The Lord of the Rings: The Fellowship of the Ring: recensione del film

The Lord of the Rings, Il signore degli anelli. Già solo il titolo di questa imponente opera di J. R. R. Tolkien merita rispetto. Pubblicata originariamente nel 1954, è composta da tre libri uno più bello dell’altro ed era inevitabile che si tentasse di portarla sul grande schermo. Ci provò Ralph Bakshi nel 1978, ma problemi simili a quelli di David Lynch col suo Dune del 1984 portarono ad un risultato incompleto che a volergli bene (ed io gliene voglio) possiamo definire come un cult movie.

E poi all’inizio del XXI secolo ci provò Peter Jackson e… ci riuscì. E questo post è dedicato al primo dei suoi tre film tratti dalla saga di Tolkien, The Fellowship of the Ring (La compagnia dell’anello), uscito nelle sale di tutto il mondo nel 2001. Ricordo ancora perfettamente dove e con chi lo vidi (in un cinema nel centro di Pisa con la mia ragazza di allora) e le sensazioni che provai. Fondamentalmente, una: quella di non aver mai vissuto una cosa simile prima.

Jackson riuscì a creare un mondo fantasy splendido, fedele all’opera su cui si basava, e vivo, dinamico, reale. Non era un compito facile, per una volta i produttori hollywoodiani ebbero coraggio e la montagna di soldi investita nella trilogia del regista di Pukuera Bay (circa 300 milioni di dollari, senza contare il marketing) dette risultati superiori ad ogni più rosea aspettativa (incassò dieci volte tanto nelle sale).

Nel mio piccolo, mi sono comprato uno splendido cofanetto di 36 Bluray contenenti la trilogia di The Lord of the Rings, quella di The Hobbit, e decine di ore di contenuti speciali. E finalmente ho cominciato a guardare tutta questa roba! Inutile dire che i film sono presenti nelle loro versioni lunghe, di fatto ognuno di essi è diviso in due Bluray con segmenti di poco meno di due ore l’uno.

E dopo questo lungo preambolo, parliamo di The Fellowship of the Ring. Sulla trama mi soffermo solo un attimo. Bilbo Baggins (Ian Holm) festeggia il suo 111imo compleanno in grande stile e si ritira a vita privata lasciando i suoi beni, tra cui un misterioso anello, al nipote Frodo (Elijah Wood). Gandalf il Grigio (Ian McKellen) gli rivela che Sauron, il Signore del male, sta recuperando potere e ha bisogno proprio di quell’anello per dominare la Terra di Mezzo

La prima parte del film (un’ora e quarantacinque minuti!) è dedicata a sviluppare questa parte della trama mostrando da una parte gli hobbit e la loro pacifica Contea insidiati dai Cavalieri neri di Mordor, e dall’altra lo scontro tra Gandalf e Saruman (Christopher Lee) alleatosi a Sauron. Si introducono tanti personaggi riuscendo a caratterizzarli tutti senza troppi dialoghi o monologhi esplicativi anche grazie ad un casting eccellente. Per dire, i quattro hobbit della Compagnia basta guardarli per capire cosa aspettarsi da loro! Elijah Wood coi suoi occhioni teneri, il paffuto Sean Astin, e gli inarrestabili Billy Boyd e Dominic Monaghan sono semplicemente perfetti. Ma lo stesso si può dire della bellissima Arwen incarnata da Liv Tyler, e, passando alla seconda parte che vede la Compagnia in azione, sono ottimi anche il Legolas di Orlando Bloom, il Boromir di Sean Bean e, naturalmente, l’Aragorn del mitico Viggo Mortensen!

Jackson gioca subito la carta del legittimo erede al trono di Gondor (credo soprattutto in molte scene che furono tagliate per la versione che uscì nelle sale nel 2001, ma adesso mi è difficile dirlo visto che i miei Bluray contengono “solo” la versione estesa: tre ore e quarantacinque minuti, di cui venti di titoli di coda), e decide di accennare appena le future epiche battaglie, lasciando al centro dell’azione solamente la discesa a Moria, da brividi. Ripete in molti punti le scelte fatte prima di lui da Bakshi in quanto a introduzione con Isildur che sconfigge Sauron secoli prima degli avvenimenti del film, e anche in varie scene (si pensi al primo incontro col Cavaliere nero, o alla locanda di Brea).

La cosa che più mi affascina di questo film è senza ombra di dubbio la colonna sonora di Howard Shore. Al contrario della maggior parte di quelle odierne, è organizzata in temi dedicato ai vari personaggi: gli hobbit, Gandalf, Saruman, i Nazgul, gli elfi di Rivendell… e il risultato è notevole! Un po’ come per la marcia imperiale di John Williams che fa subito pensare a Darth Vader, i vari pezzi di Shore hanno il potere di evocare immediatamente le immagini del film e i suoi personaggi così ben caratterizzati. È una colonna sonora che mi trovo spesso ad ascoltare: epica certo, ma dinamicissima, con canzoni che variano in intensità, ritmo e atmosfere. 

The Fellowship of the Ring è un film riuscitissimo che mette in scena un fantasy classico dandogli una personalità tutta sua, e che si fa guardare anche nella sua versione estesa che è davvero molto lunga (difficile vederlo in una serata sola!). Certo, ci sono cose che funzionano meno (vedi Sam che affoga nel finale già abbastanza drammatico per la morte di Boromir), alcuni effetti speciali di cui si nota la fattura in CGI a venti anni di distanza, ma sono davvero poche. E le infedeltà a Tolkien ci sono, inutile negarlo, ma sono minime e funzionali alla trama che vuole giustamente dare un ruolo più marcato ai vari Aragorn, Arwen e Gandalf. E questo è solo l’inizio! Ciao! 



17 risposte a "The Lord of the Rings: The Fellowship of the Ring: recensione del film"

  1. vabbeh qui è la mia infanzia, è il mio preferito della trilogia e contiene un sacco di frasi iconiche!
    a me piace invece il worldbuilding, lo trovo veramente ricco e gli ambienti sono sempre stupendi.

    poi gli elfi, maschi e femmine che siano, so’ tutti uno più fig* dell’altr* 😂😂

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  2. Nulla da ribattere, un film stupendo e un primo atto perfetto per la trilogia di Peter Jackson! Vedendolo finalmente al cinema quest’estate ho proprio pensato a cosa deve essere stato trovarselo davanti per la prima volta senza aver mai visto nulla di simile prima, l’effetto di assistere alla storia del cinema che viene scritta davanti ai propri occhi.
    Come dicevo a mia volta, il mio preferito rimane sempre Le Due Torri (vado pazzo per Rohan, e il monologo finale di Sam mi distrugge ogni volta) ma è innegabile che La Compagnia dell’Anello abbia un fascino da fiaba veramente speciale.
    Aspetto di leggere anche degli altri due film!

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      1. Sai che invece, paradossalmente, ricordo in maniera molto limpida le visioni al cinema dei film Disney di quando ero bambino mentre tendo a rimuovere molte di quelle fatte negli ultimi anni? Forse anche perché da piccolo non era molto frequente che ci portassero al cinema, per cui ogni visione era un evento, mentre adesso, essendo diventata un’abitudine, trattengo solo quella davvero speciali.

        Grazie per la citazione!

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        1. Anche per me erano eventi quei film al cinema, però purtroppo l’età avanza e la memoria svanisce… Dei Disney ricordo The Lion King che andammo a vedere con tutti i compagni di classe delle medie tipo un 23 dicembre saltando tutti volontariamente un inutile rientro pomeridiano giusto prima delle vacanze e nulla più. :–/

          (la citazione è doverosa, sono io che l’ho aggiunta in ritardo…)

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  3. Cito: “Jackson riuscì a creare un mondo fantasy splendido, fedele all’opera su cui si basava, e vivo, dinamico, reale.”. La cosa tragice è che Jackson ha creato un paradigma estetico a cui tutti si sono ispirati e di cui tutti sono succubi. Basti pensare ai vari fantasy usciti dopo, da “Il Trono di Spade” a “La Ruota del tempo” per capire quanto il lavoro di Peter sia diventato di fatto il punto di partenza visivo del fantasy su schermo. E non lo trovo un bene.

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