Ant Man and the The Wasp

wasp

Cosa è che rende un film della Marvel un buon film? Un buon prodotto? Qualcosa che ti rimane?

Dei miei amici tra cui Sam Simon e Bad Karma dicono che i film Marvel sono scadenti perché sono tutti uguali. Io non sono d’accordo. Pur ammettendo una palese somiglianza di struttura ed espedienti narrativi non lo vedo come un problema. Quanti film sono tutti uguali ma ci piacciono? Gli Arma Letale, la saga di James BondTerminator, Indiana Jones, alcuni Harry Potter, i film di Bourne, moltissimi film di Guy Ritchie… ci siamo capiti. Attenzione però, non sto dicendo che questi film siano uguali tra di loro! Ovviamente nei brand che ho citato ogni prodotto ha una singola identità, infatti distinguiamo perfettamente Raiders of the Lost Ark (1981) da The Last Crusade (1989) anche se la struttura del film è pressoché la solita. Li distinguiamo perché nella stessa struttura hanno degli elementi che li rendono memorabili. Può essere una battuta, la trama avvincente, il montaggio, la colonna sonora, un particolare unico, il regista che porta un tono distintivo alla pellicola, un vattelappesca con le eliche, non lo so. Però hanno qualcosa che ti fa dire: “Ah! Cazzo, ganzo, me lo ricorderò!”

Uguale per la roba della Marvel. Hanno la solita struttura copiaincollata in praticamente tutti i film e poi provano ad essere unici con degli elementi singolari, con qualcosa di memorabile. Se ci pensate bene i peggio Marvel sono quei film che non riescono a bucare lo schermo perché intrappolati nell’anonimato compositivo. Thor: The Dark World che non ha nulla di memorabile è uno dei peggio film della Marvel, Dr. Strange che copia la sua presunta identità da altri titoli come Inception di Nolan e rimane un film abbastanza anonimo. La saga di Iron Man si fa guardare per la presenza di Robert John Downey Jr. altrimenti sarebbe del tutto dimenticabile; passi il primo film che praticamente è l’inizio del Marvel Cinematic Universe, ma gli altri due? Per cosa si distinguono? C’è un cattivo a cui sta sul cazzo Tony Stark, prova ad ammazzarlo e perde. Con i soliti incastri di trama e i soliti espedienti narrativi.

Infatti ci sono anche i Marvel decenti (ve lo dico sempre, a me questa roba di solito piace di più di quasi tutto il resto del cinema. Il cinema commerciale è da molto tempo il mio preferito) come l’ultimo Thor che unisce questo sua voglia di avventura anni ’80 ad una colonna sonora rock azzeccatissima. Guardians of the Galaxy (che detesto ma che riconosco essere due film a loro modo unici) che fanno leva su questa galassia fantasy dai colori sgargianti. La saga di Captain America che la butta più sul film action puro che sul super eroistico.

Insomma… fanno schifo perché sono tutti uguali? No… come tutti i film di un genere fatti con un idea comune l’essere simili non è di per sé un problema. Lo diventa quando si esaspera il brand e si inizia a ripetersi nella ripetizione. Adesso la Marvel sta andando incontro a questo problema: i film sono talmente tanti che per forza iniziano a somigliarsi un po’ troppo e spesso la produzione fatica a sfornare idee intelligenti per rendere la solita minestra particolare. E quindi fanno schifo perché sono tutti uguali? Sì… che confusione! E’ un discorso che va contestualizzato. Forse possiamo intenderlo così: la frase “fanno schifo perché sono tutti uguali” è un estremismo che secondo me non si applica bene al brand. Anche perché non è vero che sono tutti uguali, la struttura è simile e provano a vivere di elementi che li contraddistinguono. Come poi molti film dentro il solito genere. Possiamo dire “tanti fanno schifo perché non riescono a distinguersi”. Oppure “fanno schifo per degli errori compositivi”. Ma di per sé il fatto di essere un po’ troppo uguali l’uno all’altro non è un problema. Ricordiamoci anche che il MCU si rifà alla struttura compositiva di una serie televisiva, e che venendo mandata al cinema si avvicina molto agli sceneggiati a puntate di tanto tempo fa, come i tre serial degli anni ’30 di Flash Gordon o gli innumerevoli film di Charlie Chan che si sono susseguiti a cavallo tra il 1920 e il 1950. La serialità non è un metodo di paragone secondo me computabile.

E poi c’è Ant Man del 2015 di Peyton Reed che secondo me è un film delicatissimo. In che senso? Nel senso che riesce ad essere divertente ed unico non certo per lo scazzo generale in cui sguazza, che comunque lo pone su un piano di tutto divertimento che giova alla pellicola. Né perché la trama è avvincente, in effetti la solita del 95% degli altri film Marvel. Ant Man è un buon Marvel perché gioca bene con l’unica idea che ha: lui diventa piccino. Su questo banale ma riuscito –lui diventa piccino- si costruisce il film giocando bene con questo (unico) espediente. Il combattimento nel trenino, Ant Man che si infila nei circuiti delle cose come in Super Human Samurai (19941995), che cavalca le formiche. Ant Man è ganzo perché vive di una idea ganza. La regia di Reed è simile a quella di un video musicale però riesce a trasmetterti l’idea delle dimensioni delle cose, della sensazione di piccolo VS grande e in un certo senso ci riporta a quel sottovalutatissimo Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi di Joe Johnston (Honey, I Shrunk the Kids1989) di cui è un concettuale remake moderno.

Ant Man vive quindi di una sola idea. Una sola. Non ne ha altre. E cosa succede quando hai una idea e la sfrutti e ti va bene? Ci fai i seguiti. Ora… ci sono idee e poi ci sono le gimmick. Che cazzo sono le gimmick? Il termine si traduce in italiano come trovata. Ammetto che rende l’idea. Una gimmick è un personaggio che suscita interesse nel pubblico esasperando ed esternando in modo visivo, tangibile, il suo comportamento. E’ qualcosa di così evidente che il tuo cervello sa subito dove andrà a parare. Il termine è usato ampiamente nel Wrestling e identifica quei lottatori che tramite i loro costumi e le loro battute suggeriscono in modo palese il personaggio che interpreteranno (vi ricordo che il Wrestling è finto. Cioè… sono stunt esperti che sanno come intrattenere fingendo di farsi male ma non si fanno davvero male. O almeno, non tanto quanto sembra). Prendiamo uno shonen manga. Spesso i personaggi che compongono gli shonen sono delle gimmick perché il loro aspetto suggerisce il loro carattere e le loro abilità di combattimento. Se te vedi uno avvolto dal fuoco con un arco di fuoco in mano sai già dove andrà a parare: scoccherà frecce di fuoco, sarà immune ad attacchi di fuoco ma sensibile all’acqua, ti brucia se ci vai vicino e così via. Ant Man è una gimmick nel senso che lo vedi, diventa piccino e finisce li. Il tuo cervello sa già dove si andrà a parare e dopo l’ovvio effetto di stupore iniziale la cosa si trivializza da sola. E’ talmente particolare ma al contempo telefonato e prevedibile che dopo averlo visto per due ore nel primo film muore li.

E’ anche vero che possiamo applicare questo concetto delle gimmick a molti degli eroi dei fumetti. Vedi Spider Man o il Dr. Strange per dirne due. Però loro fanno anche altro, sviluppano nuovi poteri, scoprono nuove abilità. Ant Man no. Almeno per adesso. E certo potreste dirmi: Però in questo film diventa grande! Se io compro una pallina rossa e poi la ricoloro di verde dicendovi che è una nuova pallina, voi cosa mi direste? Che sono un truffatore, molto probabilmente.

Il mio amico Bad Karma con cui sono andato a vedere il film mi dice una cosa giusta: che alla fine è un film di scazzo e va preso per come è. Assolutamente vero. Infatti sono sicuro che se si va a vederlo a cuor leggero, con l’intento di passare una serata a farsi due risate potrebbe essere un prodotto abbastanza adatto allo scopo. Però pensateci a cosa avete visto. Cosa abbiamo visto? Quello che sapevamo già che sarebbe successo: un tizio diventa piccino (no, basta dirlo! Il diventa grande non vale). La gimmick si è esaurita. Il tormentone ha rotto le palle. Muore li. Diventa piccino, poi? Basta.

Ant Man and the The Wasp, sempre di Peyton Reed, non ha niente di altro su cui far leva. Per me è il nuovo Thor: The Dark World. Il plot è forzatissimo e veicolato malissimo, quando capisci che tutto si basa sul fatto che due tizi non si sono fatti una telefonata di cinque minuti crolla come un castello di carte. I cattivi sono anonimi e poco presenti, soprattutto Ava (Hannah John-Kamen che è bellissima!!) che poteva essere sfruttata facendo leva maggiormente sulla sua rabbia, viene invece lasciata a se stessa e muore nell’anonimato più totale. In una scena millanta di rapire la figlia di Ant Man, la scena è costruita per farci intendere che potrebbe farlo ma invece non succede assolutamente nulla e la cosa muore li. Boh. Il film soffre di molteplici errori concettuali e di coerenza, su tutti il potere di Ava di non essere tangibile per la materia, quindi dovrebbe sprofondare nel terreno ma invece pare di no. Non è spiegato in nessun modo (come invece aveva la premura di fare il brand degli X-Men che ci dice che Shadowcat fluttua quando diventava intangibile) e rimane una delle tante vaccate messe li. Il film soffre di una lentezza abbastanza palese nella prima parte che fortunatamente si defila nella seconda parte dando spazio ad un climax devo dire molto molto carino. Forse l’unico punto a favore della pellicola. Diegetica tra le scene d’azione completamente arbitraria, spesso assistiamo a combattimenti che finiscono dal nulla o a personaggi che sbucano da angoli improbabili della scena come se avessero il teletrasporto. Orribili e ripetitivi tutti quei rallenty quando gli oggetti si ingrandiscono, lo hai fatto una volta basta. Non banalizzarti da solo. Tremendi gli spiegoni di trama sintomo di una scrittura zoppicante, messi li per fare luce su alcuni personaggi e che rendono il film farraginoso e pesante. Battute ironiche già viste e riviste: La telefonata che stempera la situazione drammatica, o i battibecchi da beoti dei comprimari amici di Scott Lang (Paul Rudd). Tremenda la battuta tra Walton Goggins e Michael Pena, in cui il personaggio di Pena è sotto l’effetto di un siero della verità e Goggins gli dice “dimmi di Lang” e lui gli racconta tutta la storia di Lang partendo da lontanissimo. Ha ha ha. Che ridere. Era già vecchia nel 1990 questa battuta, e comunque nei Goonies (già vecchia anche li, ed era il 1985) è fatta mille volte meglio.

Il film prova a salvare la baracca proponendo qualche battuta riuscita, alcune scene sicuramente divertenti e qualche idea qua e là che risolleva un po’ lo spettatore abbioccato.

Cosa rimane di Ant Man and the The Wasp? Un film Marvel dimenticabile che si infila dietro gli altri Marvel dimenticabili perduti nel marasma di questo brand. Il film è una gigantesca gimmick ironica che però non ha nessun effetto avendolo già esaurito nel precedente titolo. Del tutto prevedibile e per nulla sorprendente il film vira verso il noiosetto per quasi tutta la sua durata risollevandosi verso la fine ma comunque risultando stopposo e anonimo. Se preso a cuor leggero potrebbe comunque divertire ma ci troviamo davanti ad un grosso pastone ricco di eventi che fungono da cortina di fumo per celare una trama incerta e una mancanza di idee abbastanza palese.

Ultimi appunti del tutto irrilevanti:

  • Doppiaggio osceno e completamente fuori sincrono.
  • Carina la prima scena post credit che non vi spoilero.
  • Secondo me una potta come Evangeline Lilly si rivede tra vari millenni.
  • Michelle Pfeiffer ha trovato il modo di farsi il lifting nella dimensione quantica. Grandissima!

Curiosità:

Le versioni giovani di Michelle PfeifferMichael Douglas sono state create usando attori con dei tratti somiglianti alle due star poi modificati con la C.G.I. Un po’ come avevamo già visto in Rogue One o Tron Legacy, mentre per il giovane Bill interpretato da Laurence Fishburne è stato usato il figlio di Laurence, Langston Fishburne.

Addio!


3 risposte a "Ant Man and the The Wasp"

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