The X-Files – S05E05, Prometeo post-moderno

The Post-Modern Prometheus (in italiano: Prometeo post-moderno) è un episodio anomalo, tanto che potrebbe definirsi parte di un sottogruppo a sé tra i monster-of-the-week: il rifacimento di un classico racconto horror con dentro Mulder e Scully.

Molti sono gli elementi che suggeriscono di trovarci davanti ad un’anomalia: all’inizio dell’episodio sembra quasi di entrare dentro un fumetto, e per il resto dell’episodio la fotografia vira su un bellissimo bianco e nero condito da elementi surreali come il cielo chiaramente parte di un universo a sé stante (quello dei film horror classici della Universal). La storia, poi, ricalca (financo nel titolo!) quella del romanzo di Mary Shelley intitolato Frankenstein, o Il moderno Prometeo

Ed infine sono troppi i riferimenti a film precedenti per non pensare che questo sia un omaggio di Carter a tante cose a lui care, tra cui The Elephant Man (1980) di David Lynch e i già citati film horror della Universal di un secolo fa (se non pure quelli della scuola di Roger Corman di qualche decennio successivi). E Mark Snow qui sembra rifarsi molto al Danny Elfman di Edward Scissorhands (Edward mani di forbice, 1990), che si rivede anche in molte inquadrature con wide angle sparate sulle facce degli attori.

E quindi la domanda è: funziona questo episodio? La mia risposta è sì, perché ancora una volta cambia la formula e offre qualcosa di nuovo all’interno della serie per non annoiare lo spettatore. Certo, nuovo proprio non è, però lo vedo come un omaggio a dei classici un po’ come sempre in quegli stessi anni facevano altre opere che adoravo come Dylan Dog e Nathan Never, per esempio: omaggiavano film e libri precedenti senza arrivare ad essere dei plagi perché contenevano abbastanza elementi di novità che li rendevano a loro modo originali.

In The Post-Modern Prometheus, Mulder e Scully vanno nella cittadina di Albion, Indiana ad investigare su un presunto caso di gravidanza miracolosa, e pare che non sia il primo. Lì trovano vari personaggi della provincia statunitense, alcuni tipici (splendide le scene nel diner con Mulder che sembra un alieno in mezzo ai locali) ed altri meno (su tutti il dottor Franken… ehm, Pollidori, John O’Hurley). E c’è pure il famoso mostro (The Great Mutato), che mostro non è, ma semplicemente una persona sfortunata nata con una grave malformazione (è interpretata da Chris Owens), mentre il vero mostro si rivela essere, come spesso accade (anche nel già citato Dylan Dog), un “normale” essere umano, in questo caso il ricco dottore che arriva addirittura ad uccidere il proprio padre.

Il clima surreale di The Post-Modern Prometheus è ideale per inserire in The X-Files la cantante Cher (purtroppo non interpretata da lei stessa: pare avesse accettato il ruolo, ma alla fine non riuscì a liberarsi – comunque si possono sentire ben quattro delle sue canzoni durante l’episodio) e, soprattutto, un finale dolcissimo in cui Mulder e Scully ballano insieme sorridendo come due veri e propri innamorati. Duchovny ha dichiarato che è questo il suo finale preferito tra tutti quelli girati nelle nove (sì, nove) stagioni della serie, e posso capire il perché!

Insomma, avete voglia di vedere la storia di Frankenstein riletta da Chris Carter? Se la risposta è sì, troverete un episodio pronto per essere gustato che non dovrebbe deludervi. Ciao! 


Episodio precedente: Minaccia territoriale

Episodio successivo: Emily I


29 risposte a "The X-Files – S05E05, Prometeo post-moderno"

  1. Fra i primi episodi che mi sono stati consigliati da Vasquez, anche per le tante citazioni, lo pseudo-fumetto e tutto il resto. Ne porto un buon ricordo, e il fatto stesso che io lo ricordi significa che mi è particolarmente piaciuto 😛

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  2. E infatti non sono rimasto per niente deluso da quest’episodio sperimentale (nel senso migliore possibile), citazionista dalla mente brillante e dal grande cuore… 😉
    P.S. Quelli erano anni d’oro anche per Dylan Dog e Nathan Never, sì 👍

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  3. Decisamente tra i miei episodi preferiti. A volte al primo, a volte al secondo posto (dipende dall’umore 😛).
    L’episodio funziona, e il finale è poetico senza diventare melenso. Ma perché non le fanno più le serie così? 😞

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      1. Ne dubito fortemente, visto che il 99,9% delle serie ha per protagonisti ragazzini o al massimo giovanissimi adolescenti, quindi sono storie prive di quel “dramma adulto” che porta ai finali poetici. Al massimo del pathos possiamo trovare un ragazzino che non torna a casa, evento drammatico ma non poetico. E i problemi dei giovani protagonisti mi sembrano parecchio lontani da quelli del Grande Mutato 😛

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          1. La cosa triste è che più sono giovani i protagonisti, più sono vecchie le trame.
            Proprio ieri mi hanno consigliato “NOS4A2” (si legge “Nosferatu”) su idea di Joe Hill Kingson, e me l’hanno spacciata come “serie adulta” al contrario di “Locke & Key”, sempre di Kingson. Alla terza puntata mi sono chiesto se oggi per “adulti” si intende quelli di 16 anni, che certo sono Matusa rispetto ai protagonisti medi di dieci anni…
            Roba vecchissima spacciata per “giovane” e interpertata da ragazzini: non ho visto “i Tre Sparatori” ma a occhio mi sa che è sempre meglio di qualsiasi serie ragazzina di oggi 😛

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        1. Il pubblico target conta! Certo che ci sono orde di quarantenni e trentenni che non fanno altro che divorare serie su Netflix, qualcosa con adulti ci sarà? X–D

          (io evito Netflix e non conosco la sua offerta, ma in questi giorni sono sottoposto a Dahmer per voglia della mia dolce metà)

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          1. Quella è l’unica serie di questo periodo in cui il protagonista superi (di poco) i vent’anni di età 😀
            Scherzi a parte, mi è stata caldamente consigliata ma non sono riuscito a superare il terzo episodio: millecinquecento ore di durata per non dire una mazza di niente, di una lentezza terrificante: immagino fosse così che Dahmer uccidesse le sue vittime, con la noia! 😀

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  4. Si legge “Nosferatu”???? Mi era capitata sotto gli occhi ‘sta “Nos-quattro-A-due” del figlio di King “mi cambio cognome così non si accorgono che sono il figlio di King (oh no se ne sono accorti tutti e adesso come faccio?)”. Solo che non riuscivo a capire che cacchio era, e manco m’incuriosiva abbastanza da approfondire… pensa te! E bene ho fatto, a quanto pare 😀

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    1. Porto i capelli come King, mi faccio crescere la barba come lo storico King dei tempi d’oro, scrivo storie identiche usando gli stessi identici temi, dico a tutti che non voglio essere noto come figlio di King quindi chiamatemi Hill, ma chissà com’è tutti mi chiamano “il figlio di King” 😀
      Il suo “Black Phone” (film) mi è molto piaciuto, ma ha un solo difetto: è palesemente un film alla Stephen King. Quindi o l’ha scritto lui o Hill ha deciso di ricopiare il padre riga per riga.
      Nella serie “Nosferatu scritto a targa che fa gggiovane” c’è un cattivo paranormale che rapisce bambini e convince la gente a fare cose: ahhhh quanta freschezza! C’è un ponte che c’è e non c’è, che forse solo la ragazzina protagonista vede, che attraversa per sfuggire alla realtà (cioè i genitori che litigano e si tradiscono) e si ritrova tipo a lottare contro il cattivone interpretato da Zachary Quinto che a ogni scena grida “So’ Zachary Quinto, ma quanto so’ bravo?”
      Una serie da evitare come il morso di Nosferatu…

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