Mission: Impossible

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Da amante dei film action non posso certo non apprezzare la saga di Mission: Impossible, che ha visto il suo debutto cinematografico nell’ormai lontano 1996.

Ma dove nasce Mission: Impossible?

Mission: Impossible è una serie televisiva statunitense composta da sette stagioni che si sono susseguite a cavallo tra il 1966 e il 1973. Chiaramente di stampo spionistico come andava di moda all’epoca, la serie televisiva gravita attorno alle vicende di una squadra scelta di agenti segreti facenti parte dell’IMF, un organizzazione statunitense dedita a combattere il terrorismo e le minacce alla pace interna americana.

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Da Sinistra: Leonard Nimoy, Gregg Morris, Lesley Ann Warren, Peter Lupus e Peter Graves.

Io da piccolo mi ricordo con grandissimo piacere di quando guardavo le serie con Peter Graves assieme a Leonard Nimoy, è una delle prime serie che ho visto con assiduità. In Italia la serie arrivò un po’ a caso verso la prima metà degli anni ’80, ma io ricordo le repliche notturne su Mediaset all’inizio degli anni ’90. Devo decidermi a comprarla e rivederla per intero! Era un periodo magico, in cui rimanevi sveglio fino a notte fonda per guardare Star Trek The Next Generation su Italia 1.

Negli anni ’80 ci fu una sorta di remake della serie televisiva che vedeva il ritorno di Peter Graves nei panni dell’agente James Phelps.


 

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Mission: Impossible

Comunque nel 1996 a qualcuno prende la mezz’ora di delirio e decide di portare Mission: Impossible al cinema. E tanto per non fare un film del cazzo danno la regia a Brian De Palma e la sceneggiatura in mano a David Koepp e Robert Towne. Il primo ha firmato tanti filmoni del cinema moderno come Jurassic Park (Steven Spielberg1993) o il primo Spider Man (2002) di Sam Raimi. Il secondo, Robert Towne, è anche lui un veterano del grande schermo da ricordare molto volentieri per film tipo Chinatown (Roman Polanski1974) o The Firm (Sydney Pollack1993). Tutto è pronto e quando nel cast hai Tom Cruise, Jon Voight, Jean RenoEmmanuelle Beart non si può fare male! Vero? Eeehmmm… non proprio. Mission: Impossible è un film d’azione fortemente anni ’90 che purtroppo risente di qualche acciacco del tempo e di alcune scelte di trama non proprio brillanti. La cosa più evidente è che il titolo cinematografico si discosta dalla sua controparte televisiva per spostare l’attenzione sull’action thriller dai tratti spionistici perdendo sin da subito la connessione con l’altra sua faccia della medaglia. Anche il plot dai colpi di scena a suon di maschere e fregature reciproche non sorprende più di tanto apparendo a tratti quasi parodistico.  Questo però non impedisce al titolo di essere godibile e alla fine è un filmetto che si fa apprezzare anche adesso. Le scene action sono solide e belle da vedere, gli stunt convincenti e le situazioni proposte interessanti e abbastanza misurate da non suscitare l’incredulità dello spettatore. A titolo personale devo dire che è da sempre uno dei miei film preferiti del brand che trovo sì un po’ datato ma sempre apprezzabile.

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Emmanuelle Beart

 

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Tom, tiratelo meno.

Nel 2000 qualcuno si ricorda che quattro anni prima dei tizi avevano girato un film d’azione abbastanza carino che venne apprezzato in modo onesto dalla critica (se si esclude quell’immeritato Razzie Award per lo script) e dal pubblico e che portava il nome di Mission: Impossible. Quindi perché non replicare? Caparezza ci dice che il secondo album è sempre il più difficile. Vale anche per i film? Non lo sappiamo con certezza, quello che però è certo è che Mission: Impossible 2 è uno dei film d’azione più demenziali mai fatti. Benché la sceneggiatura sia di Brannon Braga, un grande della tv conosciuto soprattutto negli anni ’90 per Star Trek, e lo screenplay sia sempre di Towne, il film scade nella schifezza inumana per un solo errore: John Woo. Il nostro Woo è stato uno dei registi più avveniristici per quanto riguarda gli action moderni arrivando a pensare idee registiche molto prima che Hollywood le sdoganasse per gli occidentali. Basti vedere Hard Boiled (1992) o A Better Tomorrow (1986), per esempio. E i fratelli (ora sorelle) Wachowski muti! Però quando è sbarcato a Hollywood il budget troppo alto gli deve aver dato noia: Face Off (1997) è delirante e surreale e questo Mission: Impossible 2 anche. Il film si dimentica del tutto di essere figlio di una serie di spie e agenti segreti e ci propone un plot da guardie e ladri davvero indigeribile che per la maggior parte del tempo gravita attorno a Tom che si fa i pompini da solo (cit.). E’ li solo per eseguire delle figate e aspettare che tutti gli dicano che è un figo e sa fare le figate. E alle tette di Thandie Newton che male non erano. Ad un certo punto un negozio di ventilatori accanto a casa di Woo deve aver fatto una svendita perché io così tante scene a rallenty nel vento non le avevo mai viste. E Tom cammina lento nel vento, e lei si aggiusta i capelli lenta nel vento, e si picchiano lenti nel vento, e il fumo si dirada lentamente nel vento. Sembra di essere ad una convention di venditori di climatizzatori. Il finale con lo scontro a suon di calci rotanti e moto nelle gengive tra TomDougray Scott è qualcosa che adoro da quanto è demenziale! Dura quindici minuti e se le danno di santa ragione. Praticamente il film è un’ode a quanto sia figo Tom al rallentatore. Insopportabile.


 

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MI3

La critica lo stronca. Ma guarda un po’. Quindi sei anni dopo un produttore dopo una peperonata che credo debba essere stata ben poco digeribile pensa: sai che brand non abbiamo finito di devastare per bene? Mission: Impossible! E chiamano J.J. Abrams che con le serie tv di Lost (20042010) e Alias (2001 2006) era chiacchierato negli ambienti di Hollywood. E nulla. Figata! Scritto da Kurtzman e Orci che avevano già lavorato con J.J. su Alias, Mission: Impossible 3 è un film che trova il giusto equilibrio tra la creatura di De Palma e quella di Woo proponendo un action thriller compatto, ben girato, intelligente, che diverte e fila come un treno. Gli attori funzionano, il cattivo convince, la colonna sonora di Giacchino emoziona e tiene sulle spine e le scene d’azione sono tra le meglio dell’action moderno made in Hollywood. Poi c’è la parte a Roma che a noi italiani fa sempre piacere vedere in lingua originale perché loro dovrebbero essere spie poliglotte e senza accento e invece vengono fuori discorsi sconnessi del tipo: “Lei amica di me e potere entrare in lussuosa festanza di piacere con cartina che dice che potere essere invitata” E qui ti ricordi di quelle splendide e incomprensibili scene in Sicilia del Padrino. Ah, e c’è Michelle Monaghan che è una creatura dalla bellezza rara.

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Ghost Protocol

Qui il brand si risolleva e dopo quattro anni, nel 2011 arriva Mission: Impossible Ghost Protocol. Il film è in mano a Brad Bird che conosciamo bene per alcuni bellissimi film d’animazione come The Iron Giant (1999), The Incredibles (2004) o Ratatouille (2007) (tra poco The Incredibles 2! Daje Brad!). Questo Ghost Protocol è un MI3 2.0. Il film infatti segue le solite linee narrative di MI3 (che come vedremo nei successivi seguiti getteranno le basi per una standardizzazione del brand in fatto di script) risultando a tutti gli effetti un film molto simile al suo predecessore ma con qualche acciacco in più. Il cattivo è un po’ anonimo e il plot spesso pare solo una scusa per inventarsi una vaccata in cui mettere Tom e la sua squadra di incompetenti. Ma Bird avendo una certa esperienza con i film d’animazione sa come giocare con gli elementi che si trova sul piatto e il film è sorprendentemente divertente. In questo titolo notiamo delle scelte discutibili per piacere al grande pubblico: il tono ironico molto vicino a quello della Marvel che in questo periodo sta iniziando a diventare sempre più irriverente e autoironica, oppure lo stampo troppo simile al moderno Bond di Craig che l’anno dopo piazzerà Skyfall (Sam Mendes2012) andando in culo di varie lunghezze a metà film action moderni. Comunque in questo Mission: Impossible Ghost Protocol ci si diverte! Il film è dignitoso e in molti casi, come la parte a Dubai, non ha nulla da invidiare ai suoi fratelli più belli riuscendo a portare sul grande schermo un buon prodotto d’azione. E poi c’è lo scozzo: Lea SeydouxPaula Patton? La miopia.

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Lea Seydoux
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Paula Patton

Ve lo avevo detto. La miopia. E’ duro è? No… cioè… volevo dire… è dura è? Dico la scelta.

No dài, mi sono sbagliato apposta, volevo fare la gag. Che simpatico, Madonna!


 

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Rogue Nation

Nel 2015 per la regia di Christopher McQuarrie, che cura anche la sceneggiatura e la storia, esce Mission: Impossible Rogue NationMcQuarrie è quel tizio responsabile della scrittura di alcuni buoni film come Edge Of Tomorrow (Doug Liman2014), Valkyrie (Bryan Singer2008) e The Usual Suspect (Bryan Singer1995). Quindi tutto pare in regola per la riuscita di questo nuovo Missione: Impossibile.

Purtroppo Rogue Nation risulta un filmetto alla fine molto anonimo. La pellicola è godibile e fatta con dovizia di particolari e cognizione di causa,  McQuarrie non si fa prendere la mano nella parte registica del prodotto che risulta compatto e chiaro nel suo svolgimento, però manca di qualcosa. Rogue Nation è troppo simile al moderno Bond addirittura mettendo in ballo il Sindacato, una corporazione terrorista pericolosamente vicina alla Spectre. La vicinanza con il film Spectre (Sam Mendes2015) è talmente palese da rendere i due prodotti pressoché identici nel modo di narrarsi e, secondo me, andando ad inficiare sull’autorialità degli stessi. Ad onor del vero Rogue Nation è uscito a cavallo tra luglio e agosto del 2015 e Spectre è dello stesso anno ma in uscita tra ottobre e novembre, quindi è Bond che somiglia a Mission: Impossibile. Comunque… Il film è talvolta esageratissimo come nella scena della turbina acquatica, talvolta privo di mordente come nell’inseguimento che sottolinea il climax finale. La storia è portata avanti da varie forzature di trama che coinvolgono soprattutto il rapporto tra Rebecca Ferguson e il villain interpretato da Sean Harris e gli eventi si susseguono ad un ritmo leggermente soporifero. Il film comunque si lascia guardare ma la sensazione di vuoto è abbastanza palese.


 

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Fallout – Mi piace questa locandina!

Quest’anno Christopher McQuarrie ci riprova scrivendo e dirigendo Mission: Impossible Fallout. Stavolta Christopher lascia il segno e correggendo gli errori del precedente titolo mette su un circo action più adrenalinico e spettacolare facendoci dimenticare Rogue Nation di cui questo film prosegue la storia. Fallout è un Mission: Impossible sotto steroidi e per quanto spesso possa risultare surreale nella sua risoluzione c’è da ammettere che ci si diverte davvero tanto. McQuarrie aggiusta il tiro della sua regia compassata di Rogue Nation per proporci qualcosa di molto più dinamico e scattante, una regia veloce e focalizzata sui personaggi che però incornicia molto bene le scene d’azione e che risulta chiara e limpida anche nei casini più disperati. Ottimo il taglio fotografico a grana grossa di Rob Hardy che sottolinea gli scenari del film, belli e vari, e passabile la colonna sonora di Balfe che ha delle chiarissime influenze da Zimmer, con cui lo stesso Balfe ha lavorato più volte: in Sherlock Holmes (Guy Ritchie2009), Inception (Christopher Nolan 2010) e The Dark Knight (Christopher Nolan 2008). Azione solida e spettacolare con il nostro McQuarrie che si prende tutto il tempo che vuole (il film dura 150 minuti) per esasperare gli inseguimenti o far montare la tensione che in certe scene è costruita davvero benissimo. Il plot è cosciente di sé stesso e la butta sul cazzaro serio proponendo un improbabile gioco all’inganno che comunque funziona ed appassiona con i suoi colpi di scena talvolte telefonati ma gestiti magistralmente. Spesso ci sono le solite ed ovvie forzature di trama che sinceramente in questo titolo potevano essere facilmente omesse però ci si passa sopra volentieri anche perché non sono così gravi.

Quindi semaforo verde per questo nuovo titolo del brand? Sì ma con delle riserve.

Per quanto Fallout sia una figata da vedere e un titolo imperdibile per gli amanti dell’action moderno, ci troviamo di fronte ad un pachiderma che sguazza nell’oceano del rivisto finendo per sembrare un compendio di scene ritagliate da altri film. Non c’è nulla di male in questo, come detto il film è un buonissimo titolo e adesso trovare qualcosa di unico nel cinema commerciale è davvero un’impresa. Però il senso di fotocopia è abbastanza presente, soprattutto per chi mastica cinema action. Come detto la colonna sonora di Balfe ricorda molto le sonorità di Zimmer, forse troppo, e quando devono assaltare il convoglio della polizia per liberare il criminale Solomon Lane la mente vola subito al Joker di The Dark Knight, anche perché la scena ha molte similitudini con quanto visto nel film di Nolan. Il climax con gli elicotteri incastrati uno sopra l’altro è un remake della scena dei camper di Jurassic Park 2. L’inizio con l’inganno della stanza che sembra una situazione vera ma poi si scopre che è finta è un cliché usato fino alla nausea. Gli inseguimenti in auto e in moto non hanno sinceramente nulla di particolare da mostrare e spesso ci riportano al Bourne di Greengrass. La scena delle coltellate nel locale ci riporta prepotentemente a John Wick (Chad Stahelski 2014). La scena del lancio a volo libero dall’aereo ci ricorda una scena simile in Star Trek di J.J. del 2009. Solomon che affoga nel pulmino della polizia potrebbe ricordare un Harrison Ford nel climax di Blade Runner 2049 (Denis Villeneuve – 2017).  Insomma… tutto questo è girato e trattato al meglio e per quanto le mie parole possano sembrare caustiche alla fine non lo sono perché mi sono divertito un casino. Però il film sembra una puntata di 24 (20012014) girata dal fratello sfigato di Nolan che vorrebbe fare Batman e musicata da Zans Himmer. Il film soffre molto di questo anonimato compositivo che comunque non ne pregiudica i palesi meriti tecnici né il fatto che sia un ottimo prodotto cosciente della sua natura e divertito da questa. Certo, qualche idea più singolare avrebbe portato il titolo a possedere un anima più brillante ed unica, invece la nuova creatura di McQuarrie è un contenitore di scene action che oscilla tra l’anonimato concettuale e la realizzazione impeccabile. Un connubio alquanto strambo.

E c’è ancora Michelle Monaghan. Sempre più bòna.

Dunque, ci piace Mission: Impossible? Ma certo che sì! E’ un brand che mi piace un sacco e che metto sempre nei miei rewatch annuali. Alla fine l’action è un genere che adoro e questi film, con i loro alti e bassi, sono tra i maggiori esponenti del genere nell’attuale panorama commerciale. E’ ovvio che mi piacciano!

E ci è piaciuto questo Mission: Impossible Fallout? Sì sì, ovviamente sì. Alla fine il film è un pachiderma d’azione solido e divertente, che sa di essere una mezza vaccata e che per questo risulta puro ed emozionante. Consigliatissimo a chi ama prodotti come 24, il Nolan d’azione, il Brand di Mission: Impossible ovviamente, ma anche gli ultimi Bond, i Bourne, la saga di Captain America i Fast & Furious più decenti tipo il 5 o il 6. Mission: Impossible Fallout di tutta questa roba citata è forse il fratello più fotogenico, quello che viene sempre bene in ogni foto e che becca più figa al liceo. E’ praticamente impeccabile esteticamente e cazzo se è simpatico. Quello che manca a questo film è un’idea per distinguersi dalla massa, per non risultare una brochure di scene d’azione già viste e alla fine nulla più. Perché il film inizia, si sviluppa e termina come tutti ci aspettiamo che succeda e una mancanza di coraggio e guizzo narrativo in questo caso sono più evidenti del solito.

Un ovvio plauso alle scene d’azione con pochissimi effetti digitali, agli stunts di Tom che se li fa da solo a quasi sessant’anni e alle coreografie nei combattimenti fisici, davvero belle.

Per me i meglio rimangono ancora J.J. e De Palma, anche se questo potrebbe essere un meritato terzo posto.

Comunque soddisfatto e divertito vi saluto.

Addio!


4 risposte a "Mission: Impossible"

  1. Effettivamente non si può non apprezzare Mission: Impossible, anche da chi non ama l’action, perché è cinematograficamente eccezionale 😉
    Comunque io non ho mai visto la serie, tuttavia mi sono goduto le visioni angeliche dei film 🙂

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    1. La cosa carina dei film è che sono fruibili da tutti perché appunto si rielaborano. Questa cosa è un coltello a doppio taglio, da una parte è buona perché non hai bisogno di aver visto nulla per goderne a pieno, però c’è un ovvio distanziamento dal prodotto originale.

      Comunque anche secondo me per chi ama l’action moderno è una saga molto ben fatta.

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  2. Concordo: il migliore per me è quello del caro GeiGei 😉
    Quest’ultimo mi ha divertito parecchio e, nonostante alcune situazioni straviste, ha saputo tenermi sulle spine con belle dosi di adrenalina. Insomma, ha fatto il suo sporco lavoro e questo basta!
    Rogue Nation per me non è così malaccio, forse soffre “leggermente” il confronto con il vicino Spectre.
    A mio parere si tratta di una serie consapevole della sua pura natura d’intrattenimento che, nonostante alcuni passi falsi, è migliorata con il tempo 😀

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    1. Concordo pienamente. Anche io al cinema ero catturatissimo da questo Fallout. Il povero Rogue Nation manca di mordente e somiglia troppo a cose venute forse meglio. Si guarda però non riesce ad osare come l’ultimo né ad essere singolarmente memorabile quindi muore un po’ li.

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