
Uno degli effetti positivi del Covid-19 è certamente stato portare Dave Grohl a scrivere un libro, data l’impossibilità di riempire stadi coi suoi Foo Fighters e la sua incapacità di starsene con le mani in mano. Quel libro, pubblicato sul finire del 2021, si intitola The Storyteller – Tales of Life and Music, e mi sono divorato le sue quasi 400 pagine in una settimana o poco meno (grazie Babbo Natale / fratello!).
È una biografia che ha il sapore di una chiacchierata al bar di fronte a una o più birre grazie allo stile colloquiale di Grohl e alla quantità infinita di aneddoti in essa contenuti. E che chiacchierata! Sono cinque le parti del libro, ognuna suddivisa in una manciata di capitoli.
La prima parte racconta infanzia e adolescenza del musicista, con le radici della sua grande passione per la musica e il suo spirito ribelle verso la soporifera periferia statunitense con le sue casette tutte uguali e i pratini sempre perfettamente tagliati che effettivamente un po’ di paura la fa venire. Ha imparato a suonare la batteria sui cuscini di camera sua! Aveva del talento il ragazzo…
La seconda e terza parte del libro descrivono le esperienze nei gruppi in cui ha militato. La prima (su cui si dilunga di più) è quella come batterista degli Scream, in cui Grohl iniziò appena sedicenne abbandonando gli studi prematuramente (cosa che gli fu possibile solo perché mentì sulla sua età e perché sua madre si dimostrò veramente aperta di mente: “You better be good” gli disse, semplicemente. E lo era!). Poi naturalmente ecco i suoi anni nei Nirvana, a cui comunque non dedica molto spazio, preferendo parlare del difficile inizio più che del periodo di successo e fama. E infine, ecco la sua creatura, i Foo Fighters in cui scrive, suona e canta ancora oggi.
Le ultime due parti del libro Grohl le usa per ringraziare il mondo di tutte le esperienze incredibili che ha avuto, musicali e non. Tra le prime è impossibile non ricordare le collaborazioni e amicizie con artisti di ogni genere: solo per nominarne alcuni, si passa da Lemmy agli AC/DC, passando per John Fogerty, Paul McCartney, Joan Jett e John Paul Jones (con cui l’ho visto suonare nel 2010 a Donington). Si nota come vada anche particolarmente fiero delle occasioni in cui ha potuto esibirsi alla Casa Bianca o alla cerimonia degli Oscar in diretta di fronte a decine di milioni di spettatori.
Al di fuori della musica, è la famiglia a prendersi un posto sotto i riflettori, con la moglie Jordyn e le tre figlie, e con la madre che è stata così importante per tutto ciò che Grohl ha combinato nella sua vita. Con il padre invece ci furono attriti inevitabili: repubblicano e dipendente governativo, aveva pensato un futuro molto diverso per il figlio che lasciò gli studi per entrare in una band punk! E la sorella pure viene menzionata pochissimo, giusto per la sua influenza musicale sul Grohl adolescente grazie ai dischi che ascoltava in casa.
Per il resto, il libro è un inno alla vita e alla positività, e il chitarrista batterista bassista cantante compositore ha parole buone per moltissime persone. La sensazione è che eviti di parlare di qualcuno se ha solo cose negative da dire! Non mancano i momenti profondi, comunque, specialmente quando Grohl scrive delle perdite che più lo hanno segnato: il suo amico Jimmy, che conosceva sin dall’infanzia, e, naturalmente, Kurt Cobain.
E poi devo dire che è stato divertentissimo leggere il libro con YouTube a portata di mano, perché non c’è niente come leggere di quella volta che i Foo Fighters suonarono Never Gonna Give You Up con Rick Astley con il relativo video in sottofondo! E poi Dave che chiede a gran voce Fresh pots! di caffè mentre John Paul Jones se la ride sul divano… Insomma, la lettura è stata un’esperienza multimediale che non posso non consigliare a tutti gli amanti della musica là fuori. E si nota l’amore dell’autore per il cinema, ci sono riferimenti a film dappertutto, e non sorprende che ci sia un film dei Foo Fighters in arrivo, Studio 666 (trailer qui). Ciao!
Ho scoperto di questo libro Grohl è andato a presentarlo al “Graham Norton Show”, programma di cui sono drogato, e così ho avuto di scoprire che il musicista è di una simpatia contagiosa: potrebbe benissimo tirarsela da superstar invece è una persona solare e sembra molto alla mano.
Mi fa impressione che siano passati vent’anni, ma il suo album “There Is Nothing Left to Lose” (1999) l’ho squagliato a forza di sentirlo in cuffia, a volume spacca-orecchie. E per un caso curioso la sua canzone “Learn to Fly”, scritta per esorcizzare la sua paura di volare, l’ho scoperta proprio quando per la prima volta ho preso un aereo!
Lo confesso, non ho seguito molto Grohl perché seguo poco tutti i cantanti, ma l’ho conosciuto in un momento particolare della mia vita e lo lego a ricordi molto cari.
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È davvero simpatico, traspare dai suoi concerti, dai suoi videoclip, da come scrive, e dalle interviste! :–D
E sì, son già 20 anni da There Is Nothing Left to Lose, e io li seguo sin dal primo album quindi gli anni sono ancora di più (sigh!)…
I Foo Fighters alla fine li ascolto sempre volentieri, prima o poi colmerò questa lacuna concertistica! :–D
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