
Unrequited (Ufficialmente morti) fa tornare The X-Files al tema della guerra in Vietnam dopo Insonnia della seconda stagione. Inoltre, visto che Skinner è un veterano di quella stessa guerra (L’ultimo respiro), finalmente si vede molto Mitch Pileggi, un attore troppo bravo per quanto poco viene utilizzato di solito nella serie.
Insolitamente, prima della sigla ecco un flash forward in cui troviamo Skinner e vari agenti tra cui Mulder e Scully provare a sventare un tentativo di omicidio ai danni di un generale dell’esercito (Scott Hylands). L’assassino (Peter LaCroix) non è facile da catturare, sembra capace di sparire dal campo visivo di chiunque lo guardi. Sigla, e dopo eccoci a dodici ore prima di questa tesissima situazione, momento in cui l’assassino fa fuori la sua prima vittima, un altro generale (Bill Agnew), in un modo apparentemente impossibile. Ma quali sono le sue motivazioni? E riusciranno Mulder e Scully a catturarlo?
Il titolo italiano Ufficialmente morti chiarisce sin da subito che questa vendetta è legata a prigionieri di guerra statunitensi (e del Vietnam del Sud) lasciati nelle mani dei vietnamiti vincitori del conflitto e dimenticati dal proprio governo o, peggio, abbandonati al loro destino. Nathaniel Teager (questo il nome del personaggio interpretato da LaCroix) è uno di questi prigionieri appena liberato dopo molti anni da un’organizzazione paramilitare di estrema destra capitanata da tale Danny Markham (Larry Musser, alla terza apparizione in The X-Files dopo La pelle del diavolo e Dov’è la verità?). Il governo vuole nascondere questa scomoda verità per la quale i tre generali obiettivo di Teager giocano un ruolo chiave? E, essendo a conoscenza dell’abilità di Teager, ha assegnato l’impossibile incarico di fermarlo a Skinner e ai suoi uomini destinandoli al fallimento?
Personalmente, trovo curioso che The X-Files faccia suo il messaggio di un filmaccio come Missing in Action con Chuck Norris (1984). Certo, allo stesso tempo non rinuncia a vedere nel governo statunitense il vero nemico, e in realtà usa questa leggenda urbana dei prigionieri in Vietnam ben oltre la fine del conflitto come ha fatto con una qualunque altra leggenda o mito, per instillare il dubbio nello spettatore sulla plausibilità o meno di un mistero.
C’è da dire che la solita contrapposizione tra la scienza di Scully e la fede nel paranormale di Mulder qui forse non funziona proprio a meraviglia. Teager risulta invisibile a tutti, e Scully non può opporre niente di credibile a Mulder che suggerisce che l’invisibilità sia dovuta ad una tecnica che ha appreso dai Vietcong basata sulla manipolazione del blind spot, il punto cieco che ogni occhio ha (un punto della retina privo di recettori di luce).
Altra cosa che funziona poco sono le scene di gruppo con la parata militare teoricamente grandiosa, ma in pratica messa in scena con 150 comparse. Che non sono poche in generale, ma relativamente alla massa che dovevano rappresentare… non fanno esattamente un figurone, ecco. Facevano tutt’altro effetto scene altrettanto difficili ma ricreate benissimo ne I segreti del fumatore, come quella dell’omicidio di JFK.
Insomma, non il migliore degli episodi, nonostante il tema decisamente interessante e LaCroix perfetto per il ruolo. La sottotrama dell’organizzazione paramilitare di estrema destra sembra esistere solo per aggiungere minuti ad una trama forse un po’ troppo striminzita per riempire un episodio intero. Unrequited si lascia guardare, ma probabilmente non figurerà nella mia lista dei migliori episodi della stagione. Ciao!
Episodio precedente: Fango
Episodio successivo: Tempus Fugit I
Un episodio di raccordo come se ne trovano in parecchie serie (non necessariamente sempre a tema fantastico), senza infamia e senza lode, con uno spunto interessante (la manipolazione del punto cieco) che forse poteva essere meglio sviluppato senza l’allungamento di brodo della sottotrama parafascista (elemento purtroppo sempre attuale, se preso a sé stante, ma che qui non aggiunge nulla di davvero rilevante alla storia)… Comunque sì, se non altro il messaggio alla “Missing in action” viene adattato in maniera soddisfacente alla filosofia della serie.
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Qualche episodio minore ci sta, erano stagioni con più di venti puntate l’una… qui però pare proprio non ci fosse abbastanza materiale per riempire il minutaggio. Peccato!
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