Ho appena visto al cinema Roman J. Israel, Esq., film del 2017 diretto da Dan Gilroy (per qualche assurda ragione il titolo italiano è, e giuro che non sto scherzando: End of Justice: nessuno è innocente). Gilroy ha fatto parlare di sé grazie al suo esordio, Nightcrawler, del 2014, il cui DVD riposa davanti a me da qualche mese e che ancora non ho avuto l’occasione di vedere. Oggi scrivo del suo secondo film, quindi!
Roman J. Israel (“esquire: more than sir, less than knight”) è il nome del personaggio di Denzel Washington, assoluto protagonista del film. Gli altri due ruoli di una certa rilevanza sono nelle mani dell’ottimo Colin Farrell e della bella Carmen Ejogo, ma si può quasi considerare l’intero film come un monologo di Denzel Washington. E questo monologo di due ore merita di essere visto? La mia modestissima opinione è che no, non lo merita. Mi spiego.
Roman J. Israel, Esq. è una specie di Flight (film del 2012 diretto da Robert Zemeckis) ma senza ritmo e con un finale ugualmente stucchevole. La prima metà del film, e forse anche qualcosina di più, ci fa conoscere il protagonista: un avvocato con 36 anni di esperienza, idealista, che si è sempre sacrificato per gli altri senza che gli fosse riconosciuto un singolo merito. Poi un giorno coglie l’occasione di ottenere un sacco di soldi in maniera illegale, lo fa, ne gode i frutti per un paio di giorni, e subito si pente di quello che ha fatto. Questa trama si può riassumere con una singola parola: prevedibile.
Sì perché in nessun momento questo film è riuscito a sorprendermi. E questo è un problema visto che è arrivato al punto di annoiarmi! Lento nello svolgimento, verboso, lineare e prevedibile… non posso parlare troppo positivamente di questo film. E non è che non tratti di temi interessanti! La situazione del sistema giuridico statunitense, l’idealismo, il venire a compromessi nella società di oggi, l’onestà… Per esempio, il personaggio di Farrell ha una bella evoluzione: determinato ad avere successo, motivato nei suoi studi da un professore idealista, conoscere Israel lo “illumina” e lo spinge a fare prima un po’ di bene, poi ancora un altro po’, ed infine a fare propria la battaglia della vita dello stesso Israel. E questo ci fa pensare su cosa sia accettabile e cosa no: va bene “vendersi” per poi redimersi successivamente? O è meglio vivere una vita retta ed onesta e resistere per sempre alla tentazione del vil denaro e della corruzione?
Il problema è che secondo me il film non dà grandi risposte, e quelle che dà mi sembrano un po’ troppo facilone e concilianti con il sogno americano del fare soldi (anche se poi magari se ne usa un po’ per fare del bene) per essere stimolanti. Anche la critica al sistema giuridico statunitense che condanna sempre i poveracci è soltanto abbozzata.
E poi due ore sono davvero troppe per una storia del genere! Meno male che la colonna sonora è fenomenale e aiuta sinceramente a sopportare il film! Groovy, funky, davvero ispirata! Qui la lista delle canzoni, se siete curiosi. Forse è meglio ascoltarsi la musica e saltare la visione del film… Ciao!
Link esterni:
- Trailer del film su Youtube
- La pagina del film su Internet Movie DataBase
- Recensione del film su I cinemaniaci
- Recensione del film su Sentieri selvaggi
- Recensione del film su Badtaste.it
- Recensione del film su The loving memory
- Recensione del film su Il bollalmanacco di cinema