King Crimson: un post musicale

A me piace un sacco il rock progressivo. È uno stile di musica che andò per la maggiore per pochissimo tempo all’inizio degli anni Settanta, e rapidamente diventò una nicchia che è attiva ancora oggi sia grazie a gruppi che si rifanno a quei suoni lì, sia grazie a gruppi nuovi che hanno modernizzato il concetto del genere (uno di tutti: i Porcupine Tree di Steven Wilson), sia grazie ai musicisti di allora che adesso, ultrasettantenni, continuano a suonare e fare tour come fossero dei ragazzini. È anche uno dei pochi generi a cui l’Italia ha regalato gruppi che hanno raggiunto una certa fama internazionale come gli Area, il Banco del Mutuo Soccorso o la Premiata Forneria Marconi, per fare giusto qualche esempio.

Ma oggi vorrei parlare di un gruppo inglese, invece: i King Crimson. Il loro primo album, In the Court of the Crimson King, uscì nel 1969 e diventò subito una pietra militare del genere. Il disco, impreziosito da una copertina indimenticabile dello sfortunato Barry Godber (morto l’anno successivo), conteneva poche (cinque) canzoni ma curatissime fino al dettaglio più infinitesimale, non solo a livello sonoro ma anche con dei testi di Pete Sinfield che erano vere e proprie poesie.

I musicisti che crearono l’album avevano un talento fuori dal comune: Robert Fripp alla chitarra, certo, ma anche Ian McDonald a sassofono e mellotron, Greg Lake (poi negli Emerson Lake and Palmer) a basso e voce, e Mike Giles alle percussioni. La formazione durò giusto il tempo di registrare l’album, e ad oggi l’unico membro permanente della band è Fripp, signore e padrone dei King Crimson che sono senza ombra di dubbio la sua creatura.

Ma In the Court of the Crimson King fu il risultato di uno sforzo corale di musicisti giovanissimi che avevano qualcosa da dire e lo dimostrarono con le loro composizioni totalmente avverse alla radio e alla commercialità anche per la sola durata (tra i sei e i dodici minuti).

A parlare di King Crimson ci possiamo fare notte, con più di 50 anni di attività su cui spaziare. Semplificando al massimo, si può dire che Fripp e la sua band abbiano sperimentato sempre senza paura di cambiare formazione molto frequentemente. Dopo i primi anni di rock progressivo sperimentale, negli anni Ottanta (da Discipline in poi, 1981) lo stile cambiò totalmente, e un altro cambio sostanziale arrivò a partire da Vrooom nel 1994. I tempi dispari e composti non sparirono, ma le atmosfere si adattarono ai suoni del tempo in entrambi i casi.

Ultimamente i King Crimson si sono concentrati sul suonare live più che registrare nuovi album, finalmente anche riproponendo i pezzi della prima era che da molto tempo Fripp si rifiutava di suonare con le nuove incarnazioni della band.

Io ho approfittato come meglio ho potuto di questa attività live del buon Fripp (classe 1946) che ho visto sul palco in più di un’occasione.

25 giugno del 2003 vidi i King Crimson a Sesto Fiorentino. Posti rigorosamente a sedere nonostante il concerto fosse nel parco di una splendida villa. Fripp lo trovammo sul palco a fare suoni ambient prima del concerto perso con la sua chitarra e i suoi cinquecento pedali di effetti. Poi, durante il concerto, quando il pubblico applaudiva, si alzava e se ne andava dietro il palco… Con umorismo, qualcuno gli urlò “Robertino un te la prende!” con marcato accento fiorentino! Gran concerto, con tanti brani dall’oscurissimo album The Power to Believe, e aperto appunto da The Power to Believe cantata a cappella da tutti i componenti della band (Adrian Belew, Tony Levin, Trey Gunn e Pat Mastelotto). Suonarono solo Red dal repertorio anni Settanta, e tutto ad un volume altissimo, da spaccare i timpani. Ho un gran ricordo si quel concerto!

Poi nel luglio 2004 mi feci l’intero Pistoia Blues Festival. Oltre a Santana, Steve Winwood, Alvin Lee, John Mayall e molti altri, una sera vidi il G3 formato da Steve Vai (con Billy Sheenan al basso!), Joe Satriani e Robert Fripp. Quest’ultimo fece un’esibizione solista ancora una volta molto ambient, ma quando suonò con gli altri due le versioni di Red dei King Crimson e Rockin’ in the Free World di Neil Young furono veramente potenti!

Passiamo a molti anni dopo, ed eccomi a L’Olympia a Parigi nel novembre 2018 per vedere i King Crimson in una formazione completamente diversa e con una scaletta decisamente più accattivante. Tre batterie a formare una sessione ritmica unica (uno dei tre era Gavin Harrison dei già menzionati Porcupine Tree), concerto lunghissimo e pieno di canzoni che adoro da sempre come Larks’ Tongues in Aspic, Cirkus, Lizard, In the Court of the Crimson King, Moonchild e una Starless da brividi come secondo bis (la voce di Jakko Jakszyk è a dir poco stupenda). Emozionante vedere dal vivo non solo Fripp in formissima, ma anche il mitico Mel Collins che aveva militato non solo nei King Crimson ma anche nei Camel e negli Alan Parsons Project, per restare nel rock progressivo.

Come detto, possiamo fare notte a parlare dei King Crimson (non ho neanche menzionato l’assurda accordatura della chitarra inventata da Fripp!), ma mi fermo qui e chiudo con ricordi e foto di questi concerti che mi porto nel cuore… Ciao! 

PS: ecco un po’ di ricordi dei quattro concerti di cui ho scritto sopra:


31 risposte a "King Crimson: un post musicale"

  1. I Banco del mutuo soccorso ci hanno regalato Moby Dick, una delle canzoni più belle e più profonde nella storia della musica mondiale (non italiana, mondiale). Ti ringrazio moltissimo per avermeli riportati alla mente, e per averli fatti conoscere a tanti tuoi lettori che magari non li avevano mai sentiti nominare.

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  2. Un articolo veramente interessante che parla di un gruppo che conosco per via di qualche stupenda canzone. Non sapevo varie cose del loro album e soprattutto di quante volte i membri del gruppo siano cambiati, ma nel loro primo album si vedeva veramente tanto impegno e passione. Ottimo articolo!

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    1. Ma ce ne sarebbero di cose da dire! Restando negli anni 70 mi affascina tantissimo Lizard che è sperimentazione pura, e trovo Red un album perfetto (e Larks’ Tongues in Aspic sta esattamente nel mezzo sia cronologicamente che stilisticamente). Islands e In the Wake of Poseidon invece sono saltabili… Ma come detto, ci facciamo notte a parlare di un gruppo così! :–)

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    1. Ho appena guardato e come prevedevo sono cliccati meno delle recensioni dei film. Ma che importa? Se volesso attirare click fare solo post di top 3, top 5 e top10 e recensirei film Marvel! X–D

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    1. They really were! Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Black Sabbath, King Crimson, Jethro Tull, Ten Years After… I managed to see live most of the ones who survived, but seeing them when they were actually creating that amazing music must have been unique. :–)

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    1. THRAK è molto bello in effetti, sono i King Crimson anni Novanta che ho visto dal vivo nel 2003 come stile. Mi dà sempre l’impressione di musica venuta dal futuro, un futuro piuttosto inquietante (in stile cover di The Power to Believe)!

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    1. Io adoro Larks’ Tongues in Aspic, mentre considero In the Wake of Poseidon e Islands come saltabili. Da non perdere assolutamente sono Lizard e Starless and Bible Back, e poi Discipline per capire l’evoluzione dal 1981 in poi.

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