As bestas: recensione del film

Immaginatevi delle fredde ed inospitali montagne nel nord della Spagna, in Galizia. Un villaggio semiabbandonato, Santoalla, presso Petín (Ourense), poche famiglie che vivono degli scarsi frutti della terra, di qualche animale da pascolo. All’improvviso ecco quello che sembra essere un miracolo economico: una compagnia elettrica vuole installare 25 pale eoliche nella zona, ed è pronta a compensare ogni famiglia 6mila euro per pala, per un totale di 150mila euro a famiglia. Serve però l’unanimità degli abitanti, e l’unica famiglia a votare contro è una coppia di stranieri che vive da pochi anni nel villaggio e che non vuole rovinarne il paesaggio. Questa presa di posizione attrae le ire dei pochi locali, e uno di loro dopo varie minacce e gesti violenti ignorati dalla polizia, arriva ad uccidere l’uomo, Martin Verfondern, facendone scomparire il cadavere. Era il gennaio del 2010. Servirà l’ostinazione della moglie Margo per trovare i suoi resti, quattro anni dopo, ed assicurare alla giustizia il colpevole.

Rodrigo Sorogoyen e Isabel Peña partono da questa storia, purtroppo reale, per scrivere la sceneggiatura del loro pluripremiato As bestas (letteralmente, dal galiziano, Le bestie), cambiando dettagli ma lasciando sostanzialmente inalterati i fatti. La storia, romanzata, è dedicata proprio a Margo.

E così la coppia di stranieri diventa francese e si dedica all’agricoltura biologica, coi coniugi Olga e Antoine interpretati magistralmente da Marina Foïs e Denis Ménochet, gli assassini diventano i due fratelli Xan e Loren, Luis Zahera (che ha vinto il Goya a miglior attore non protagonista grazie alla sua performance) e Diego Anido (che a me sembra una specie di Jason Statham rurale), e l’omicidio si compie con un soffocamento che ricorda il metodo usato per immobilizzare i cavalli da domare in Galizia, le cui immagini aprono il film.

Sorogoyen decide di fare un passo indietro in quanto a utilizzo della macchina da presa e lascia lavorare stupendamente il suo cast con una serie di piani sequenza ben congeniati e con dei dialoghi di una forza incredibile (alcuni in galiziano, alcuni in francese, e alcuni in spagnolo). Penso per esempio al confronto tra Olga e sua figlia Marie (Marie Colomb) sull’opportunità di restare nel villaggio dopo un anno dalla scomparsa di Antoine, o a quando per l’ultima volta Antoine offre da bere al bar ai fratelli che lo uccideranno per spiegare loro le ragioni per cui non può andarsene dal paese.

Poi, certo, c’è una fotografia bellissima che riesce a far risaltare sia i paesaggi nebbiosi e umidi della Galizia che gli interni freddi delle case rurali della zona, ma qui a farla da padrone sono le interpretazioni di un cast scelto alla perfezione. La colonna sonora di Olivier Arson è anche lei quasi sommessa, con percussioni e poco più, adatta a creare tensione senza strafare, lasciando il posto alle immagini e ai dialoghi.

E poi la sceneggiatura è un altro punto forte del film. Le motivazioni dei personaggi sono tutte chiarissime, e le bestie del titolo non sono giustificate, ma almeno se ne capiscono le ragioni, per quanto distorte da una visione del mondo limitata. Assurdo poi che Xan e Loren si reputino gli unici in grado di decidere del villaggio quando il loro sogno sarebbe quello di andarsene, lasciarlo per sempre, per fare i taxisti in una città, un sogno che li porterebbe da un lavoro durissimo ad un altro, provando la loro mancanza di lungimiranza e soprattutto di amore verso un luogo che, per assurdo, i due stranieri amano molto di più.

Capiamo perfettamente il generoso Antoine, colto e con il sogno di ridare vita ad un luogo così incantevole ma abbandonato dalla popolazione, così come le motivazioni della moglie che per poter chiudere il capitolo drammatico della perdita del marito ha bisogno di ritrovarne il corpo ed affidare i colpevoli alla giustizia. Ma allo stesso tempo possiamo simpatizzare anche con la figlia Marie che non vuole accettare che sua madre viva sola di fianco a coloro che le hanno portato via il padre! Non c’è un personaggio buttato via in As bestas, sono ben caratterizzati anche i secondari come Pepiño (José Manuel Fernández y Blanco), l’unico vicino che fa amicizia con la coppia di francesi e che li tratta come degi amici. A farne le spese è la durata, visto che una storia così si poteva sicuramente raccontare in meno di due ore e venti, ma purtroppo gli standard del cinema odierno hanno abbandonato il formato standard di 90 minuti di qualche decennio fa… 

Il cinema spagnolo ha riconosciuto a questo film di Sorogoyen tantissimi meriti, tanto che, nell’edizione dei Goya (gli Oscar iberici) del febbraio 2023 tenutasi a Siviglia, As bestas si è portato a casa ben nove statuette, tra cui miglior film, miglior regia, migliore sceneggiatura, e migliori attori protagonista e non protagonista. Da parte mia, umilmente, ne consiglio la visione. Ciao! 


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10 risposte a "As bestas: recensione del film"

  1. Amo il cinema spagnolo e questo non lo perderò, Madre e Il regno visti in dvd, ho idea che in sala sarà difficile, piattaforme per me zero, aspetterò, perché già ne sento parlare da tempo di questo film 👍

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      1. Ultimo bel film visto in dvd da recuperare assolutamente è “La notte dei girasoli”, appunto film spagnolo di Jorge Sanchez-Cabezudo, quando ottime scene arrivano a immobilizzarti…..
        Amo condividere titoli 🤩

        Piace a 1 persona

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