Dust Devil: recensione del film

Il deserto tra Sud Africa e Namibia. Un serial killer dai poteri soprannaturali. Una ragazza che lotta con le unghie e con i denti per sopravvivere. Un detective tormentato dal proprio passato che cerca aiuto da uno stregone tribale. 

Sono questi gli ingredienti di Dust Devil (letteralmente, Diavolo della polvere – il termine si usa anche per definire delle specie di trombe d’aria nel deserto, i cosiddetti diavoli di sabbia – ma il titolo italiano è Demoniaca), film del 1992 che arrivò sulla TV italiana pochi anni dopo nell’ambito della rassegna Notte Horror, che ha riempito i martedì sera estivi di Italia Uno per una decina d’anni back in the day. E di questo film scrivo oggi tra queste fottute pareti per l’iniziativa Notte Horror dei blogger cinefili italiani che ogni luglio e agosto si uniscono per festeggiare il genere del terrore scrivendo, per lo più, di filmacci e tamarrate (qui il programma completo dell’edizione di quest’estate 2023). Questa è la serata finale, e a chiudere la porta e mettere a posto le sedie toccherà a Marco della Stanza di Gordie alle 23:00 di questo martedì 12 settembre 2023.

Dust Devil è un film del 1992 scritto e diretto da Richard Stanley, e l’idea gli venne grazie ad un sogno che fece mentre era studente alla scuola di cinema di Cape Town. Probabilmente aveva mangiato un po’ troppa peperonata per cena. Stanley, poverino, alla fine ha raggiunto un po’ di notorietà solo col suo recente Color Out of Space, del 2019, basato su uno scritto di H.P. Lovecraft e con Nicolas Cage come protagonista. 

Sulla carta, Dust Devil ha tutto ciò che gli serve per essere un buon film, ma purtroppo paga un budget risibile, un cast di gente trovata per caso, una sceneggiatura a tratti approssimativa, e una regia che qualche idea ce l’ha, ma che non riesce mai ad imprimere il ritmo giusto alla storia. Probabilmente non è caduto istantaneamente nell’oblio solo perché fu prodotto dalla Miramax dei fratelli Weinstein. Harvey, come era uso fare (su questo è chiaro il libro Down and Dirty Pictures di Peter Biskind di cui ho scritto qui), si mise di traverso tra il regista e ciò che voleva fare con continue ingerenze, per esempio chiedendo insistentemente che Dust Devil fosse più simile possibile a The Silence of The Lambs (Il silenzio degli innocenti, 1991). Queste richieste caddero evidentemente nel vuoto, ma è un po’ come se si fosse chiesto a Brett Leonard mentre faceva The Lawnmower Man (Il tagliaerbe, 1992) di fare un film più simile a Aliens (Aliens – Scontro finale, 1986): sono film che non ci incastrano niente l’uno con l’altro! Ma sulla Miramax torniamo più avanti. Prima, due pensieri sul film nella sua versione di quasi due ore e vicina alle intenzioni del buon Robert Stanley

Provateci voi a fare Il silenzio degli innocenti con un deserto e un Maggiolino scassato…

Il villain (Robert John Burke) funziona: ha fattezze umane, quasi sempre, e cerca persone tristi da far fuori per poi mutilarne i cadaveri. La location è stupenda: un deserto che fa virare la fotografia sempre verso toni rossi e arancioni che risultano molto suggestivi. La protagonista (Chelsea Field) è la classica final girl che fa il suo dovere di fuggire dall’assassino fino a che non decide di agire in prima persona, data anche l’inutilità di quello che dovrebbe essere il suo alleato, il commissario di polizia (Zakes Mokae) sulle tracce del killer.  Il finale è il piatto forte del film, con una sorpresa inaspettata ma che ci sta tutta.

Fatti avanti se hai il coraggio: io ho lavorato con Dolph Lundgren e con Arnold Schwarzenegger!

Purtroppo però il film dura un po’ troppo, anche per la presenza di personaggi assolutamente superflui come l’ex-marito di lei (Rufus Swart) che non serve a niente nella trama e la cui presenza dà solamente adito a scene imbarazzanti (come quella in cui va a cercare la moglie insieme al commissario di polizia e finisce coi due che provano ad ammazzarsi tra di loro senza alcuna ragione). 

Cosa vedi? Solo guai, secondo me tagliano tutte le nostre scene.

A questo punto, sarei curioso di vedere la versione di 87 minuti del film che fu montata da Harvey Weinstein (scontento della prima versione da 120 minuti datagli dal regista) a totale insaputa di Stanley, ma per quanto ne so credo che Harvey mani di forbice Weinstein avesse tagliato le parti sbagliate del film: infatti si preoccupò di eliminare tutti i riferimenti al soprannaturale (quindi perdendo le scene con l’intrigante John Matshikiza) e le scene del commissario (a sua parziale difesa, va detto che le doti attoriali di Zakes Mokae sono veramente scarse). Questa versione arrivò sul mercato europeo (e probabilmente è quella che fu mandata su Italia Uno al tempo?), e dopo Stanley si accordò coi produttori inglesi (Palace Pictures) per preparare un’altra versione, da 95 minuti, da mandare nei cinema britannici, ma la cosa non vide mai la luce perché la Palace Pictures chiuse i battenti (d’altronde se produceva sta roba… Qui la lista completa dei film che finanziò durante i suoi pochi anni di esistenza ).

La versione da un’ora e 51 minuti che ho visto io è il frutto del lavoro di Stanley che personalmente recuperò la pellicola originale in possesso della PolyGram e montò la versione attualmente in circolazione grazie all’interesse di altre due delle case di produzione coinvolte, Film Four International e British Screen Finances

Qualcuno ha visto Ken Shiro o sbaglio? O Kill Bill? O Tarantino ha visto Dust Devil?

In ogni caso, io ho fatto un piccolo passo per arrivare a coprire con recensioni nella blogosfera tutti i film effettivamente mandati in onda nel ciclo Notte Horror di Italia Uno (Lucius de Il Zinefilo sta tenendo traccia di tutto in questo post). Diciamo che ho pagato pegno, ecco. Magari voi Dust Devil evitatelo, consideratevi avvertiti, ecco. Ciao! 

PS: la dedica finale a Ina Roux mette un po’ tristezza. Lavorò al film e morì a trent’anni in un incidente stradale mentre stava cercando location dove girare il suo prossimo progetto. 


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15 risposte a "Dust Devil: recensione del film"

  1. Se tagli mezz’ora di film, bene o male che tu sappia fare, non può venirne fuori niente fi buono, nemmeno in uno slasher. Comunque interessante. Non lo conoscevo e vedrò di rimediare.

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    1. Eh si, ma a Mani di forbice Weinstein che gli importava? Lui pensava di avere sempre ragione e di essere un grande cineasta! :–/

      Guarda, è effettivamente interessante da vedere, però tieni le aspettative basse, perché comunque ha molti difetti. :–)

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  2. Io considero solo la versione voluta da Stanley, e quella personalmente non consiglierei di evitarla: horror atipico, a tratti quasi ipnotico e nel complesso affascinante e inquietante quanto basta (con un villain dalle molto poco velate citazioni western, tra le altre cose) 😉

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  3. Film che sento citare (in positivo) da una vita e che ancora devo vedere, malgrado ci sia il mio amato Robert Burke, con cui sono cresciuto sin dai primissimi Novanta. Mi piacerebbe nel caso recuperare entrambe le versioni così da gustarmi le differenze. A naso penso anch’io che la Italia1 dell’epoca evitò le due ore di film (che sarebbero diventate tre con la pubblicità) optando per la versione di Harvey Mani di Forbice 😛
    Grazie per esserti impegnato in questi anni a recensire i film della storica Notte Horror non ancora recensiti, appena posso aggiorno la paginona.

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    1. Se approvi il piano di terminare i film della Notte Horror anche al di fuori dell’iniziativa ufficiale, mi impegno a guardare quei filmacci, sennò aspetto la prossima estate per recensire qualcosa di mancante! :–)

      Lo puoi certamente guardare, non è Z totale, però si poteva fare di meglio, diciamo…

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  4. Se ti giochi la carta Richard Stanley, con me sfondi una porta aperta, il suo film è sfortunato, come quasi tutti quelli della sua filmografia e va visto nella versione integrale, evitando come la peste quella stagliuzzata. Un incubo sotto il sole con una Chelsea Field bellissima, gran post, gran finale per questa Notte Horror 😉 Cheers

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    1. Mitica Notte Horror, e strano questo Dust Devil, tra suggestioni tribali, deserto che non perdona, final girl esagerata, ma anche alcuni personaggi vacui e scene interminabili ed inutili… È un prodotto intrigante, però, più ci ripenso e più me ne convinco! :–)

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  5. Dust Devil has its moments, but the film has been chopped into so many versions now that Robert Stanley’s original vision for it became a jumbled mess. I do think some of the settings are beautifully shot, especially the showdown in the abandoned mining town at the end. Dust Devil isn’t great, but worth a look. Stanley’s earlier film, Hardware was pretty good as I recall, it was a kind of Cyberpunk Terminator.

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