Widows: recensione del film

widows_campa_bannerWidows (in Italia uscito col bellissimo titolo: Widows – Eredità criminale) è l’ultimo film diretto da Steve McQueen, lo stesso regista di Hunger (2008), Shame (2011), e 12 Years a Slave (12 anni di schiavitù, 2013). Sono andato al cinema con grandi aspettative, dato anche il cast che annovera tra gli altri Cynthia Erivo (esageratamente brava in Bad Times at El Royale, Sette sconosciuti a El Royale, 2018), Michelle Rodriguez, Colin Farrell, Daniel Kaluuya (eccezionale in Get Out, Scappa – Get Out, 2017) e Robert Duvall! E come mi è capitato altre volte ultimamente (per esempio questa volta qui)… sono uscito abbastanza deluso dal cinema. Perché? Mi spiego qui sotto, come sempre evitando spoiler.

La premessa di questo film è molto semplice: un gruppo di criminali tenta una rapina ma le cose vanno malissimo. Una volta circondati, durante l’inevitabile sparatoria con la polizia ci restano tutti secchi in una spettacolare esplosione. E così lasciano vedove le loro quattro mogli che, per ragioni che non sto qui a spiegarvi, vengono pure considerate debitrici della malavita di un bel po’ di milioni di dollari. Che fare? Fortunatamente, o sfortunatamente, Viola Davis, l’ex-moglie dell’amorevole Liam Neeson, trova il quaderno di appunti di quest’ultimo con cui anche un bambino sarebbe in grado di portare a termine un colpo pianificato fin nel minimo dettaglio per rubare cinque milioni di dollari. Basterà riunire le vedove e fare il colpo, che c’è di difficile?

Data la premessa, ammetto, mi sarei immaginato un film molto diverso. Praticamente nella mia mente era una specie di Ocean’s Eleven in stile McQueen, e la cosa mi intrigava assai. Invece temo che a McQueen sia sfuggita la cosa di mano e abbia tentato di fare un po’ troppe cose in un film solo. Ci sono almeno tre film dentro questo Widows, di cui nessuno mi ha convinto a pieno e almeno uno mi è parso di troppo.

Il primo è quello sulla storia criminale delle vedove che entrano a gamba tesa nel mondo della criminalità e dimostrano che possono fare come e meglio dei mariti defunti. Questa è in realtà soltanto una delle due trame principali del film ed è sviluppata in modo poco soddisfacente. Non c’è mai la sensazione che le tre/quattro vedove facciano parte di un gruppo che funziona: il vecchio trucco delle personalità incompatibili che sono un team perfetto è stato usato fino alla nausea da Hollywood e spesso con ottimi risultati (da 48 Hrs., 48 ore, 1982, di Walter Hill a Lethal Weapon, Arma letale, 1987, di Richard Donner), ma qui ne siamo lontanissimi. E soprattutto, per un film che costruisce sulla rapina perfetta tutta la sua tensione… la rapina è moscissima. Quel momento per me è stato assolutamente anticlimatico, assolutamente privo di tensione e di emozioni.

Il secondo film che McQueen porta avanti in Widows è sulla corruzione nel mondo della politica di Chicago. Non ci credete? Credeteci, perché di questo si parla per metà film, con delle elezioni la cui campagna dei due opposti candidati seguiamo con dovizia di particolari. E sinceramente questa parte del film non è così interessante, e smorza il ritmo della parte che, almeno sulla carta, era pù interessante, e cioè la storia delle vedove criminali. La storia dei politici corrotti l’abbiamo vista mille volte, e quella offerta da McQueen in questo film non è particolarmente memorabile.

Infine, il terzo tema portante del film è quello delle vedove che provano a sopravvivere dopo una perdita così tragica. Ognuna lo fa a modo suo, chi con più successo, chi con meno, ma il tempo dedicato a questa parte della storia è così striminzito che nessuna delle storie raccontate riesce ad essere particolarmente profonda. Forse se non ci fossero state così tante cose da raccontare e mostrare anche questa parte del film sarebbe uscita fuori con più forza, ma così com’è… no, non convince.

Widows dà la sensazione di essere sovraffollato. Ci sono troppi attori, troppe facce, troppe storie… e sì, le storie sono collegate tra loro, ma lo sono in un modo fin troppo banale. Il colpo di scena che non rivelerò non porta a molto, e anche il finale non è niente di sconvolgente. Quindi è un film ben fatto, in cui McQueen riesce anche a trattare il tema del razzismo della polizia (come se mancassero temi a questo film!), ma che secondo me non riesce nei suoi intenti. Mantiente a stento viva l’attenzione dello spettatore che arriva provato al finale. Ciao!

PS: forse una lezione da trarre è che bisogna fare attenzione a fare film basati su serie datate di cui i registi erano grandi fan da piccoli? Magari la serie Widows (in onda dal 1983 al 1985) era un capolavoro, eh, non lo so… ma a giudicare dal film che ne è stato tratto direi di no!


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