detta meglio di come la dice Plummer nel film… Lo stesso titolo è una citazione di Shakespeare, dall’Amleto per essere precisi, e si riferisce alla morte, più che ad un futuro di pace, ma sono dettagli.

E vogliamo parlare del cast? Certo, ci sono i soliti noti Shatner, Nimoy, Kelley, Doohan, Takei, Nichols e Koenig, ma anche molti altri meritano di essere menzionati. Oltre ai già citati Warner e Plummer, troviamo la bella Kim Cattrall nei panni di una vulcaniana della Flotta Stellare, Kurtwood Smith presidente della Federazione, Mark Lenard che torna come Sarek, e poi cameo vari di Christian Slater (se la direttrice del casting è tua mamma puoi arrivare ovunque!), Michael Dorn e Brock Peters. Questi ultimi due, insieme al già menzionato Auberjonois, si sarebbero ritrovati pochi anni dopo in Deep Space Nine. E ritroviamo pure Todd Bryant, non più capitano dopo il suo comportamento non irreprensibile in Star Trek V!

Ma se mi levo per un attimo il cappello da trekkie sfegatato riesco a trovare un paio di difettucci anche in questo film. La storia è permeata da un certo razzismo che è poco in linea col futuro ideato da Roddenberry in cui l’umanità ha superato stupidaggini del genere. Certo, i Klingon c’erano ed erano i nemici anche nella serie classica, ma qui vengono trattati con disprezzo, addirittura con Kirk che se ne augura lo sterminio! Vero che Shatner fece seguire a quella battuta un gesto per mostrare che si pentiva immediatamente dopo di averla detta, ma Meyer quel gesto lo tagliò quindi nel film rimane Kirk che dice uno sprezzante “Let them die“, Lasciamoli morire, riferendosi ai Klingon.

Di fatto a Roddenberry non piacque affatto ciò che mostrava questo film, tanto da discutere animatamente con Meyer pur se in condizioni fisiche disastrose. Il povero Gene morì pochi giorni dopo aver visto la versione che uscì nelle sale e il film non a caso gli è dedicato.

E i Klingon stessi, per quanto ben realizzati a livello di trucco e effetti speciali (io adoro le loro navi stellari), non sono ben caratterizzati a livello di società e bisognerà aspettare The Next Generation e Deep Space Nine per rimediare alla cosa.

A parte questo, trovo ben poco di cui lamentarmi. La colonna sonora di Cliff Eidelmann non è probabilmente all’altezza di quelle dei film precedenti ma fa il suo dovere (pare che James Horner fu contattato ma rifiutò di lavorare ad un altro film di Star Trek), e i titoli di coda firmati dai sette ufficiali dell’Enterprise sono tutti da godere. Fine di un’era, quindi, dopo tre stagioni della serie classica, due della serie animata, e sei film. Ma con un finale così c’è poco da lamentarsi, ci sono stati dati film da vedere e rivedere, e questo è quello che ho rivisto sicuramente di più! Ciao!

PS: anche in questo film non mancano rimandi alla serie classica. Ecco quindi una scena con due Kirk come ne Il sogno di un folle e una conferenza di pace con tentativo di sabotaggio (e con una nave invisibile!) come in Viaggio a Babel. E che dire dello splendido Flashback, episodio di Star Trek: Voyager che segue la storia dal punto di vista della USS Excelsior comandata da Sulu


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25 risposte a "Star Trek VI: The Undiscovered Country: recensione del film"

  1. Cavolo mi sono dimenticato di citare Christian Slater! Troppa carne al fuoco con questo film, uno dei più riusciti ma anche uno di quelli che rappresenta meglio il mondo di Star Trek, il finale poi, due o tre chili di pelle d’oca li porta a casa ogni volta 😉 Cheers

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    1. Questo film è davvero una miniera, interessante dall’inizio alla fine e come hai giustamente scritto ha dentro un po’ di tutto: cultura bassa, cultura alta, giallo, thriller, azione, fantascienza, politica… che volere di più? :-_)

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    1. It is a great film, my favorite of the whole saga! The final battle is really memorable… Target that explosion and fire! :–)

      By the way, hopefully Google Translate did a good job in translating the post, but I will publish the English version soon! Thanks for reading and leaving a comment!

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  2. L’unico film Trek che ho visto in sala, ed ero lì a sussultare quando entra in scena Christian Slater, all’epoca attorone “caldo” del momento.
    Il prison movie fantascientifico all’epoca spaccava, infatti dopo questo sono usciti “2013: la fortezza” (1992) con Lambert e “Fuga da Absolom” (1994) con Ray Liotta, quindi anche da quel punto di vista Star Trek era sul pezzo, per non parlare di quella bomba che all’epoca ci faceva impazzire: il morphing con cui Martia cambiava aspetto, esploso quel 1991 col videoclip “Black and White” di Michael Jackson e consacrato con “Terminator 2” di Cameron. Grande annata per quell’effetto speciale 😛
    Per me i film di Star Trek finiscono qui, e infatti non ce ne sono altri. VERO????? 😀

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    1. Assolutamente sì, sono un fautore di saghe personalizzate a seconda dei gusti personali! Le prossime recensioni di fantomatici film di Star Trek le puoi considerare come frutto della mia fantasia. :–)

      Hai ragione sul prison movie e anche sul morphing! Fortress l’ha ripassato Cassidy perché è incredibilmente di Stuart Gordon. :–D

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      1. Allora vuol dire che toccherà a me considerare reali le prossime recensioni di film di Star Trek 😀
        Riguardo alla tua rece di questo splendido “Star Trek VI: The Undiscovered Country” (visto in sala ai tempi, come già ti dissi) mi trovi praticamente d’accordo parola per parola… Volendo, si può anche provare a mitigarne i piccoli difetti: Kirk è ancora dolorosamente segnato dalla perdita di un figlio per mano Klingon, il che rende più comprensibile la manifestazione di odio nei loro confronti (fermo restando che lasciare integra la sequenza del gesto tagliata da Meyer avrebbe reso meglio la reale portata del disprezzo di quel “Let them die“) e, oggettivamente, la situazione con i figli di Qo’noS è molto tesa in quel momento, anche per via di chi ha interesse a mantenerla tale da entrambe le parti.
        Parimenti, la poca caratterizzazione sociale del “nemico” è coerente con il fatto che è solo dalla Conferenza di Khitomer in poi che la Federazione riuscirà ad avviare un reciproco rapporto di vera conoscenza e rispetto, capace di portare poi nei decenni all’integrazione (non sempre indolore, certo) vista in TNG e DS9.
        Concludo dicendo che questo sesto capitolo è anche il preferito dell’era TOS al cinema… 😉

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        1. Hai ragionissima sia sulla caratterizzazione dei Klingon che sull’animosità (giustificata) di Kirk. Ma con me sfondi una porta aperta! Mi ero proprio sforzato di trovare due cosine da criticare per non sembrare il *fanboy* che sono! :–D

          E quanto vorrei vederlo al cinema pure io questo film! Ma per adesso questo resta solo un sogno…

          Per il resto dei film… avremo modo di parlarne (senza Lucius)! X–D

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