Maskerade: recensione del libro

Sometimes life reaches that desperate point where the wrong thing to do has to be the right thing to do.”
(A volte la vita raggiunge un punto così disperato che la cosa sbagliata da fare diventa la cosa giusta da fare)

Maskerade (1995) è il quarto libro della saga delle Witches (Streghe) del Discworld (quinto contando anche Equal Rites) e invece che nello sperduto Lancre si svolge quasi interamente ad Ankh-Morpork. Pratchett qui tornò sul tema del trio di streghe (perché due si danno fastidio tra loro, invece tre possono dare fastidio al resto del mondo), con Nanny Ogg e Granny Weatherwax che provano a convincere Agnes Nitt ad unirsi a loro (sarebbe la Maiden, oltre alla Mother e alla Crone – la Vergine, la Madre e la Vecchia). Ma Agnes preferisce tentare la fortuna a teatro, cantando opera, perché non vuole invecchiare sola ed evitata da tutti, sapendo più cose di loro e quindi sentendosi superiore. E visto che c’è qualcosa che non quadra nell’Opera House di Ankh-Morpork, tra omicidi e fantasmi dell’opera, Granny e Nanny vanno in città insieme a Greebo, che ad un certo punto ha anche la sua chance per diventare umano per un po’.

In tutto questo, Pratchett si toglie qualche sassolino dalla scarpa con gli editori: quello del libro di ricette di Nanny (pieno di succose ricette molto… speziate: The Joey of Snacks, con un chiaro pun tra Snacks e Sex, spuntini e sesso) non l’ha pagata abbastanza, ed è quella la scusa per il viaggio delle due. Le frecciate al mondo dell’editoria abbondano. 

Ho adorato Maskerade alla prima lettura, e incredibilmente mi è piaciuto ancora di più alla seconda. La narrazione passa continuamente da Granny e Nanny prima in viaggio e poi in città, ad Agnes a teatro che interagisce con i tanti personaggi che ci lavorano: la bella ma incompetente Christine1, il maltrattato da tutti Walter Plinge e sua madre, il direttore artistico Salzella, il proprietario Seldom Bucket… 

Le due storie si uniscono quando le due anziane streghe entrano a teatro (grazie all’amicizia col grande tenore Enrico Basilica, e ai soldi ottenuti dall’editore di Nanny Ogg) e investigano sul fantasma dell’opera e soprattutto sugli strani omicidi che si susseguono nell’edificio. 

Secondo me questo libro è uno degli esempi più fulgidi del genio di Pratchett, dove fonde ironia2 e satira in una trama intrisa di mistero. Riesce a ridere dell’opera dimostrando allo stesso tempo un certo amore per la stessa: si prende gioco delle trame convolute e poco credibili e del cantato incomprensibile, ma dimostra una certa conoscenza della materia e, alla fine, ci dedica un intero libro in cui quasi ogni personaggio interpreta un doppio, proprio come nelle opere che prende in giro!3

Granny e Nanny poi sono dei personaggi così ben scritti che i loro dialoghi e le loro azioni risultano totalmente naturali, eppure sempre sorprendenti e mai meno che brillanti. Se con Pratchett ho sempre la sensazione di essere a casa, con Nanny e Granny mi sembra di stare in famiglia. In questo libro interagiscono in mille modi, alcune volte Granny appare al comando, in altre è Nanny ad esserlo, e non sempre come ci potremmo aspettare (per esempio da Mrs. Palm dovrebbe essere più a suo agio Nanny, ma invece è Granny ad esserlo grazie alla sua esperienza precedente in Equal Rites). In ogni caso, entrambe fanno cose incredibili tra headology, semplici dialoghi che semplici non sono, e anche vera e propria magia (splendido quando Granny ferma la spada ma non ha tempo di ferirsi). E sono meravigliosi anche i momenti in cui litigano tra di loro e si manovrano a vicenda! 

E Agnes / Perdita X. è un altro di quei personaggi che, pur se nuovo, riesce a portare sulle spalle tutta la metà del libro di cui è protagonista, inizialmente con delle facili frecciate sul suo volume corporeo e sul suo peso, ma poi grazie alla sua bella personalità (pure su questo ci sono non poche battute!). 

Ma non sarebbe un libro delle Witches se non ci fossero un po’ di considerazioni legate alla headology, per esempio con Granny che ragiona sulle maschere e il potere che conferiscono, cioè quello di attuare come se fossimo diversi da come ci percepisce il resto del mondo. D’altronde è una storia che segue Il fantasma dell’opera, e Pratchett ha usato tutto il repertorio ad esso legato (e anche all’opera più in generale). E se la vostra casa fosse in fiamme, quale sarebbe la prima cosa che portereste fuori? La risposta di Walter è semplicemente geniale…

Concludo sottolineando come qui siamo di fronte ad uno dei migliori libri della saga del Discworld, senza ombra di dubbio. Divertentissimo, profondo4, e dinamicissimo con l’alternanza Agnes/Granny e Nanny, è davvero un libro imperdibile. Ciao! 

PS: c’è anche una comparsata di Nobby Nobbs e Detritus della Watch, e Nobby porta a casa anche una splendida battuta su Sherlock Holmes!5

PPS: nonostante questo non sia un libro della Watch, c’è un chiaro riferimento a un bel film d’azione come Aliens: “flush him out, chase him through the city, catch him and beat him to a pulp, and then throw what’s left into the river. It’s the only way to be sure.” (farlo uscire, inseguirlo per la città, catturarlo e pestarlo, e poi tirare il corpo nel fiume. È l’unico modo per essere sicuri). In Aliens l’unico modo per essere sicuri era decollare e nuclearizzare. 


1. “Not liking Christine would be like not liking small fluffy animals. And Christine was just like a small fluffy animal. A rabbit, perhaps. It was certainly impossible for her to get a whole idea into her head in one go. She had to nibble it into manageable bits” (Christine non poteva non piacere, un po’ come un animaletto soffice e peloso. Un coniglietto, per esempio. Era sicuramente impossibile per lei avere un’intera idea in testa tutta in una volta. Doveva dividerla in tanti piccoli pezzettini più maneggiabili). 

2. Divertentissima la sua descrizione di uno svogliato spazzino: “What he was in FACT doing was moving the dirt around with a broom, to give it a change of scenery and a chance to make new friends” (ciò che stava facendo era muovere lo sporco con una scopa, per dargli la possibilità di cambiare aria e di fare nuovi amici).

3. Secondo me attribuisce a Granny un suo pensiero: “Granny Weatherwax was firmly against fiction. Life was hard enough without lies floating around and changing the way people thought. And because the theater was fiction made flesh, she hated the theater most of all. But that was it—hate was exactly the right word. Hate is a force of attraction. Hate is just love with its back turned” (Granny Weatherwax era contro la finzione. La vita era già dura abbastanza senza bugie in giro a cambiare il modo in cui le persone pensavano. E visto che il teatro era finzione incarnata, odiava il teatro più di ogni altra cosa. Ma quello era, odio era la parola giusta. L’odio è una forza d’attrazione. L’odio è solamente amore girato di spalle). 

4. Oltre a tutto ciò di cui ho scritto sopra, penso anche alla toccante scena tra Death e Granny che con poche righe approfondisce entrambi i personaggi in un modo che lascia a bocca aperta. E poi è in Maskerade che si trova la famosa frase sull’intelligenza di una folla pari a quella del più stupido dei suoi membri diviso per il numero degli stessi: the IQ of a mob is the IQ of its most stupid member divided by the number of mobsters.  

5. “I think that when you have ruled out the impossible, what is left, however improbable, ain’t worth hanging around on a cold night wonderin’ about when you could be getting on the outside of a big drink” (Penso che una volta scartato l’impossibile, quello che rimane, anche se improbabile, non merita che ci pensiamo su stando fuori in una notte così fredda quando invece potremmo comodamente gustarci una bella birra). E anche i Cable Street Particulars ricordano i Baker Street Irregulars di Sherlock Holmes


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2 risposte a "Maskerade: recensione del libro"

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