
Elegy (ossia Elegia, ma tradotto Visioni) è un episodio a sé stante ma collegato alla perfezione con la mythology ed in particolare con il cancro incurabile di Scully apparso (in Il male oscuro) in seguito al rapimento avvenuto in Lo scambio. Ho trovato quest’ultima parte molto convincente e ben fatta, mentre mi è sembrata un po’ debole la parte monster-of-the-week.
C’è un nuovo serial killer a Washington che sgozza giovani ragazze che camminano sole per la strada. Lo strano è che gli spettri di queste vittime appaiono a persone a loro vicine fisicamente nel momento della morte, persone che in qualche modo sono anch’esse vicine a morire. Mulder e Scully investigano la cosa, e mentre Mulder è come al solito pronto a credere a queste apparizioni, Scully è molto più scettica. Finché uno spettro non appare proprio a lei…
Sappiamo che Scully è purtroppo malata terminale, ed è geniale come la trama di Elegy sfrutti questo fatto per inserire proprio lei tra i testimoni delle apparizioni degli spettri. Inizialmente la sua reazione è di incredulità, tanto che non lo confessa a Mulder, e per capirci di più va dalla psicologa Karen Kosseff (Christine Willes, già vista in Insospettabile e in Il gemello dannato). Ed è qui che l’episodio fa centro, tra l’emozionante seduta in cui Scully non riesce a trattenere le lacrime e il dialogo finale con Mulder in cui è evidente che entrambi vogliono dire di più l’uno dell’altro ma in cui nessuno dei due riesce a lasciarsi andare, non ci danno neanche la soddisfazione di un abbraccio. Almeno Scully un pianto liberatorio da sola in macchina se lo fa, ma sarebbe stato bello se Mulder si fosse fatto sentire vicino a lei, come effettivamente è, anche con un gesto fisico.
D’altra parte, la storia del serial killer vicino al povero Harold (Steven M. Porter) e all’infermiera Innes (Nancy Fish) non mi ha convinto più di tanto, forse anche per semplice mancanza di tempo visto che i 50 minuti dell’episodio non permettevano di approfondire entrambe le linee narrative, e quella dedicata a Scully e alla sua malattia era decisamente più interessante.
Ho apprezzato l’omaggio a One Flew Over the Cuckoo’s Nest (Qualcuno volò sul nido del cuculo, 1976) costruito con tutte le scene nel manicomio e usando uno degli attori del film, Sydney Lassick, nella parte di Chuck, l’amico di Harold, è evidente che tutto questo non era che qualcosa di supporto per sviluppare la storia di Scully. Infatti non è ben chiaro come le medicine di Harold rendano l’infermiera una maniaca omicida, né come l’astinenza da quelle stesse medicine porti Harold ad una fine prematura, né il perché delle apparizioni degli spettri di queste persone conosciute (poco) da Harold.
Ma, come detto, qui è lo sviluppo (tragico) del personaggio di Scully ad essere al centro dell’attenzione, ed Elegy si afferma come un momento importante nella serie in qualche modo confermando la gravità della sua malattia e la vicinanza alla sua morte. Sarà il finale di stagione a cambiare questo destino? Lo scopriremo presto, ciao!
Episodio precedente: Somma zero
Episodio successivo: Demoni
Per il mio ciclo di post “X-Lucius” ho beccato un romanzo americano in cui la protagonista è appassionata di X-Files e non vede l’ora che finalmente Mulder e Scully caccino fuori ‘sto bacio!!!! 😀 (però il romanzo, se non ricordo male, è uscito con la serie ancora in corso quindi era solo una pia speranza dell’autrice.)
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Quel bacio lo volevano in tantissimi! Quando poi è arrivato forse almeno alcuni si sono pentiti di averlo desiderato così tanto… :–)
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In effetti, la colonna portante dell’episodio è la malattia di Scully, intorno alla quale si è cercato di costruire una storia con un “monster of the week” piuttosto convenzionale e nemmeno così indispensabile allo svolgersi degli avvenimenti: a parte la nota di colore soprannaturale data dagli spettri delle vittime, infatti, con una qualsiasi tipologia di villain diversa dal serial killer il ruolo di Scully avrebbe (giustamente) avuto il medesimo peso… Ad ogni modo, direi che ci possiamo accontentare comunque del risultato finale 😉
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Assolutamente! La parte seriale era inserita bene in episodi autoconclusivi, secondo me era un ottimo modo di confezionare le serie (e lo preferisco alle serie odierne dove una trama è spalmata su più episodi e uno di essi preso singolarmente non dice niente)!
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Verissimo! Infatti oggi si potrebbe tranquillamente parlare di “episodi seriali”, non intendendo dire con questo che un episodio fa parte di una serie, quanto che E’ la serie esso stesso (un’unica trama spalmata in più parti, appunto)…
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Perché mai WordPress mi avrà cambiato avatar, visto che sono sempre io? Mah 😐
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Ahahah! I misteri di WordPress! X–D
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Secondo me richiedeva molto più talento scrivere storie con un’inizio e una fine da svolgersi in 45 minuti e che allo stesso tempo contribuissero ad una trama orizzontale, che non queste sbrodolate tanto di moda in cui servono 8 o 10 episodi (un’intera stagione) per raccontare storie striminzite facendo finta che siano epiche… Ma sono vecchio e cinico e si stava meglio quando si stava peggio e non esistono più le mezze stagioni! :–)
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Be’, allora a essere vecchi e cinici siamo in due! 😂
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X–D
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