20.000 especies de abejas: recensione del film

20.000 especies de abejas (20000 specie di api) è un film spagnolo (basco, per la precisione) del 2023 e rappresenta l’esordio alla regia e sceneggiatura di Estibaliz Urresola Solaguren. In un certo senso, è il classico film da festival che parla di vita reale, girato tutto con macchina a mano, senza colonna sonora (l’unica musica è quella diegetica, ascoltata dai protagonisti), e probabilmente basato su eventi che la regista ha vissuto in prima persona (ci torno più sotto). Esempi di film spagnoli così sono Estiu 1993 (2017) o il più recente Cinco lobitos (2022), che trattano pure loro di storie familiari, il primo centrandosi su un’estate particolare vissuta dalla regista, e il secondo soffermandosi sulla maternità.

20.000 especies de abejas tratta invece di sessualità, e credo che il 2023 non potrebbe essere periodo più propizio per un film del genere.

La trama, infatti, è la seguente. Patricia López Arnaiz interpreta Ane, madre di tre figli che si sta separando dall’attuale compagno Gorka (Martxelo Rubio). Va a casa della madre per qualche giorno per preparare un concorso all’università per cui deve fare delle sculture, e allo stress lavorativo si aggiunge la pressione familiare per suo figlio Aitor (Sofía Otero), che ha otto anni e si sente femmina. Poco a poco, riescono a capirla e ad accettarla il fratello Eneko (Unax Hayden), l’amica Nerea (Andere Garabieta) e la sorella della nonna Lourdes (Ane Gabarain), mentre la nonna Lita (Itziar Lazkano) non vuol sentir parlare della cosa, e la madre non si rende conto della portata dei sentimenti di Aitor se non verso il finale del film. Aitor, naturalmente, non vuole chiamarsi Aitor, ma Lucía.

Chiaramente, questo è un argomento che definire caldo è un eufemismo. Il film, poi, è tutto al femminile, perché Aitor/Lucía, eccettuato il fratello, si relaziona soltanto con le donne della famiglia (madre, sorella adolescente, nonna, sorella della nonna, amiche, zia…). Quindi a prima vista potrebbe sembrare, diciamolo, una paraculata notevole. E forse lo è, ma sinceramente per come tratta l’argomento credo ci sia della reale passione dietro. E mi ha colpito particolarmente perché il caso vuole, e siete liberi di non credermi ma dico la verità, in classe di mio figlio di 4 anni c’è un Aitor basco come il protagonista del film che porta i capelli lunghi e parla di sé al femminile.

Quindi è vero che il tema è di moda, però è anche vero che è reale e adesso è possibile parlarne, cosa impossibile fino anche solo a pochi anni fa. Ed è un tema di cui è giusto parlare, perché non è semplice affrontarlo e ci sono di sicuro moltissime persone che stanno soffrendo anche nelle nostre avanzatissime società a causa della propria natura e della propria sessualità.

Devo dire però che 20.000 especies de abejas usa un po’ il pennarello a punta grossa in troppi passaggi, arrivando alle due ore di durata e svolgendo il suo compito spesso in modo poco brillante.

La parte finale in cui tutti cercano Aitor gridando il suo nome e finalmente la madre capisce di doverlo chiamare Lucía è la perfetta scena strappalacrime costruita a tavolino, talmente tanto che non c’ho pianto io che piango pure alle pubblicità delle macchine prima dei trailer…

Molti personaggi poi sono fin troppo stereotipati, dalla madre bigotta e religiosa all’adolescente annoiata ed insensible, però nell’insieme il quadro familiare risulta plausibile.

Avevo promesso di tornare sulla genesi del film. La regista si mise a scrivere la storia nel 2018 dopo il suicidio di un sedicenne basco, Ekai Lersundi, che aveva chiesto un trattamento ormonale per cambiare sesso che non arrivò mai. Ripeto, per non essere frainteso: il problema esiste, merita di essere trattato, e sono felice di vivere in una società dove finalmente lo si possa fare in modo degno, e non come nel finale di Ace Ventura: Pet Detective (Ace Ventura: l’acchiappanimali, 1994). E ancora siamo lontani dal sapere come affrontare, come società, un tema così complesso come quello della sessualità: è sufficiente ricordare cosa scrive J.K. Rowling contro i trans su Twitter un giorno sì e un giorno no.

Di conseguenza, applaudo di fronte a un film come 20.000 especies de abejas, anche se non ne apprezzo del tutto la qualità cinematografica, per i lodevoli intenti e il coraggio nel portare in scena un tema complesso. Ben vengano film così, però a questo taglierei una mezz’ora e smusserei i dettagli poco rifiniti che gridano metaforone in modo sguaiato. Ciao! 


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10 risposte a "20.000 especies de abejas: recensione del film"

  1. Immagino che la piccola vestita di rosso sia la protagonista….?
    Non conosco il film, sull’argomento lessi lo scorso anno il libro “La madre di Eva” di Silvia Ferreri. Duro, crudo, una lettura che mi è rimasta, una storia raccontata e scritta capace di toccarti e farti riflettere.
    Ciao!

    Piace a 1 persona

    1. Effettivamente la protagonista è proprio lei!

      Non ho letto il libro che mi segnali, ma mi fa piacere che si parli dell’argomento che di sicuro merita molta attenzione. Ciao! :–)

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    1. Hola Felipe, qué placer leerte! Aprecio mucho lo que han hecho con esta peli, pero a mí no me ha parecido nada sutil, y es mi problema más grande con ella… pero de verdad es un tema del cual se debería hablar mucho más!
      Un abrazo!

      Piace a 1 persona

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