Nope: recensione del film

Quando un utente di Twitter ha scritto a Jordan Peele che lo considerava il miglior regista della storia del cinema horror, il buon Peele gli ha risposto che John Carpenter non si tocca. Già solo per questo il minimo che posso fare è andare a vedere ogni suo film al cinema, se lo merita, almeno ha il cuore dalla parte giusta. Poi Get Out (2017) per me è un filmone, e Us (2019) l’ho trovato meno riuscito ma comunque da vedere. Quindi l’altro giorno sono andato a vedermi Nope, uscito in questo freschissimo agosto del 2022.

Lo dico subito, è quasi impossibile scrivere di questo film senza fare spoiler. L’unica cosa che posso dire evitando anticipazioni di trama è che come al solito Peele dimostra di saper girare benissimo, che il comparto tecnico è una bomba, che ci sono anche attori storici che mi ha fatto moltissimo piacere vedere in schermo come Michael Wincott e Keith David (già in The Thing, La cosa, 1982, e They Live, Essi vivono, 1988), e che probabilmente mi ha convinto più di Us, ma meno di Get Out. Cominciamo.

Da uno che si dichiara fan assoluto di John Carpenter l’ultima cosa che mi sarei aspettato è un film che grida Spielberg praticamente in ogni fotogramma, ma credo sia inevitabile uscire dal cinema pensando intensamente a Jaws (Lo squalo, 1975) e Close Encounters of the Third Kind (Incontri ravvicinati del terzo tipo,1977). Certo, Nope ha dentro anche un po’ di western, genere tanto amato da Carpenter, ma il film parla un linguaggio spielberghiano più che carpenteriano (anche se, volendo, ad un certo punto c’è pure un classico assedio coi protagonisti asserragliati in una casa, che a Carpenter un po’ rimanda). 

Perché dico questo? Perché, come in Jaws, c’è un animale (un’entità, forse è più preciso dire) che uccide e terrorizza i nostri protagonisti che devono trovare un modo di farlo fuori, o almeno di sopravvivere, e perché come in tanti film spielberghiani c’è una certa ossessione per lo sguardo. La trama, infatti, vede i due fratelli O.J. (Daniel Kaluuya) e Emerald (Keke Palmer), rimasti proprietari di un allevamento di cavalli dopo la morte apprerentemente accidentale di loro padre (Keith David), scoprire un oggetto misterioso nel cielo sopra i loro terreni. Questo oggetto lo vede anche il loro vicino, Jupe (Steven Yeun), che fu una stella televisiva da piccolo, e che ora gestisce un parco a tema western, che usa quello stesso oggetto volante nei suoi spettacoli.

L’oggetto si rivela essere un’entità piuttosto affamata, che presto manda all’aria i piani di sfruttarla economicamente di Jupe, e mette anche in pericolo O.J. e Emerald che provano a catturarla in video o in foto. E così avete capito il perché dei rimandi a Jaws (l’entità è carnivora!), e anche a Close Encounters (non c’è Truffaut ad interpretare un regista, ma il mitico Wincott).

Sono due le cose che non mi hanno convinto del tutto. La prima è il tono del film, che mi ha spiazzato e ancora non riesco bene a focalizzare il mio pensiero al riguardo. Il film è serio, ma ha dei momenti di comicità, a partire dal titolo e da quando quel titolo viene pronunciato dai protagonisti. Ci sono anche momenti drammatici che però sono talmente grotteschi che non sappiamo se ridere o piangere, e in alcuni casi non si capisce bene dove vogliano andare a parare. Per esempio, il passato di Jupe è segnato da un evento tragico legato ad una scimmia vestita in maglietta e pantaloncini che ha trucidato i suoi colleghi attori di una sitcom televisiva. Assurdo? Forse, ma (ho scoperto grazie a Cassidy de La bara volante) basato su una storia vera, quella di Travis

Questa storia viene presentata a più riprese nel film, e quando arriva una sopravvissuta all’attacco, tutta sfigurata, ho pensato che avrebbe fatto qualcosa… e invece no, viene subito trucidata insieme a tutti gli altri dall’entità volante. Certo, alla fine oltre allo sguardo Peele porta avanti un discorso sulla fama e sulla necessità di apparire (in TV, al Saturday Night Live, da Oprah…), quindi non c’è niente di troppo nel film, però il massacro improvviso mi ha lasciato interdetto (e vado al secondo punto).

La seconda cosa che non mi ha convinto del tutto è il comportamento dell’entità. Ovviamente essendo una cosa di fantasia non posso criticarla sulla base di poca aderenza alla realtà, ma mi limito ad osservare che secondo me le regole che il film introduce sul suo comportamento non sono consistenti, e quindi non capisco bene la logica né delle sue azioni, né di quelle dei protagonisti. Fondamentalmente, O.J. ad un certo punto capisce che per non essere divorati bisogna evitare di guardare il mostro (torna lo sguardo, fondamentale), e questo ha perfettamente senso per il suo personaggio che è un introverso sempre a testa bassa.

C’è un problema: per metà film tutti stanno lì a guardare il mostro! Perché non vengono divorati? Altro problema: Jupe per sei mesi mostra l’entità al suo pubblico, ma solo all’ennesimo spettacolo quello decide di banchettare con loro. Perché? Non ho visto molta consistenza in questo, ed è un peccato perché mi fatto sorgere delle domande durante la visione del film (e si torna sempre alla solita sospensione dell’incredulità).

A parte questo, non penso di non poter consigliare la visione di Nope. Tra rimandi cinematografici, plurimi piani di lettura, tecnicismi spettacolari (inclusi gli effetti speciali dell’entità volante, alcuni digitali, alcuni pratici), e tensione palpabile specialmente nell’ultimo atto, credo che pochi usciranno delusi dal cinema! Anzi, a pensarci bene forse questo è il classico film che piacerà di più alla critica che al pubblico, ma io non sono mica come quell’utente Twitter che basa le sue opinioni su RottenTomatoes! Ciao!


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7 risposte a "Nope: recensione del film"

    1. Le citazioni sono doverose! ;–)

      Eh si, Peele parla di vedere film e lo fa con un film tutto in IMAX da gustarsi nelle sale cinematgrafiche. Una causa persa, forse, ma va appoggiato! :–)

      "Mi piace"

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