Strane presenze sul ponte dodici: il titolo italiano suona molto peggio del ben più poetico The Haunting of Deck Twelve e perde il rimando al libro di Shirley Jackson intitolato The Haunting of Hill House del 1959 con la sua bella storia di fantasmi – o almeno suppongo io che il titolo sia un rimando a quel libro! Strane presenze eccetera è un episodio che omaggia le storie del terrore raccontate intorno al fuoco con una trama trita e ritrita e con delle scene che vorrebbero essere emozionanti ma che non riescono ad emozionare. Infatti è inutile mostrare molti componenti dell’equipaggio (Seven of Nine, Tom Paris, Tuvok…) che vengono feriti gravemente se la storia è raccontata in un flashback e già so che la cosa non ha conseguenze! Per non parlare dell’abbandono della nave da parte dell’equipaggio: essendo tutto successo sei mesi prima, come posso preoccuparmi per una cosa del genere?
A parte questo, l’espediente del racconto di Neelix ai giovani ex-Borg (Icheb e compagnia) è forse l’unica cosa che rende questo episodio degno di essere visto e lo rende abbastanza diverso dall’orrendo Torsione spaziale (seconda stagione) per essere guardabile pur ricreandone essenzialmente la trama. Trama che tra l’altro richiama quella di Casa tomada, fantastico racconto di un Julio Cortázar influenzato da Edgar Allan Poe (ne era il traduttore ufficiale in spagnolo) ma senza averne la profondità (e col padrone di casa, Janeway, che invece di scappare combatte fino alla fine!).
E non solo! Ecco l’ennesimo alieno dai poteri incredibili che mette sotto scacco una nave della Federazione, stavolta incontrato in una nebula (Janeway ha da sempre una tendenza ad entrare nelle cose, sin dalle prime stagioni, spesso alla ricerca di caffè, metaforicamente parlando – La nebulosa ne è un (in)degno esempio).
Il vero elemento che rende Strane presenze sul ponte dodici un episodio guardabile è la regia del veterano David Livingston quasi tutta al buio combinata con la colonna sonora 100% horror: per essere un omaggio alla letteratura del terrore del primo Novecento, ma nello Spazio (addirittura con un fantasma che si materializza nel gas della neubula), direi che funziona.
Però siamo proprio ai minimi storici per questa stagione che ci ha abituato ad una qualità molto più alta. Per essere un episodio collettivo (con anche un grande ruolo per Majel Barrett come voce del computer di bordo usata dall’alieno per comunicare), questo è tra i più deludenti. L’azione non convince, la storia è poco originale e conosciamo il finale sin dall’inizio, quindi tanto vale spengere il cervello e godersi l’atmosfera e l’ottima colonna sonora di Jay Chattaway. Ciao!
Episodio precedente: La linea della vita
Episodio successivo: Unimatrice Zero (prima parte)
Che ci vogliamo fare, gli equipaggi della Federazione non possono proprio fare a meno di entrare nelle cose con il risultato di portarsene dietro delle altre (Picard e i suoi compresi, vedi l’episodio “Lonely Among Us” nella prima stagione di TNG) 😉
Quanto a “Strane presenze sul ponte dodici” diciamo che, grazie alle atmosfere e alle musiche horror, il tutto perlomeno si lascia guardare: certo è che, considerando l’ambiziosa citazione di Shirley Jackson nel titolo, magari era lecito aspettarsi pure qualcosina di più…
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Diciamo che è un classico McGuffin per far partire una storia, solo che ci rido su perché all’inizio sembrava che la Voyager non riuscisse a fare altro! X–D
Lonely Among Us è comunque un chiaro esempio di rimasugli della serie originale usati in The Next Generation (non a caso fu scritto da D.C. Fontana)!
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