Mare of Easttown: recensione della serie

Mare of Easttown (Omicidio a Easttown) è una miniserie composta da sette episodi prodotta da HBO nel 2021, scritta da Brad Ingelsby (The Way Back, Tornare a vincere, 2020) e diretta da Craig Zobel. Probabilmente si distingue dalla massa di serie poliziesche e simili perché la protagonista è un’ottima Kate Winslet e nel cast spicca anche Guy Pearce, ma ora che l’ho vista (dietro consiglio di più di una persona di cui mi fido in fatto di film e serie) posso dire che ci sono anche molte altre ragioni per farlo.

La premessa di Mare of Easttown (Mare è il nome della protagonista interpretata dalla Winslet) non è niente di originale. Nella classica cittadina in cui tutti si conoscono (e molti sono pure imparentati) tra loro, viene uccisa una ragazzina. Chi è stato? E perché? E qui già vi possono venire in mente cose varie tra cui la prima stagione della serie britannica Broadchurch (2013), o addirittura Twin Peaks (1990-1991).

In effetti siamo da quelle parti: sin dall’inizio è facile intuire che tutti gli abitanti di Easttown (e voglio dire tutti!!!) nascondono segreti più o meno terribili, proprio come accadeva nelle due serie che ho menzionato, e sono sicuro anche in molte altre. Ma se non è l’originalità il punto forte di Mare of Easttown, lo è il suo trattare temi scomodi come la depressione e il lutto, così come la realizzazione frutto della visione di un unico, bravo regista che ha saputo anche tirar fuori il meglio dal suo cast. E immagino che non sia stato semplice non far sfigurare attori ed attrici appena ventenni di fronte ad una Winslet in forma smagliante!

Sarebbe inutile soffermarmi troppo sulla trama, naturalmente intricatissima. Ci sono tanti personaggi, alcuni lì con il solo scopo di aggiungere minutaggio alla serie, e oltre all’omicidio che è il focus della storia ci sono anche rapimenti, tradimenti, vendette, storie di droghe, amori adolescenziali… insomma, di tutto un po’, così da poter spaesare bene lo spettatore e non lasciar prevedere il finale della storia.

Come spesso mi capita di scrivere, preferisco sempre un film ad una serie: il film costringe chi lo realizza a raccontare una storia in poco tempo mentre trovo che la maggior parte delle serie allunghi il brodo in maniera non necessaria e ho sempre la sensazione di perdere tempo guardandole. In questo caso non mi è successo, ma inevitabilmente ho pensato a quanto sarebbe stato superiore un film di due ore tagliando tutto il contorno alla storia narrata in sette ore da Ingelsby e Zobel (sto pensando, tra le altre cose, al personaggio di Dominique Johnson, o alla sottotrama della storia d’amore della figlia di Mare, Angourie Rice).

Ma lasciando da parte queste mie considerazioni superflue (vista l’attuale popolarità delle serie, direi che il pubblico odierno cerca prodotti che lo accompagnino per molte ore), che altro dire di Mare of Easttown? Che mi ha colpito la profondità della protagonista, una donna segnata da una tragedia familiare di proporzioni inimmaginabili per chi non l’abbia vissuta, che ha reagito come meglio ha potuto insieme alla sua famiglia, commettendo errori le cui conseguenze si fanno sentire a distanza di anni. L’assenza di dialogo coi propri cari, il chiudersi a riccio per un lutto, il rifugiarsi in cose esterne per non vivere sentimenti interiori… sono tutte cose che Mare of Easttown ci mostra senza essere troppo drammatica eppure in modo molto potente.

Invece, mi ha abbastanza deluso la parte poliziesca della serie. Il primo dei due delitti maggiori viene risolto con un intervento dall’alto (decisamente poco credibile – vedi il PS) che fa piombare la soluzione in mano a Mare e al suo collega Zabel (Evan Peters). Del secondo delitto invece pensavo di aver capito il responsabile già dal secondo episodio, e ci sono andato parecchio vicino, ma la convoluta spiegazione finale effettivamente mi ha sorpreso almeno in parte. Un po’ troppo convoluta, direi. Insomma, la serie fa un lavoro migliore nel costruire personaggi interessanti e sfaccettati che nel dar loro cose interessanti da fare.

In ogni caso mi sento di consigliare la visione di Mare of Easttown, specialmente se vi piacciono le serie (e questa è di durata relativamente breve). Ciao! 

PS: una giovane prostituta si salva per miracolo da un rapimento lottando con le unghie e con i denti, e fuggendo dalle mani del criminale… ha il tempo e la lucidità di prendere il numero di targa del furgone nel quale è stata aggredita? E se lo ricorda a distanza di mesi? Si potevano inventare qualcosa di meglio, credo…

PPS: bello sentire i Judas Priest (You’ve Got Another Thing Coming) in un episodio chiave! 


10 risposte a "Mare of Easttown: recensione della serie"

  1. Piaciuta anche a me! Con le stesse considerazioni sulle serie che hai fatto tu! Io Angourie l’ho adorata: spero per lei in una ottima carriera!
    Per il resto mi accodo nel dire di aver visto una eccezionale scrittura ma anche una diligenza visiva forse un po’ troppo modesta: sì carine alcune composizioni figurative, ma mai che ci fosse una soggettiva… visivamente un po’ due palle: puro ‘servizio’ narrativo… ma, di nuovo, scrittura ottima, anche se, come dici tu, cade in tutti i problemetti dei gialletti: quello è evidentemente “statuto di genere”…

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    1. Forse ero io che mi aspettavo troppo, hai ragione a dire che la serie è diligente, quindi per definizione non eccezionale, anche se alcune cose le fa parecchio bene. Ma alla fine anche la prima stagione di True Detective pur piacendomi mi deluse un po’ per non dare molto spazio alle visioni che promettevano così tanto (il King in Yellow e compagnia bella)!

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  2. Mi è piaciuta, ma Broadchurch viaggia veramente su tutt’altro binario: almeno la prima stagione mi ha tenuto con il fiato sospeso dall’inizio alla fine, e Olivia Colman dà un’interpretazione che non ha nulla da invidiare a Kate Winslet – che probabilmente è la cosa migliore di Mare of Easttown.

    Un film di due ore avrebbe avuto il pregio di offrire una storia tesa come la corda di un violino, velocissima e dritta al punto, tutte cose che ormai, sembra, non interessino più al grande pubblico; il formato della miniserie, in questo, secondo me è un buon compromesso, perché ti accompagna per più tempo di quanto faccia un film ma ti offre una storia che inizia e finisce senza durare degli anni. Certo che se questa storia fosse stata trattata per un film, magari da un regista artisticamente più coraggioso, come suggerisce Nick Shadow, avremmo avuto un piccolo gioiello.
    Tra i secondari, però, non sono pronto a rinunciare alla madre di Mare: nella scena del gelato mi ha fatto morire dal ridere!

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    1. La madre di Mare è splendida! X–D

      E la Winslet è sicuramente la cosa migliore della serie, ma concordo con te sulla Colman. Il mondo l’ha scoperta molto tardi, con l’Oscar e tutto, ma lei lavora benissimo da… sempre! :–)

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