Doctor Strange

doctor-strange-benedict-cumberbatch-rachel-mcadams
Marvel’s DOCTOR STRANGE L to R: Doctor Stephen Strange (Benedict Cumberbatch) and Christine Palmer (Rachel McAdams) Photo Credit: Jay Maidment ©2016 Marvel. All Rights Reserved.

Ho riesumato un librone sulla fantascienza che degli amici mi regalarono anni fa e che dopo averlo letto la prima volta è rimasto sulla mensola accanto ad altri libri dalla solita dimensione (sì, ordino i libri per dimensione invece che per autore, fatevene una ragione. Sono preciso e masochista). Si chiama Ai Confini della Realtà ed Oltre. Questo compendio sulla fantascienza ripercorre a grandi linee le opere SCIFI più significative del Novecento e fa anche una capatina nel primo decennio del Duemila chiudendo la sua sommaria analisi verso il 2013. Mi pare.

Sfogliandolo una seconda volta mi sono reso conto che non avevo ancora visto dei filmoni importantissimi per il genere tipo Things to Come (1936), intelligentissimo film sulla guerra e sul futuro, o The War of the Worlds (1953) con i suoi effetti speciali piuttosto avveniristici per l’epoca.

Tra i tanti non poteva mancare all’appello The Day the Earth Stood Still del 1951, e siccome sono una persona precisa (e masochista) mi sono anche visto il remake del 2008 con Keanu Reeves perennemente intrappolato nella parte di Neo di MatrixJennifer Connelly, perennemente intrappolata nella parte di quella bona come l’aria.

Ma che cazzo c’entra tutta sta roba con il Doctor Strange? Ve lo dico io: Scott Derrickson. Si dà il caso infatti che il signor Derrickson sia il regista di The Day the Earth Stood Still del 2008 e anche del Dr. Strange (non del film tv del 1978, che non ho visto ma che a questo punto… Mi tocca. Questa cosa del preciso + masochista mi perseguiterà fino alla tomba).

Stupito da questa incredibile casualità inizio a sentirmi un tantino male, Scott Derrickson infatti non mi suonava nuovo come nome, ma perché? PERCHE’? Perché è il regista di Hellraiser 5! Tremendo capitolo di una saga che conta un primo film bello e un seguito decente e che dopo frana ignobilmente su se stessa. Film visto durante un periodo nefasto in cui con altri due amici ci siamo guardati TUTTI gli Hellraiser così, per essere precisi e… lo sapete.

E per non farsi mancare nulla il sig. Scott Derrickson si imbarca nell’horror soprannaturale a sfondo religioso: The Exorcism of Emily Rose cazzatella per bambini di quattordici anni, Sinister come sopra e un certo Deliver Us from Evil che non ho visto e che non vedrò (si fotta la precisione e il masochismo).

Biglietto da visita tremendo per questo shooter invischiato nel meccanismo del cinema commerciale, ci si domanda perché qualcuno lo abbia messo dietro una macchina da presa. Si scrive anche i film da solo. Un illuminato della cazzata.

Tremo al pensiero di dover vedere nuovamente un suo film, ma c’è la Marvel dietro che di solito frena tutti quelli invischiati in questi progetti, se sono riusciti a tenere sotto controllo Gunn in Guardian of the Galaxy (errore) conterranno anche l’incompetenza di questo tizio. Si spera.

E quindi, via:

Doctor Strange

Strange è un film che oscilla tra il mondo reale il sogno e la magia, che forte di poter creare un immaginifico unico e senza restrizioni ci catapulta subito e senza fronzoli in questo universo mistico che si scontra tra scienza ed esoterismo, razionalità e incantesimi, doveri ed egoismo.

Il film diventa interessante per le tematiche trattate (o che vorrebbe trattare, ma ci arriviamo dopo) e per come interagisce con il personaggio di Strange nel gestire questo dialogo con il pubblico. Il primo messaggio e il più presente è questo scontro tra credenze mistiche da santoni e scienza razionale: Strange (Benedict Cumberbatch) è un chirurgo affermato nel suo campo e causa questo esasperante successo è diventato una persona alquanto deplorevole, spocchioso e incurante del dolore altrui tratta i pazienti come meccanismi per aumentare la sua fama da chirurgo inoltre si rapporta con la sua ex fidanzata (Rachel McAdams, bella da schiantà) con supponenza e superficialità, è una merda in sintesi. Ma una merda che ha sempre fatto della razionalità il suo punto fermo nella vita, questo fino a quando un tremendo incidente d’auto gli compromette in modo irreparabile le mani, rendendolo così incapace di eseguire al meglio la sua professione.

E qui si ha la collisione tra i due mondi, si ha uno sviluppo del personaggio e una maturazione delle tematiche trattate: Cumberbatch si reca in India per cercare una soluzione alla sua attuale condizione fisica trovando una nuova realtà fatta di misticismo, apprendimento e misteri. Il film in questo punto mi ha ricordato molto Batman Begins (2005) di Nolan: l’eroe in terra asiatica che tramite l’unione ad un culto segreto apprende nuovi poteri grazie a pratica ed allenamento, la differenza però sta nelle intenzioni, mentre Bruce Wayne cerca se stesso e una redenzione, Strange cerca le sue mani, non ha propositi più alti o fini morali di spessore. Strange rivuole il suo lavoro e il suo egoismo.

Molto bella questa ricerca disperata di una vita asettica ed egoista, perduta per uno stupidissimo ed evitabilissimo incidente stradale, che invece trova un nuovo piano di esistenza che porta il protagonista ad elevarsi da una concezione di umanità del tutto distorta e lo pone invece difronte a responsabilità e realtà ben diverse, qui tutto assume un dualismo ben riuscito:

  • Corpo fisico che rappresenta il vecchio Strange e corpo mentale che rappresenta il nuovo Strange.
  • Magia e medicina, arti distanti che però si completano a vicenda rendendo indispensabile l’una quanto l’altra. Le ferite fisiche inflitte dalle proiezioni mentali si curano con la medicina, ma in ospedale ci si finisce con un teletrasporto. Complementi distanti di una sola realtà.
  • Strange egoista spocchioso che grazie a questo suo forte carattere riesce in breve tempo a padroneggiare le vie della magia, dovrà però imparare l’altruismo e il rispetto per capire a fondo i propri errori, gestire gli affetti e accettare il personaggio del maestro Tilda Swinton, sospesa tra due mondi.
  • Appunto la Swinton, questo maestro che accetta i poteri della tanto temuta dimensione oscura per mantenere l’equilibrio e la pace sulla terra.

Strange dunque ci mette davanti ad uno degli aspetti più controversi della quotidianità, della vita se vogliamo, l’etica e la morale. Mai giusta mai sbagliata, compromessi, saggezza e comprensione. Non è un caso infatti che ogni aspetto assoluto del film muti o si distrugga: Chiwetel Ejiofor irriducibile e irremovibile paladino che non ammette intrusioni della magia oscura e che alla vista del supremo maestro che ne fa uso (come detto per il bene) muta in una minaccia, Mads Mikkelsen nei panni del villain che ammette solo la magia oscura e ne cade vittima, il bibliotecario freddo e severo si fa scappare una risata post climax.

Anche Dormammu, supremo signore della dimensione oscura, scende a patti e mostra una faccia differente da quanto si potesse immaginare.

Lunico personaggio con un aspetto doppio (escluso Strange) che muta è appunto il gran maestro Tilda Swinton, che però segue l’evoluzione di Strange passando il testimone a quest’ultimo, infatti Tilda e Benedict sono personaggi dalla doppia faccia che però hanno un aspetto della loro singolare personalità più marcato, Strange e il suo egoismo e L’Antico con la sua immortale sicurezza. Mentre come già detto Strange muta il suo egoismo in altruismo, L’Antico muta la sua immortalità in mortalità, entrambi accettano il cambiamento con serenità e coscienza ed evolvono in uno stadio superiore di completezza. Personaggi quindi non così differenti dagli altri assoluti che compongono il resto del cast, ma in bilico: assoluti per dovere o per piacere, dissoluti (perdonatemi questa libertà di termini) nel comprendere se stessi.

Che bello quindi questo aspetto ascetico di Strange che ci catapulta in una scoperta dei personaggi dalle tante sfaccettature e che ne analizza il carattere, bei messaggi e bella morale.

Ma come film? Cioè… il succo del film. L’intrattenimento Marvel c’è?

Sì, e forse è la cosa che fa più male al prodotto. Capitemi: Doctor Strange è un film con un fortissimo impatto visivo ma che mi ha ricordato troppo altri prodotti per riuscire a colpirmi come si deve: la dimensione specchio ci catapulta con violenza dentro Inception (2010) di Nolan con una città involtino 2.0, più grossa più esagerata e esteticamente impeccabile, ma già vista. Rincorse nei corridoi che si torcono, scivoloni su superfici mutevoli, lo spunto è chiaro e fin troppo palese. Bellissimi i colori, soprattutto nella sequenza del primo viaggio onirico di Strange e nel finale con Dormammu, salti tra l’arancione accesso e il viola circondato da questi neri infiniti profondissimi. Mi ha riportato alle colorazioni di Guardians of the Galaxy (2014) o Age of Ultron (2015), infatti non mi stupisco quando apprendo da IMDB che il direttore della fotografia è appunto Ben Davis che ha messo mano anche nei titoli appena citati. Dunque, bellissima cromatura per il nostro Strange ma un tantino troppo conforme all’ultimo prodotto Marvel. Io avrei optato per un alternarsi di colori freddi durante le scene che si svolgono nella realtà e per queste cromature brillanti quando ci troviamo nell’oltre corpo, ma sono considerazioni personali. L’Asia che mi ricorda Batman, anche qui con la prova del corpo temprato al ghiaccio delle montagne, con il protagonista incapace ma poi maestro. La totale assenza di sangue anche durante le operazioni chirurgiche, dove il sangue c’è e si vede.

Insomma… Strange appunto è Marvel e in quanto tale non esce dai canoni narrativi standard del prodotto Marveliano: trama abbastanza banale con i soliti incastri da action proteggi / distruggi, villain con poco impatto che alla fine risulta un ingranaggio dovuto dalla sceneggiatura e nulla più, e sviluppo stavolta con degli inciampi concettuali che sinceramente non mi sarei aspettato da questi filmetti di solito abbastanza solidi nel raccontarsi.

Questa monotonia Marveliana è però spezzata nel climax che vede uno Strange costretto a ragionare e giocare con la magia per sconfiggere l’altrimenti imbattibile Dormammu, climax molto intelligente e insolito per la Marvelata di turno che risolleva il morale dello spettatore e ci fa dire: bravi. finalmente qualcosa di nuovo in questo genere di prodotti.

Gioiamo nel finale ma storciamo il naso nello svolgimento? In sintesi sì.

Il film è spesso forzato: vedi l’uso dell’Occhio di Agamotto che modifica il tempo a piacimento del portatore ma che delle volte non viene usato per risolvere situazioni critiche in cui poteva essere indispensabile, ad esempio non si salva Tilda Swinton da una ferita mortale ma invece lo si usa per riportare il bibliotecario in vita durante lo scontro finale con Mikkelsen, cosa assolutamente forzata e non spiegata dal film; sempre Mikkelsen irrompe nella biblioteca per rubare un tomo contenente dei pericolosi e potenti incantesimi ma non ruba l’Occhio di Agamotto, in bella vista e senza protezioni, pur sapendo dei suoi poteri (anche se non fosse in grado di usarlo sarebbe comunque stato più saggio sottrarlo ai tuoi nemici vista la pericolosità dell’artefatto); la McAdams che non vede Strange da mesi e quando lui torna in forma di spirito fluttuante vestito come il Mago Otelma la reazione della ragazza è: urletto e un po’ di spavento, poi chissené, continuo a fare l’operazione chirurgica.

Insomma tante piccole forzature e omissioni evitabili che mi hanno leggermente stordito e che compromettono il veicolarsi dei messaggi del film, concettualmente più che buoni.

E già che si parla di casini nella narrazione, e tanto per ricollegarsi al discorso iniziale: Scott Derrickson si conferma un incapace.

O almeno chi ha montato il film si conferma un incapace, anche se credo che il regista non si sia limitato solo a girare le scene per poi andarsene a casa, e comunque ho visto quattro film su cinque di questo cialtrone e tutti hanno il solito dannatissimo problema.

Il dannatissimo montaggio

Questo film purtroppo soffre di una mancanza di diegetica assurda, il raccordo tra le scene spesso è frettoloso o inesistente, non so chi ha visionato il montaggio ma è da seggiolate nelle gengive: molto spesso si ha la sensazione che manchi una relazione tra le scene e assistiamo alla narrazione che va di palo in frasca pur rimanendo all’interno della solita cornice.

Strange guida e dopo un montaggio serrato tra i componenti dell’auto e degli esterni sulla strada lo ritroviamo coinvolto in un incidente, l’auto sbanda e lui finisce giù da una scarpata. Senza che ci sia dato modo di vedere cosa ha scatenato l’incidente, la distrazione? La strada bagnata? La strada stretta?

Siamo in un santuario che si chiacchiera amabilmente e BEM! Ecco i cattivi che entrano da una porta rubano della roba fanno casino e poi spariscono. Senza build up della scena, senza preludio all’azione o raccordo logico tra il dialogo e la situazione successiva.

I cattivi attaccano i santuari che sono disposti a protezione del pianeta terra, sono tre e se cadono la barriera spirituale che separa la terra dal mondo degli spiriti oscuri cadrà, bene… questi passaggi sono caoticissimi: i cattivi arrivano, fanno un rituale ma… stacco di montaggio, Strange li interrompe e parte uno scontro. Strange viene pestato e dopo si dice che ‘il santuario è caduto’, ma lo spettatore ha visto il rituale spezzarsi e non completarsi! Mi manca un passaggio, una scena. Hai staccato su quella cosa e non ci ritorni, la do per scontata? E’ caduto perché Strange ha perso o perché il guardiano è stato sconfitto? In che modo funziona questa cosa? Cosa mi vuoi narrare e come?

Ad un certo punto si dice che sono caduti tutti e tre i santuari ma io non me ne sono accorto.

Potrebbe anche andare bene se il film fosse narrato tutto dal punto di vista di Strange senza mai cambiare soggetto narrativo ma non è così, spesso si passa ai cattivi a Dormammu al bibliotecario alla Swinton. Strange soffre tantissimo di questi problemi di montaggio che rendono la narrazione inutilmente frammentata e non scorrevole.

Peccato perché il resto c’è, il film è ben fatto e l’idea con i suoi piccoli incastri di trama che veicolano messaggi interessanti ci sono, ma spesso la narrazione inciampa su se stessa rendendo il susseguirsi delle scene un po’ un pasticcio.

Eeeeeee allorraaaaaaa Strange: Come è?

Caruccio. Bellissimi messaggi, visivamente di impatto anche se prende spunto in modo troppo palese da altri film, forse più riusciti. Tecnicamente abbastanza mediocre, vittima di un montaggio mal fatto e di un manico registico cialtrone. Bravissimi gli attori (La McAdams fa un urletto a zampa alzata stile ‘mio dio un topo’ che è l’apoteosi del sexy involontario), forse Mikkelsen usato poco e senza genio. Giacchino per la prima volta fa una colonna sonora che si stacca dalle sonorità di John Williams per cercare una sua identità, non mi ha colpito in modo positivo ma punto a favore per lo sforzo. Trama con delle forzature e forse troppo banale ma che si riscatta nel finale. Battute ben dosate e molto simpatiche.

Godibile questo Strange ma non pienamente sufficiente.

Nota post recensione: doppiare CumberbatchMikkelsenRachel McAdams dovrebbe essere considerato reato punibile con la morte. Anche se il doppiaggio nostrano è comunque di buona fattura.

E mi sono tenuto anche sotto i 3000 caratteri. Ci si rifà con Rogue One.

Addio.


2 risposte a "Doctor Strange"

Lascia un commento