Mirrormask: recensione del film

Mirrormask è un film del 2005 diretto da Dave McKean, che lo ha anche scritto insieme al suo amico Neil Gaiman, un nome che non dovrebbe avere bisogno di presentazioni. Considero l’autore inglese un vero e proprio genio, ne ho letto tutti i romanzi che ha scritto fino ad ora, e sono a più di metà di quella che è considerata la sua opera più imponente, The Sandman. Ma torniamo a Mirrormask.

La storia è quanto di più gaimaniano si possa immaginare. Helena (Stephanie Leonidas) lavora suo malgrado nel circo dei genitori Morris (Rob Brydon) e Joanne (Gona McKee). Un giorno quest’ultima ha un mancamento e finisce in ospedale per alcuni giorni. In quello decisivo, in cui si deve sottoporre ad un’operazione da cui si capirà se continuerà a vivere o meno, Helena si rifugia in un mondo fantastico in una missione in cui dovrà, guarda un po’, risvegliare una regina dormiente (che ha le fattezze della madre). Ad aiutarla troverà Valentine (Jason Barry), eroe improbabile che si rivelerà più coraggioso del previsto…

La struttura del film è quindi quella di film classici come Labyrinth (1986) o libri e film come The Neverending Story (La storia infinita, 1984) e The Wizard of Oz (Il mago di Oz, 1939), giusto per nominare i primi tre che mi vengono in mente. Pure qui bisogna attraversare una città misteriosa e piena di insidie i cui elementi vengono direttamente dalla camerina della protagonista, c’è un’antagonista che vuole portarla dalla sua parte e usa una specie di Nulla per distruggere il mondo…

Ma tutto sembra essere una metafora per il bivio di fronte a cui si trova Helena: con la famiglia unita può trovare la felicità anche nel circo che apparentemente non sopporta, ma la perdita della madre la porterebbe su un cammino oscuro… Soprattutto per il senso di colpa dovuto alle ultime parole rivolte a quest’ultima: I wish you were dead (Vorrei che tu fossi morta), le aveva detto Helena poco prima dell’inizio dello spettacolo durante un litigio!

Insomma, un film così non può non esercitare un grande fascino su di me. Non posso però tacere sui difetti dovuti un po’ al basso budget e un po’ all’epoca in cui gli effetti col green screen funzionavano fino ad un certo punto. La fotografia eterea aiuta a rendere gli attori in carne e ossa parte del mondo disegnato da McKean, ma a tratti sembra di vedere delle cutscene prese da Myst o Riven, videogiochi degli anni Novanta in cui il green screen fu usato in modo rivoluzionario.

Poi il ritmo a volte rallenta un po’ troppo, anche per un’avventura sognante come quella di Helena e giustamente accompagnata da una colonna sonora di Iain Ballamy che raramente spinge sul ritmo forsennato e si permette improvvisazioni jazz continue. Infine, la regia di McKean è un po’ basica, specialmente nelle scene nel mondo di fantasia (per motivi tecnici, credo), mentre in quello reale si sbizzarrisce di più con movimenti fluidi e grandangoli a non finire dando al mondo reale una certa connotazione… surreale.

Il film fu recepito tiepidamente, tanto che forse dovrei definirlo come qualcosa a metà tra un cult (ma è troppo recente?) e un guilty pleasure. In ogni caso, se lo chiedete a me, io vi consiglio di guardarlo senza dubbio, ciao! 


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10 risposte a "Mirrormask: recensione del film"

  1. Ciao! Avevo completamente dimenticato questo film e ciò la dice lunga su quanto mi abbia colpito, sebbene avesse delle note positive.Tuttora, se non l’avessi già fatto, lo vedrei. Neil Gaiman è un grande nome. Purtroppo una mia caratteristica distintiva è sparare a zero su tutto.
    

Ho davvero apprezzato quanto hai scritto, equilibrato e conciso e mi ha permesso di ricordare questa pellicola nei suoi punti fondamentali.
Tra l’altro ho rivisto La Storia Infinita da poco, alcune cose hanno un particolare fascino anche per gli anni in cui sono state create e l’influenza che hanno avuto nel nostro immaginario. Mirror Mask paga il prezzo, nel mio caso, di non essere legato a nessuna di queste cose, altrimenti sarebbe stato buono.


    A presto

    LJ

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    1. Grazie per il tuo commento! Chissà, magari per qualcuno MirrorMask ha un valore affettivo come per generazioni precedenti lo possono avere The Neverending Story o Labyrinth! Magari un figlio di un grande fan di Gaiman e/o McKean… :–D

      Io lo vidi la prima volta con compagni di università anni fa e ancora ricordo vividamente quell’esperienza, il film mi colpì innegabilmente. Rivisto ora, a freddo, l’ho trovato comunque apprezzabile, ma di certo non posso definirlo un capolavoro. Ma se mi fosse chiesto di riguardarlo… non mi tirerei certo indietro! :–)

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  2. Non vedo molto spesso persone recensire questo film. Ammetto di apprezzarlo parecchio e la questione degli effetti speciali è interessanti. Ovviamente sono fatti in quel modo per via del basso budget ma… e se in parte fosse voluto? D’altronde stiamo viaggiando in un modo fantastico, una metafora che ha preso forma, in certi punti quegli effetti digitali hanno reso bene l’idea e l’atmosfera che circonda ogni cosa. In parte a mio avviso è qualcosa di voluto ma in parte è anche un limite imposto da un budget misero. Per me è più cult che guilty pleasure, ma posso ben comprendere certe perplessità di quest’opera. Però ammetto di essere sempre affascinato da pellicole così imperfette.

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    1. Può essere come dici te, ma data la staticità della regia nel mondo del sogno rispetto all’inventiva usata nel mondo normale, io propendo per limiti tecnologici/di budget… ma bisognerebbe chiederlo a McKean! :–D

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        1. Verissimo, non ho fatto ricerche approfondite ma sarebbe bello sapere che ne pensa al di là delle interviste al tempo dell’uscita del film che dicono sempre le stesse cose…

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