The Poseidon Adventure: recensione del film

The Poseidon Adventure (L’avventura del Poseidon) è un film del 1972 diretto da Ronald Neame e scritto da Wendell Mayes e Stirling Silliphant, basandosi su un romanzo di Paul Gallico. È un film del filone catastrofico che proprio negli anni Settanta visse un’epoca d’oro, con film come The Towering Inferno (L’inferno di cristallo, 1974), e Airport (1970).

Praticamente furono tra i pochi blockbuster di successo delle grandi case di produzione hollywoodiane in piena crisi, con la Nuova Hollywood che riusciva ad attrarre più spettatori (e soprattutto più spettatori giovani) nelle sale con budget molto più ridotti e con temi più attuali.

Ma insomma, che succede a questo Poseidon? Nel suo ultimo viaggio, il lussuoso transatlantico viene rovesciato da un’onda anomala nel Mediterraneo, e i passeggeri che sopravvivono inizialmente alla catastrofe provano a salvarsi come meglio possono. Mentre alcuni decidono di aspettare i soccorsi, altri si danno da fare per arrivare in superficie. Noi seguiamo un gruppo di questi ultimi, che il film introduce nei primi venti minuti in cui il viaggio procede senza intoppi.

Sono: il reverendo Frank Scott (Gene Hackman), diretto ad una missione in Africa come castigo per le sue idee poco ortodosse; il detective Mike Rogo (Ernest Borgnine, il mitico taxista di Escape from New York, 1997: Fuga da New York, 1981) e sua moglie ed ex prostituta Linda (Stella Stevens); i giovanissimi Susan (Pamela Sue Martin) e Robin Shelby (Eric Shea) che devono ricongiungersi ai propri genitori; i due nonni Manny (Jack Albertson) e Belle Rosen (Shelley Winters) che vanno a trovare il nipote di due anni che non hanno ancora mai visto; il timido James Martin (Red Buttons) e la cantante Nonnie Parry (Carol Lynley).

All’inizio conosciamo anche il capitano della nave, interpretato dal mitico Leslie Nielsen, ma è praticamente il primo a morire. Da lì in poi seguiamo il gruppo di cui sopra guidato col pugno di ferro da Scott, che ha le idee chiare e il carisma per farsi seguire dagli altri.

Da questa breve sinossi dovrebbe essere chiaro che ogni personaggio ha il suo spazio, e ad ogni membro del cast è permesso sviluppare il proprio personaggio con interazioni, dialoghi e, naturalmente, scene d’azione (l’uso degli stuntman fu ridotto al minimo, e per molti non fu semplice girare le scene più estreme). Pur essendo un film catastrofico, anche dopo i venti minuti introduttivi sono numerosi i momenti di calma e riflessione che permettono di capire le personalità dei protagonisti e di affinare le loro relazioni. E queste scene sono intervallate da quelle d’azione che sono, lasciatemelo dire, sontuose.

Le scenografie sono splendide, e non credo sia stato semplice ricreare gli ambienti della nave tutti sottosopra. Quando arriva l’acqua fa davvero paura, e fu creata anche una stanza capace di ruotare di 45 gradi. Gli effetti speciali pratici della nave sommersa, poi, sono ottimi, con un modellino che costò 35mila dollari basato sulla famosa Queen Mary, ancorata da tempo a Long Beach, in California. Fu costruito in scala 1 a 48 da una squadra guidata da Gaile Brown, ed era lungo 6 metri e mezzo per tre tonnellate di peso. Le scene col modellino della nave furono girate ad una velocità di sette volte superiore alla normale, a 168 frame per second (fps: immagini al secondo) invece dei canonici 24, per ingannare l’occhio dello spettatore che altrimenti di sarebbe reso conto facilmente della scala ridotta.

A rendere tuttora affascinante The Poseidon Adventure è la combinazione di tutti questi elementi: effetti speciali ancora meravigliosi da vedere, un cast eccezionale, un’ottima regia che sfrutta a pieno delle scenografie incredibili, e una sceneggiatura che non dimentica il lato umano in nessun momento. Le quasi due ore di durata non si sentono, e anche se in alcuni momenti i 50 anni e più di età si notano tutti (dei dialoghi un po’ ingenui ci sono, e i personaggi femminili risultano deboli per lo più, ma ci sono eccezioni), non posso che consigliare la visione di questo classico esponente di un genere che è rinato negli anni Novanta grazie al basso costo degli effetti speciali digitali che però, secondo me, solo in rare occasioni riescono a superare i risultati ottenuti con le tecniche usate in film come The Poseidon Adventure (nel 2006 arrivò anche il remake, diretto da Wolfgang Petersen, che a detta di molti non merita la pena di essere visto). Ciao! 

PS: tanti hanno letto la trama del film come una metafora religiosa con la Chiesa in crisi (la nave rovesciata) e Dio che aiuta chi si aiuta da sé facendo salvare il gruppo guidato da Scott che fa una specie di attraversamento del deserto. Ve la butto lì, per completezza.


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15 risposte a "The Poseidon Adventure: recensione del film"

  1. Il film è davvero ottimo, sa intrattenere e tenere in tensione, oltre che a sorprendere per come il tutto è stato messo in scena anche attraverso degli effetti speciali che sono invecchiati molto bene. Riguardo a quella metafora che hai scritto alla fine… ok, questo mi sembra un pò esagerato.

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  2. Non amo molto i film catastrofici, da ragazzo mi mettevano ansia e in seguito, quando hanno smesso di farlo, non mi è rimasta alcuna emozione. Questo credo di averlo visto da ragazzino ma ne ho ricordi vaghi, forse ho visto pure il remake, ma in generale sono film che proprio non mi si imprimono nella memoria. Bravi gli attori, bello tutto, ma non lo porto nel cuore 😛

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    1. A me da piccolo mi colpivano sti film, ora li vedo freddamente, nel senso che non riescono ad emozionarmi più di tanto, ma ne apprezzo molto il lato tecnico (parlando di questi diventati dei classici, naturalmente)!

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  3. Il film l’ho visto sempre solo a pezzi e mai per intero, ma comunque quegli scorci mi sono bastati per capire il collegamento in Tomb Raider II, il mitico secondo capitolo del videogioco per la prima PlayStation, dove c’è un intero capitolo ambientato in una nave rovesciata come il Poseidon, davvero suggestiva e originale come ambienzione. Infatti è il capitolo che ricordo meglio, insieme a quello ambientato a Venezia.

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