Intouchables: recensione del film

È raro imbattersi in un instant classic, un classico istantaneo, cioè un film che appena uscito conquista il pubblico ed entra direttamente nel suo immaginario cinematografico. Un esempio recente è il film francese Intouchables (letteralmente: Intoccabili, ma in Italia distribuito col titolo Quasi amici), del 2011, per la regia di Olivier Nakache e Éric Toledano, e scritto da entrambi a partire dal libro Le Second Souffle di Philippe Pozzo di Borgo. Suppongo che quest’ultimo avesse delle origini italiane, ma che cognome gli era capitato? In ogni caso: è lui il protagonista del film, o almeno una sua versione fittizia. 

Il ricchissimo Philippe (François Cluzet) diventa tetraplegico dopo un incidente col parapendio, e ha bisogno di qualcuno che stia con lui 24 ore su 24 per ogni minimo sforzo fisico. Stanco dei soliti specialisti che lo annoiano a morte, decide di assumere un mezzo delinquente, appena uscito dal carcere, chiamato Driss (Omar Sy). Non solo l’estrazione sociale dei due non potrebbe essere più diversa, ma Driss ha pure origini africane, cosa che desta qualche perplessità nel circolo intimo di Philippe. Ma tra i due, contrariamente a qualunque aspettativa, nasce una forte amicizia.

Intouchables è una commedia che a volte vira verso momenti più oscuri, inevitabili data la condizione di Philippe e i problemi familiari di Driss, ma mi sento di dire che il tono resta quello giusto, cioè leggero, per tutta la durata del film. Tra l’altro il film è ispirato ad una storia vera, anche se non so quanto sia stata romanzata per rendere la sceneggiatura brillante. In ogni caso, l’operazione è senza dubbio riuscita perché il film scorre che è una bellezza riuscendo nel difficile compito di mantenere un tono credibile, ironico, e allo stesso tempo malinconico, per tutte le sue quasi due ore di durata.

Scrivo spesso che mi risulta difficile empatizzare con personaggi ricchi che non devono affrontare reali problemi nelle loro vite: qui chiaramente i problemi di Philippe sono più che sufficienti per farmi fare un’eccezione, anche se… non mi è risultato simpatico nessuno dei due protagonisti del film! Il ricco Philippe, nonostante la sua condizione tragica, non rinuncia a fare quello che vuole solo perché ha il potere di farlo (in quanto ricco). Faccio un esempio.

Ad un certo punto, chiede a Driss si guidare a 180 km all’ora in città per divertimento, e a quello non gli pare vero di poterlo fare senza tema di punizioni. Naturalmente attirano l’attenzione di una volante della polizia, e Philippe riesce ad ingannarli fingendo un’emergenza medica, tanto che i poliziotti li accompagnano fino ad un ospedale. La scena funziona, è ben girata, ben recitata… Ma non ce la faccio ad apprezzare un’azione così, non ci trovo molto da ridere in una macchinona lanciata a tutta velocità da chi si sente padrone del mondo solo per i soldi che possiede! Storie simili a volte finiscono in tragedie nel mondo reale, tragedie che non colpiscono quasi mai i ricchi individui che le causano.

Sono un vecchio moralista bacchettone? Forse. Vecchio di sicuro. Questo mio giudizio mi ha forse impedito di divertirmi con il film? No, perché, come detto, Intouchables è realizzato in maniera impeccabile. I personaggi sono ben caraterizzati, anche quelli di contorno, gli attori fanno tutti un gran lavoro, la regia funziona e il ritmo è eccezionale.

È anche simpatico come alla fine Driss riesca a contagiare Philippe con un po’ dei suoi vizi, come le droghe leggere o avvalersi dei servizi delle prostitute che si vendono come massaggiatrici, e allo stesso tempo Philippe faccia pensare in maniera seria a Driss alle sue responsabilità familiari, tanto che alla fine lui deciderà di lasciare il lavoro per raddrizzare la sua vita.

Una scritta in sovraimpressione alla fine del film ci informa che Philippe e Driss (vero nome: Abdel Sellou) rimasero amici anche dopo la fine della loro relazione lavorativa, e aggiungo io che Pozzo di Borgo è morto nell’estate del 2023 all’età di 72 anni. Cinematograficamente, il film ha dato vita a ben tre remake: l’indiano Oopiri (2016), l’argentino Inseparables (2016) e lo statunitense The Upside (2017), ma non vedo l’esigenza di guardarli visto che il film francese è perfettamente compatibile con i nostri riferimenti culturali e sociali, in altre parole, lo possiamo comprendere al 100%. Ciao! 


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11 risposte a "Intouchables: recensione del film"

  1. Anche io ho visto volentieri il film, proprio perchè, come dici tu giustamente, è fatto bene. Però nemmeno io mi sono affezionata a nessuno dei due personaggi principali, e ripensando al film dopo la visione l’ho sempre trovato un po’ piacione e superficiale, che probabilmente è quello che voleva essere, ma per un tema così delicato sono sicura che un bravo autore avrebbe saputo coniugare serietà e riflessione con momenti più divertenti. Nemmeno io ho visto i remake, direi che questo mi basta.

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  2. Visto con gran piacere anch’io, e pensa che avevo da poco la smart TV con Prime Video che ho beccato il remake con Kevin Hart. L’ho visto convinto sarebbe stata una stupidata invece alla fin fine è stato meglio del previsto: sicuramente inferiore, sicuramente troppo “americano” per l’argomento trattato, però si è lasciato vedere senza odiarlo. Non lo consiglierei, ma non mi sento neanche di criticarlo 😉

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    1. Purtroppo l’Italia da tanto tempo ha perso la capacità di fare commedie divertenti e intelligenti, salvo eccezioni qua e là. E pensare che fino almeno agli anni Ottanta c’erano bravissimi autori capaci di fare film così nel nostro cinema!

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