White Boy Rick: recensione del film

White Boy Rick (ma il titolo italiano è più complicato: Cocaine – La vera storia di White Boy Rick) è un film del 2018 diretto da Yann Demange. Si tratta della vera storia dell’adolescente Richard Wershe (Richie Merritt) che nella Detroit degli anni Ottanta fu prima usato dall’FBI per infiltrare una rete di narcotrafficanti afroamericani della città e poi si dette lui stesso al narcotraffico (a soli 17 anni), cosa che dopo pochi mesi portò al suo arresto. La storia ha ulteriori sviluppi che non voglio rivelare per chi non abbia visto il film.

Ma non solo la storia è interessante: Demange dirige i suoi attori perfettamente e anche dietro la telecamera fa un gran lavoro così come aveva già fatto nel suo film precedente, ’71 (2014). Con una sceneggiatura quadratissima di Andy Weiss e Logan e Noah Miller, è impossibile non lasciarsi rapire dagli eventi e dai personaggi presentati nel film. E la cosa impressionante è che si tratta di fatti realmente accaduti!

Non ci sono personaggi positivi in White Boy Rick. Rick, suo padre (Matthew McConaughey) e sua sorella (Bel Powley) sono vittime di quella trappola sociale che era la Detroit in totale crisi degli anni Ottanta in cui per uscire dalla povertà l’unica possibilità era darsi alla criminalità. E le cose sono ancora peggiori per gli afroamericani dei bassifondi della città che anche con le loro connessioni con le persone di potere della città non fanno altro che trafficare droga e farsi la guerra tra di loro.

Non che gli agenti federali siano particolarmente migliori: usano un ragazzino per i loro scopi fregandosene delle conseguenze tragiche dell’operazione. Poi ancora una volta lo mettono in mezzo ad un’operazione volta a catturare i poliziotti corrotti di Detroit legati a doppio mandato al sindaco Coleman Young promettendo di non farlo finire in carcere e… niente, ancora una volta Rick paga un prezzo molto alto per quello che ha fatto. Ad oggi, Rick è stata la persona detenuta più a lungo nel sistema carcerario del Michigan senza aver commesso un crimine violento.

Insomma, la storia di Rick Wershe è sì la storia di un criminale, ma anche del fallimento di un intero sistema, di una società che non fa niente per riscattare le vite di coloro che sono rimasti indietro, persi in un sistema economico che non fa sconti a nessuno e che nelle sue periodiche crisi lascia indietro pezzi sempre più grandi di popolazione. E oltre a questo tema decisamente meritevole, Demange ci regala un film avvincente dall’inizio alla fine, non posso che consigliarne la visione. Ciao!


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18 risposte a "White Boy Rick: recensione del film"

  1. Non ci si può aspettare se non una fine del genere da un sistema che “punisce” i trasgressori e non ha alcuna intenzione di “recuperare” (come il nostro, nonostante i suoi grossi difetti di applicazione). Questo genere di film mi ha sempre interessato e, dopo questa tua recensione, finisce in “lista da vedere”. Grazie

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  2. Il 2019 fu un anno molto positivo per me dal punto di vista cinematografico. Scoprii tante perle del passato (Mio cugino Vincenzo, Fuoco assassino, Billy Bathgate, Sindrome cinese) e anche del presente, dato che in quell’anno uscirono anche dei filmoni come The Irishman e Le ragazze di Wall Street.
    Tra tutti gli ottimi film che vidi in quell’anno, White Boy Rick è senza dubbio uno di quelli che mi è rimasto più impresso. Non tanto per la sua qualità artistica (buona ma inferiore a quella dei 6 titoli citati sopra), quanto piuttosto perché riesce a ritrarre con grande esattezza il modo di pensare e lo stile di vita dei cosiddetti white trash, ovvero di tutti quegli americani che vivono nel più totale degrado igienico, economico, culturale e morale. In alcune aree degli Stati Uniti i white trash vengono chiamati in maniera diversa (hillbillies o rednecks), ma la sostanza è sempre quella.

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    1. Totalmente d’accordo con te, soprattutto è un film che dipinge alla perfezione la rassegnazione e la mancanza di speranza di una vita migliore di quella parte della popolazione che è tutt’altro che trascurabile (e su cui hanno fatto presa molti recenti movimenti politici cosiddetti populisti).

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      1. Del resto per sperare in una vita migliore devi avere delle qualifiche, e per avere delle qualifiche devi studiare (la famosa storia della scuola come ascensore sociale): i white trash per lo studio non sono proprio portati, e quindi sono condannati a restare ai margini della società. Grazie per la risposta! 🙂

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