
Cars 3 (2017) segna un ritorno alle origini per la saga dei veicoli senzienti e parlanti della Pixar, dopo il cambio di rotta improvviso ed inaspettato di un secondo capitolo omaggio ai film di James Bond/Mission Impossible. Al centro dell’azione tornano quindi le corse, e la storia stessa sembra quella del primo film, ma vista da un angolo differente (e con molto meno Mater, finalmente). Mi spiego.
Sono anni che Lightning McQueen (Owen Wilson) partecipa alla Piston Cup, spesso vincendo, e lo troviamo all’inizio del film a competere contro due rivali di sempre in maniera molto sportiva (uno è Bobby Swift e l’altro è Cal Weathers, doppiato da Kyle Petty, figlio di Richard, doppiatore di The King in questo film come nel primo del 2006). Però arriva l’arrogante debuttante Jackson Storm (Armie Hammer) che raggiunge velocità impensabili e ha il chiaro obiettivo di scalzare il campione McQueen dal gradino più alto del podio. Vi ricorda qualcosa? Come per esempio l’arrogante debuttante McQueen che voleva prendere il posto del vecchio campione The King e non lo rispettava affatto?
I parallelismi col primo film non finiscono qui. Se lì ascoltavamo Sheryl Crow con la sua Real Gone, qui tocca a Dan Auerbach con Run That Race, e alcuni pezzi di colonna sonora sono riciclati pari pari. Le sagge parole di Doc Hudson sono sostituite da quelle del suo caposquadra Smokey (Chris Cooper). C’è un brutto incidente che sembra porre fine alla carriera di Mcqueen proprio come successe a Doc Hudson che, a proposito, dopo essere stato messo da parte in Cars 2 credo per rispetto per Paul Newman, qui torna prepotentemente a suon di flashback. Ed è pure doppiato da Paul Newman, perché aveva registrato talmente tanti dialoghi per il primo film che semplicemente pescando da quelle registrazioni John Lasseter e il regista Brian Fee sono riusciti a mettere insieme ciò di cui avevano bisogno per questo terzo capitolo. E nella corsa finale McQueen non vince: nel primo film per aiutare The King, e qui per lasciare il posto ad un’altra macchina da corsa.
Più in generale, dopo un secondo film di respiro internazionale, Cars 3 torna a gridare USA! USA! tra corse Nascar e un demolition derby inserito a forza nella trama. Ah, giusto, la trama…
A parte tutto ciò che sa di già visto, con Lightning anziano che deve lasciar spazio ad una nuova generazione di macchine da corsa (come fece Doc Hudson a suo tempo, e poi The King), tutto ruota intorno alla trainer Cruz Ramirez (Cristela Alonzo) che viene trattata male da tutti senza alcun motivo e che alla fine riesce a dimostrare di essere pure lei una vera macchina da corsa vincendo contro Jackson Storm facendo una manovra spettacolare presa pari pari dal passato di Doc Hudson. La storia di Cruz, lasciatemelo dire, è forzatissima e non emoziona per niente, perché è incomprensibile il motivo per cui tutti la vedano come incapace di gareggiare, quando chiaramente può andare veloce come le altre macchine della sua età, tra cui Jackson Storm.
Certo, la dinamica tra Lightning e Cruz è usata per aggiungere minutaggio e pathos (inesistente) al film, e pure per citare cose come Rocky III (1982 – nella scena dell’allenamento in spiaggia), ma davvero ci sono poche giustificazioni plausibili all’interno della storia, che quindi risulta molto fiacca. E, come detto, già vista. Nel finale, Jackson Storm prende pure a sportellate Cruz proprio come Chick Hicks (qui doppiato da Bob Peterson) faceva contro McQueen e tutti gli altri nel primo Cars!
Ripetitività a parte, credo che la storia del campione che non ci sta a farsi da parte perché incapace di capire come abbia fatto il proprio tempo sia tristemente realistica in molti sport professionistici. Tornano poi i temi propri del primo film della saga, come quelli dei tempi che cambiano (per dirla alla Bob Dylan), del ricambio generazionale, e qui si aggiunge anche il progresso inesorabile con Jackson Storm che si allena con la realtà virtuale mentre il vecchio McQueen preferisce farlo in spiaggia.
A livello tecnico, la Pixar non delude mai, e pure qui i disegni e l’animazione sono di livello altissimo. Peccato che non siano al servizio di una storia degna, ma d’altronde non è che il primo film fosse una bomba, anzi, probabilmente è stato il primo mezzo (o intero) passo falso della Pixar, che fino al 2006 aveva inanellato un’invidiabile serie di film.
E fin qui ho espresso il giudizio del padre di un ragazzino di quattro anni che non si stanca mai di rivedere questi Cars, e vedendo quanto facciano presa sul loro pubblico obiettivo abbasso la testa e ammetto il successo della Pixar, avendo pure la casa inondata di giochi a tema made in China o Vietnam. Infatti questo terzo film torna allo stile di regia del primo film, con una macchina da presa statica (tranne che nelle scene di corsa) e una trama striminzita fatta per facilitare la comprensione dei più piccoli. Però, ecco, se potete evitare la visione di Cars 3, il mio consiglio è di farlo. Ciao!
PS: applausi per la citazione di The Blues Brothers (1980) nei titoli di coda, con quell’I like both types of music: country and western (Mi piacciono tutti e due i tipi di musica: country e western). Fa ridere che nel film di Landis la cosa fosse ironica, mentre Cars 3 è talmente statunitense e redneck dentro che la frase risulta seria.
Link esterni:
- Trailer del film su Youtube
- La pagina del film su Internet Movie DataBase
- Recensione del film su Silenzio stampa
- Recensione del film su I cinemaniaci
- Recensione del film su Glauco Silvestri
- Recensione del film su La firma cangiante
Ci sono tante citazioni in un film sottovalutato, di fatto è un “Rocky IV” con le auto, lo sfidante è in tutto e per tutto il tecnologico Ivan Drago fatto macchina 😉 Cheers
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A me questa intera saga non ha mai convinto… e se si appoggia ad un’altra saga che non ho mai apprezzato, mi spiego tutto! :–)
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