The X-Files – S03E01, Il rituale

Il rituale (dall’originale The Blessing Way, anche se in Italia è girato anche il titolo Il file da non aprire – seconda parte), primo episodio della terza stagione di The X-Files, ricomincia esattamente dal cliffhanger della stagione precedente: le fiamme che escono dal vagone sotterrato in cui avevamo visto entrare Mulder prima che i soldati ci tirassero una bomba dentro.

Il monologo di apertura, affidato a Floyd “Red Crow” Westerman, è una bella riflessione sull’importanza della memoria rispetto a quella della storia. La storia serve solo a quelli che vogliono controllarla, mentre la memoria è immutabile. E l’importanza della lotta di Mulder per scoprire la verità ha proprio a che vedere con l’andare contro l’Uomo che fuma e il suo consorzio che quella storia la vogliono controllare per controllare così anche il futuro.

Questo episodio contiene moltissime rivelazioni scottanti sulla mythology della serie. È importante sottolineare come ci siano due storie, in realtà. La prima è quella del recupero di Mulder che è scampato miracolosamente alla morte (forse c’era un tunnel di uscita dal vagone?) e che i Navajo guidati da Albert (il Red Crow di cui sopra) aiutano a riprendersi con un lungo rituale. È lodevole la voglia di essere precisi nella rappresentazione di un rituale quanto più possibile realistico e rispettoso delle tradizioni dei nativi, però va detto che le scene delle visioni di Mulder girate con un ampio uso di green screen non sono proprio riuscitissime. Bello rivedere Jerry Hardin (Deep Throat, Gola Profonda) e Peter Donat (Bill Mulder) un’ultima volta, ma gli effetti speciali utilizzati non sono invecchiati bene per niente.

È invece di forte impatto la scena della morte di tutti quegli strani esseri i cui cadaveri sono contenuti nel vagone sotterrato: uccisi col gas, con metodi reminescenti di quelli dei nazisti della Seconda Guerra Mondiale

Ma è nella seconda storia che si aggiungono altri fondamentali tasselli alla mitologia della serie. Prima di tutto Scully viene spedita a casa senza distintivo né pistola da uno Skinner decisamente aggressivo nei suoi confronti (ma noi spettatori sappiamo che è teatro a beneficio dell’onnipresente Uomo che fuma). Secondo, Scully scopre di avere un chip sottocutaneo nella base del collo che non ha idea di come possa essere arrivato lì (e l’ipnosi suggerita dalla sorella Melissa, Melinda McGraw, non aiuta a scoprirlo). E un membro del consorzio dell’Uomo che fuma (interpretato dal grandissimo John Neville) la avverte che deve stare molto attenta perché alcuni membri di quello stesso consorzio la vogliono far fuori.

Tremendo il finale in cui Krycek (Nicholas Lea) spara a Melissa invece che a Dana (anzi, in realtà a sparare è il suo compagno interpretato da Lenno Britons, ma cambia poco), e lei nel frattempo sospetta di Skinner e i due arrivano a minacciarsi puntandosi pistole contro a vicenda in un momento tesissimo che segna anche la fine dell’episodio la cui storia continua nel seguente!

Col ritorno di Mulder a casa della madre (Rebecca Toolan) si scopre anche un’altra cosa: che il padre aveva fatto parte di quello stesso consorzio! In una vecchia foto scattata nel 1972 eccolo infatti insieme a Deep Throat, all’Uomo che fuma, al personaggio di John Neville, e ad altri loschi figuri che abbiamo visto riuniti proprio con questi ultimi due.

E il file con le informazioni sugli alieni sulla Terra? Apparentemente ce l’ha Skinner, che l’ha trovato nascosto nell’ufficio di Mulder! Ma questo sembra aver poca importanza dopo aver scoperto che il consorzio ha deciso di continuare con le sue attività dopo averle fermate in seguito a questo incidente… Oppure no? 

Per concludere, questa seconda parte non avrà la forza della prima, ma fa molto per sviluppare la mitologia della serie che continua ad essere avvolta nel mistero anche se piano piano si delineano gli elementi principali. Trovo fantastico potermi appuntare tutto vedendo la serie in rigoroso ordine cronologico e ne apprezzo sia le storie che la pregevole fattura. Sempre ottimamente girato, con Mark Snow alle musiche che fa un lavoro eccezionale, The X-Files è davvero una serie solidissima (almeno nelle sue prime due stagioni) che è invecchiata benissimo ed è più che piacevole da guardare anche a 25 anni da quando fu fatta.

Menzione speciale non solo agli ottimi Anderson e Duchovny (che si cimenta anche con la scrittura!), ma anche a Pileggi e Davis che riescono a dar vita a personaggi sì secondari, ma di tutto rispetto! Ciao! 

PS: toccante la scena di Frohike (Tom Braidwood) che commemora la morte di Mulder con Scully e, en passant, le dà anche la notizia della morte del povero Thinker reo di aver sottratto informazioni così sensibili al Dipartimento della Difesa. Un altro cadavere sulla coscienza di Krycek, senza dubbio. 


Episodio precedente: Il file da non aprire/Anasazi

Episodio successivo: Operazione Paper Clip

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11 risposte a "The X-Files – S03E01, Il rituale"

  1. ciao, parlando di green screen…
    l’altro giorno ho ri-visto il finale di deep impact e… Ma l’ondata finale è fatta col green screen: quando c’è l’onda e le persone scappano sono sempre davanti all’onda e quando vengono presi si vede solo acqua

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      1. In effetti non c’è molto che si salva di quel periodo, ormai, tenendo pure conto di quando si lavorava al risparmio (e allora era anche peggio). Se dovessi parlare di effetti capaci di non sfigurare ancora oggi, mi verrebbero in mente esempi come “Contact” e “Starship Troopers”, del ’97, e “Deep Rising”, del ’98 (giusto per dirne qualcuno)… Riguardo a “The Blessing Way” (episodio dal finale davvero drammatico) va detto che la sequenza del rituale dove Mulder si trova in bilico fra il terreno e l’ultraterreno, pur mostrando tutti i suoi anni dal punto di vista degli effetti, mantiene comunque un certo fascino con la presenza degli spiriti senza volto dai quali si staccano, assumendo temporaneamente le loro fattezze mortali, Deep Throat e Bill Mulder.
        A proposito, perché hai scritto che è bello rivedere Deep Throat/Jerry Hardin per l’ultima volta? Ultima? Sei proprio sicuro? In parte hai anche ragione, ma (e qui io mi taccio, mentre parte la musica di Mark Snow in sottofondo)… 😉

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        1. Non è la tecnica in sé che non può funzionare, però servivano dei bei soldoni per fare delle scene col green screen negli anni Novanta che funzionino ancora oggi: in Jurassic Park ce ne sono, e nonostante si notino… ancora sono ottime. Starship Troopers è un altro ottimo esempio!

          Su Deep Throat… tutto è da interpretare come “fino ad ora”, parlo da completo ignorante del futuro di The X-Files, e se mi ricordo qualcosa me lo scordo quando scrivo queste recensioni! :–)

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