Star Wars – Rogue One

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Spoiler in meno di dodici Parsec nella rotta di Kessel. Quindi se non volete sapere cosa vi aspetta non leggete.

Star Wars è passato dall’essere un evento cinematografico dalle attese dilatate, parliamo anche di due o tre anni tra un film e l’altro, all’assimilazione disneyana che ha mutato l’originale marchio e le sue tempistiche di creazione portandolo ormai ad un evento annuale, allineando così il brand al cinema commerciale odierno che, come i film che genera, è molto veloce e di facile consumazione. Possiamo considerarlo, facendo un accostamento con il cibo, come il fast food del cinema. I film escono in fretta e si consumano in fretta: guardi il nuovo Marvel e non hai tempo di assimilarlo e metterlo nel cassetto dei nuovi cult perché dopo venti secondi c’è un altro nuovo Marvel.

Questo fenomeno diventato ormai consuetudine porta a due ovvie situazioni:

  1. Un calo dell’hype da parte dello spettatore che essendo bombardato dai film non ha la possibilità di assimilarli.
  2. Un mare di film del solito marchio, il che ci porta ad un notevole aumento delle probabilità che tali film siano riusciti o delle cazzate.

Il secondo punto e il primo sono inevitabilmente legati perché inizi ad andare a vedere i film come ti rechi a fare la spesa, o dal panaio, diventa una consuetudine legata al nome che trasporta il marchio in questo vortice di disinteressato anonimato e spesso non si riesce a distinguere un prodotto buono da uno più scadente o non si ha il tempo materiale di poter capire cosa cazzo abbiamo visto.

Da fan del cinema commerciale, che è il mio cinema preferito, mi sento come un abituale consumatore di Mc Donald: grasso, malato ma soddisfatto. Forse sbaglio perché questo mio fare da cinefilo obeso fomenta il fast food creando una reazione a catena devastante da cui usciremo con estrema difficoltà. Una slavina di prodotti mediocri.

Ecco il mio mood per Rogue One.

Ammetto che un po’ ci speravo e che quindi mi sono seduto al cinema con un minimo di aspettative, ma sotto sotto sapevo che tra due ore sarei uscito dal The Space di fiducia con la solita faccia da: Meh… Dicendo agli amici: Meh… Scrivendo sul blog: Carino ma meh

Meh

E invece…


Rogue One

Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana.

E NON PARTE LA MUSICA E IL TESTO SCORREVOLE.

Non parte. Non c’è!

Beh… Io qui era già in estasi. Mi devasti così da subito i paletti irremovibili del film di Star Wars? Lo metti nel culo già subito ai soliti fan puristi e rompicazzo che vogliono vedere le solite cose in ogni film nell’infinito del tempo? La siglina. La camera che si sposta sul pianeta. Le scelte visive di Lucas. La nave da sotto. La nave di lato. Lo speeder in lontananza sull’orizzonte.

Attenzione, parlo da fan.

Me lo calci così? Dritto nella bocca. PEM.

Siglina? Calcione in bocca.

Scena di apertura: Campi lunghi su un pianeta desolato, prati con l’erba scura mossa dal vento, aria carica di tensione come prima di una tempesta, una forza incredibile nel girare questa desolazione incorniciata dal cielo plumbeo e spezzata da una navetta imperiale che solca queste desolate armonie distruggendo il quadro di calma appena presentato.

No… fermi tutti. Sembra Terrence Malik (no, però sul momento era bello pensarlo). Gareth Edwards lo sta mettendo nel culo a tutti così? Non ci credo. Non voglio crederci.

Per me questa scena di apertura è stata una rivelazione, ero estasiato. Le idee di ripresa e le idee visive di Lucas, poi rielaborate in modo eccellente da J.J. Abrams (ditemi cosa vi pare su Episodio VII ma J.J. le cose le sa girare, delle volte si fa prendere la mano ma le sa girare), inesistenti. Cancellate. Ecco cosa è Rogue One.

Rogue One è quello che serviva a Star Wars. Quello che doveva fare J.J. e che non ha fatto, quello che doveva fare Lucas nel primo decennio del 2000 e che non ha fatto. Quello che serviva a un brand ormai così sviscerato ed esplorato.

Serve qualcosa di nuovo, di nuovo davvero! Non il pianeta desertico che invece di Tatooine si chiama Pratooine ed è uguale a Tatooine! O l’Impero che non è l’Impero e si chiama Primo Ordine ma invece è l’Impero. L’idea di Abrams di Episode VII, che comunque tira fuori un film dignitoso, è sbagliata! L’immaginifico in quel film è identico a quello dei vecchi Star Wars, e è dipinto in un modo troppo simile a quanto fece il sempre troppo poco osannato Kreshner con l’aiuto di Lucas in The Empire Strikes Back, o Lucas stesso nel primo Star Wars. Troppo simile la trama alla vecchia trilogia, troppo simili le location a quelle già viste, troppo simile il modo di inquadrare le situazioni, troppo simile il climax (ne abbiamo parlato qui).

Lucas nel ’99 e poi nei due capitoli a seguire sbaglia tutto il comparto strutturale per fare un nuovo Star Wars, non serviva tutta quella invasiva computer grafica, anche perché la mette in scena nel solito modo in cui mise in scena i suoi vecchi capitoli, con l’aggravante che nella seconda trilogia di Lucas lo screenplay e la messa in scena fanno vomitare e che tutti quei luoghi inesistenti e artefatti vivono di Star Wars solo perché all’inizio del film c’è scritto Star Wars, altrimenti non te ne saresti accorto. Ha lavato via l’avventura, ha lavato via lo sporco, quello che c’è è creato al computer e si pulisce con un movimento di camera, non esiste più la frontiera, ne una storia avventurosa. E’ un pappone gommoso che non ha equilibrio narrativo e non sa cosa vuole essere, investigativo? Una trilogia sulle tasse galattiche? Una storia d’amore? Una nuova storia tra bene e male? Senza idee senza dimensione (ne abbiamo parlato in modo ironico qui (The Phantom Menace) e qui (Attack of the Clones), e in modo leggermente più serio qui (Revenge of the Sith)).

La grande verità è questa: Se devi per forza fare un nuovo film di Star Wars devi farmi vedere una cosa che non ho ancora visto ne esplorato in Star Wars. Devi avere il coraggio di cambiare, di mostrarmi una cosa nuova, di mettere le cose sotto una nuova luce, di osare con la regia. Devi darmi un punto di vista nuovo.

Rogue One questo fa, un film di Star Wars trattato in questo modo non era ancora stato fatto, in culo ad Abrams e al nuovo Lucas, Gareth Edwards dimostra di non essere stato chiamato per fare da shooter ma per dire: Eccomi, sono qui, ho delle idee e le sfrutto.


Gareth ha firmato la regia del nuovo Godzilla occidentale (2014), e in questo film ci ripropone le idee che sfruttò per il kaiju più famoso del mondo: parliamo di un sacco di camera a mano, campi lunghi, luoghi desolati, giochi di vedo / non vedo con le creature, nebbie che occultano tremende verità, tensione costruita dai particolari e regia molto vicina ai protagonisti, ma se in Godzilla la forza della regia (il film è molto bello da vedere) veniva smorzata da una scrittura di trama incredibilmente ingenua e a tratti distante dal senso che l’enorme mostro aveva in origine, in Rogue One trova la sua dimensione ponendo Star Wars in un contesto che non avevamo mai visto, sotto una luce oscura ma vivida, la guerra.

E quindi Gareth Edward che gioca con la regia e che ci fa dimenticare gli altri film comunque non uscendo dall’ambientazione, cosa importante e cosa che ha spaventato Abrams e Lucas. Ma cosa che non spaventa Gareth che pigia a tavoletta l’acceleratore e ci propone un film Disney oscuro, sporco, nella frontiera e in trincea, sotto le bombe. Splendide le soggettive durante gli scontri e le fughe, sempre nascoste tra l’erba o dietro una copertura mentre i laser della fanteria imperiale distruggono tutto, o ancora dietro un vetro di una nave bagnato dalla pioggia; La guerra è paura la guerra è testa bassa e elmetto ben saldo e Gareth lo sa inserendo lo spettatore dentro l’azione, gira dal basso verso l’alto dando un senso di imponenza ad ogni aspetto del film. In questo Rogue One gli AT-AT fanno paura, sono dei mostri giganti che appaiono dalla nebbia e non lasciano speranza, le navi sono enormi e mostruose, trova degli angoli per inquadrare gli Star Destroyer che io non avevo mai visto in nessuno film o videogioco su Star Wars. Ci propone dei grandangoli splendidi sulle vastità immense e desolate di alcuni pianeti. Non si lascia mai scappare il particolare sulla scena, cosa che ho apprezzato tantissimo, inquadrature basse quindi sulle scarpe sporche delle truppe imperiali, su qualcuno che si ripara da una raffica di blaster, su una bambina che perde la madre durante un assalto ribelle ad una pattuglia imperiale. In certi punti sembrava di essere in Vietnam o in un film sulla seconda guerra mondiale: il nero con l’elmetto sganciato in testa che aspetta di scendere in campo dentro il trasporto ribelle, la strumentazione per il collegamento che va portata a mano fino al comunicatore mentre i tuoi compagni ti coprono, morti su ogni fronte, sbarchi dalle navi sotto il fuoco nemico.

Rogue One è un film su Star Wars dove Star Wars non era mai stato, in guerra, nella guerra sporca che non è semplice, non è bene contro male (argomento trattato già ampiamente nelle altre saghe), non sempre è chiara e sintetica: la c’è il nemico. Lui è lo stronzo. Punto fine.

Certo, perché la prima trilogia ha un punto di vista differente, la guerra è di lato, presente ma a lato. Qui ci stacchiamo dallo stilema narrativo classico dell’eterna lotta fantasy tra bene e male e analizziamo gli uomini che ruotano attorno a quel più facile modo di leggere le cose. Nella seconda trilogia la guerra di plastica di George è più un gioco per bambini, qualcosa di colorato che ti oscilla davanti agli occhi per confonderti, una guerra che non senti nelle viscere, è un enorme videogioco con una trama scadente. Ci voleva Star Wars Clone Wars (2003), splendida serie animata di Genndy Tartakovsky trasmessa su Cartoon Network,  per dare un tocco più vivido a quel conflitto.

La ribellione in questo film è complessa e densa di sfumature, c’è chi utilizza mezzi deplorevoli per arrivare ai propri scopi, chi perde il senno in nome della libertà, chi non ha morale. Per la prima volta vediamo anche i contorni dell’impero: i lavoratori delle colonie minerarie, gli ingegneri meccanici, i trasportatori, persone con una morale con una famiglia con degli ideali, persone impaurite, sfruttate e soggiogate.

Rogue One ha il coraggio di mostrare la periferia di quello che abbiamo sempre visto in Star Wars e lo fa con cognizione di causa, la regia di Edwards è sulle persone, è dentro le truppe, è attaccata al volto dei personaggi quando piangono, o quando sono sporchi e soffrono, quando hanno perso le speranze, sta li. Fa dei primi piani splendidi di tutti i protagonisti e sfoca sempre i contorni, come a dirci: Ecco… adesso c’è lui. Che nella guerra non voleva starci, che è un uomo come gli altri, che ha degli affetti e soffre. Adesso per te c’è lui.

E’ bellissimo questo nuovo dipinto del brand, e poi in un prodotto disneyano, io non so come sia riuscito a farlo. Nessuno si salva in questo film, la morte coglie tutti indiscriminatamente, perché non ci sono eroi, vincitori e vinti… c’è un conflitto orribile e vivido. E questo rileggere Star Wars si riflette anche sui personaggi.


Interessante la rilettura del quasi Jedi, interpretato da Donnie Yen, e visto come un monaco buddista con i suoi mantra e i suoi dogmi, che ha l’IO spezzato in due parti: la mente ovvero lui stesso e il corpo, cioè il suo fedele alleato e amico Baze Malbus interpretato da Wen Djang. Mai vista questa cosa in Star Wars, i Jedi da sempre sono addestrati a distaccarsi dai legami, ad essere distanti dagli affetti, qui si cambiano le carte in tavola inserendo un personaggio che crede nella Forza e la sfrutta in modo differente da quanto si è sempre visto, pur rimanendo credibile e rispettando l’epica del brand.

Bella la protagonista Jyn Erso interpretata da Felicity Jones, un personaggio al limite della società, irruenta e sempre nella merda, che vive tra la sua morale desaturata dal buono e dal giusto, e la realtà di avere un padre imperiale (Mads Mikkelsen) visto da tutti come una minaccia, ma che lei non ha dimenticato.

Belli anche gli altri: il povero pilota (Riz Ahmed) che si trova nella guerra quasi per caso, il coprotagonista del film (Diego Luna) ribelle cresciuto da ribelli e chiuso in se stesso, quasi come se si volesse proteggere dalle orribili realtà che lo circondano, il Droide diffidente scettico e freddo ma con un grande senso di rispetto verso i protagonisti umani, e ancora il cattivissimo generale Orson Krennic, supervisore alla costruzione della Morte Nera, corrotto dal potere e poi ucciso dalla sua stessa creazione, l’insondabile Saw Gerrera paranoico partigiano ribelle, malvagio come un generale imperiale ma compassionevole verso Felicity Jones.

Personaggi non perfetti, forse stereotipati e con poco mordente, ma che funzionano e che sono creati per abitare in quell’ambiente e in quel contesto. Rogue One ha il coraggio di essere autoconclusivo (FINALMENTE, GRAZIE NOSTRO SIGNORE), cosa che narrativamente è molto più complicata di espandere una storia all’infinito, e in questa sua cornice chiusa riesce. Edwards tratta spesso questi personaggi da vicino, con la camera a mano li insegue nei vicoli della città di Jedha, li inquadra a rincorsa mentre c’è del casino, si focalizza sulle ferite, evita di enfatizzare troppo le morti, ci risparmia il classico bacio tra i protagonisti o una anticlimax rose e fiori. La fine è amara. Personaggi quindi non troppo memorabili ma trattati con garbo e che si sposano con il contesto in cui nascono e muoiono, cosa che dona a questa squinternata banda una sua dignità.

I personaggi di Rogue One infatti maturano, iniziano chiusi in se stessi e affogati nella loro fredda individualità dovuta al contesto in cui sono cresciuti per poi finire in un climax che li vede agire come una cosa sola, e non c’è bisogno di fare dei discorsi infantili sull’amicizia e il valore degli affetti come fa Singer nell’ultimo X-Men: Apocalypse, si capisce, basta uno sguardo una mano che stringe un’altra, un controcampo ben fatto. Non si spendono parole inutili per veicolare una cosa potente come questa, le melense e artefatte frasi d’amore tra Anakin e Padme mettono il loro rapporto sotto una luce ridicola, sembrano dei fidanzatini di tredici anni poco intelligenti. Edwards deve aver visto molto bene la seconda trilogia perché evita come la peste quesi grossolani errori nel veicolare le solite emozioni, e forse il cast di Rogue One non è così memorabile come quello che ha usato Lucas nei suoi prequel, forse nemmeno come quello di Episode VII, ma almeno Edwards lo marca e lo rispetta evitando di essere infantile o esagerato.

Questi personaggi possono essere delle macchiette quanto vi pare ma si distaccano dagli stereotipi già usati nella prima trilogia, sono distanti dai caratteri ben definiti della seconda trilogia e soprattutto non sono delle copie carbone come quelli di Abrams, dove BB8 è il nuovo R2-D2, Rey è la nuova Luke e Luke è il nuovo Yoda. Non ci troviamo davanti a degli eroi, ma a gente comune, mai vista una cosa del genere in Star Wars.

Quanto è forte: Ti amo / Lo so.

Infinito.

Quanto fa schifo:

  • Anakin: Eh, eh! Se mi vedesse il maestro Obi-Wan, si arrabbierebbe molto. Dal momento che ti ho incontrata, quanti anni sono ormai, non è passato un giorno senza che pensassi a te. E adesso che sono di nuovo con te soffro da morire. Più sto vicino a te più mi tormento. Al solo pensiero di stare un attimo senza di te mi sento soffocare. Sono ossessionato da quel bacio che non avresti mai dovuto darmi. Ho una ferita nel cuore, e aspetto che un altro bacio la rimargini. Tu mi sei entrata nell’anima che si tortura per te. Che devo fare? Dimmelo tu, e io lo farò. Se soffri come soffro io, ti prego, dimmelo.
  • Padme: Non posso. Non possiamo, lo sai. È una cosa impossibile.
  • Anakin: Nulla è impossibile, Padme. Ascolta, ti prego.
  • Padme: No, ascolta tu. Non viviamo nel mondo dei sogni. Guarda in faccia la realtà. Tu studi per diventare un Jedi. E io… io sono una senatrice. Seguire la strada dei sentimenti ci porterebbe dove non ci è permesso andare. Qualunque cosa proviamo l’uno per l’altra.
  • Anakin: Allora provi qualcosa anche tu.
  • Padme: Non ti lascerò rinunciare al tuo futuro per me.
  • Anakin: Tu mi chiedi di essere ragionevole. È l’ultima cosa che riuscirei a fare. Beh, credimi, vorrei tanto non provare quello che provo per te, ma non posso.
  • Padme: Non cambierò mai idea.
  • Anakin: Forse potremmo fare in un altro modo. Tenerlo nascosto.
  • Padme: E vivere nella menzogna, che non resterebbe nascosta anche se volessimo? Io non ci riuscirei. Tu sì? Riusciresti a vivere così?
  • Anakin: No. Hai ragione. Ci distruggerebbe.

Lungo, esasperante, infantile, ingenuo.

Edward lo sa, ci gioca e lo fa bene. Taglia dove deve farlo e lega queste macchiette come si deve riuscendo a creare un cast di personaggi che alla fine servono benissimo la trama.

Qui si parla tanto di sentimenti, ma basta un abbraccio di un padre alla figlia, uno sguardo complice mentre si viaggia su una nave, una mano tesa in segno di aiuto. Basta così poco per colpire con queste emozioni.


Rogue One è Disney, ma al contrario delle solite disneate (che odio con tutto me stesso) melense e colorate questo è un film scuro, un film molto credibile nella sua incredibilità, questo aspetto si riflette anche sull’umorismo che per una volta si stacca dallo stile dissacrante Marvel, che sta contagiando molti prodotti attuali, per proporci qualcosa di più coerente con l’atmosfera generale. Certo ci sono delle battute più leggere di altre, ci sono dei personaggi che hanno il compito di stemperare leggermente cosa ci viene proposto, ci sono moltissimi camei e richiami ai vecchi film (R2-D2 e C3Po, Colonel Evazan e il suo compare Ponda Baba – Chi sono? Lo sapete? Non vale utilizzare Google, li avete visti apparire nel film? – Il climax finale diviso in tre parti che ci ricorda molto quello di Return of the Jedi), ma nulla di tutto ciò è invasivo. Le battute sono misurate e spesso leggermente tendenti al dark humor, ogni battuta è inserita nella sceneggiatura senza creare troppo stacco tra il momento più leggero e gli altri aspetti più seri della scena, e alla fine si riconosce in questo prodotto uno screenplay molto solido e con una precisa idea in mente. Altro punto a favore.


Si parlava prima della regia bassa di Edwards, che riprende tutto dal punto di vista di chi è nell’azione, bassa come lo sguardo di chi è sotto l’impero, basso come il profilo dei ribelli, basse come le speranze di vittoria, basse come chi si ripara dalla guerra.

Rogue One è un film che si sviluppa in altezza, parte dal basso per poi andare verso l’alto.

Come chi alza la testa davanti agli oppressori, come i ribelli che osano più di quanto li sarebbe concesso, come il climax che ribalta le speranze di vittoria, come chi decide di alzarsi in battaglia e fare la differenza. Un film molto politico, un film di guerra contro la guerra (come tutti i meglio film di guerra) dove i personaggi dovranno far fronte ed accettare i loro ideali per poter dimostrare che un cambiamento è possibile, il consiglio dei ribelli dovrà ravvedersi e combattere la paura che li tiene nascosti come topi, e l’impero dovrà ragionare nuovamente sull’integrità delle sue fila. Ovvie le similitudini con le armi di distruzione di massa, rappresentate dalla Morte Nera, in questo capitolo minacciosa e mastodontica come nessuno l’aveva mai dipinta.

Rogue One è un filmone, molto delicato nel bilanciarsi ma dai toni marcati, osa spesso e ribalta Star Wars mostrandoci una storia che forse non aveva bisogno di essere mostrata ma che è stata trattata nel modo più spettacolare possibile, inserita in un contesto inusuale che però ci riporta di prepotenza alla vecchia e unica trilogia. Questo film ci mostra apertamente quanto Episode VII sia un film mediocre e ci apre gli occhi sulla verità e su quanto ho sempre sostenuto dopo la visione del film di Abrams: cambiare il brand è possibile, è possibile farlo nel modo migliore e rimanendo comunque fedeli all’ambientazione e all’epica originale. Rogue One ne è un fulgido esempio che spero apprezziate a pieno.


Come avete capito il film mi è piaciuto, anche parecchio, ma è tutto oro quel che luccica?

SIIIIIIIIIIIIIIIII PORCO CANEEEEEEEEEEE

No dai seri, sono esaltatissimo, no non lo è.

Il film non è perfetto.

La prima cosa che ci salta all’occhio è che talvolta la sceneggiatura fa delle omissioni narrative un po’ strane, queste non pregiudicano il film ma a fronte di una trama che funziona e che è scritta con attenzione comunque stonano. In una scena un personaggio viene lobotomizzato da un mostro cthulhiano (bellissimo) capace di leggere la mente, dopo vediamo il solito personaggio ovviamente obnubilato mentalmente, ma dopo qualche scena questo evento pare dissolversi nel nulla, bellissima quindi la scena del mostro e della tortura ma forse come scelta narrativa è un po’ fine a se stessa. Simile l’attacco dei caccia Tie durante il climax finale: attaccano in tantissimi e dopo poco diminuiscono di numero senza una vera e propria spiegazione e ancora; i protagonisti fuggono dalla base dei ribelli senza autorizzazione, i ribelli lo sanno, e pare che tutti se ne freghino perché non vengono presi provvedimenti a riguardo.

Anche lo sviluppo dei personaggi è frettoloso, soprattutto nella prima ora di film e spesso passa per forzature leggermente fuori luogo, come il legame di amicizia tra i due protagonisti che si risolve troppo facilmente senza che questi abbiano un vero punto in comune.

Errori che non compromettono la trama, che non incidono sulla narrazione ne sul ritmo del film, che ci sono e si vedono e che potevano essere facilmente evitati. Nulla di grave, alla fine anche gli originali film soffrono di scene ingenue ed omissioni grossolane: i droidi che scappano con la navetta di salvataggio e che non vengono rilevati dai sensori imperiali ne insospettiscono le truppe dell’impero anche se è nota a tutti la presenza di forme di vita non organiche, i protagonisti che arrivano alla Morte Nera con il Falcon e sfuggono ai controlli anche se l’impero prima ha dimostrato di avere sensori che rilevano presenze organiche, e ancora la distruzione della Morte Nera in Return of the Jedi fa scomparire dal nulla l’enorme flotta imperiale. Forse però il carisma dei personaggi originali è più marcato di questi Roguanari, e le scene di quei tre film sono così conosciute ed accettate da meritarsi addirittura l’entrata nella storia dei cult del cinema,  quindi lo spettatore tende a non farci caso o scusarle più facilmente. Questo è un nuovo prodotto e mancando ovviamente di quel carisma da cult navigato tende ad essere più vulnerabile sotto certi aspetti, da parte mia lo scuso come scuso il primo Star Wars e gli altri, ciò non toglie che delle imprecisioni ci sono e che era molto facile evitarle.


Altro punto che non ho apprezzato ma che capisco sono i personaggi in CGI.

Siamo pronti a giocare a fare Dio? Non con i dinosauri come chiede Ian MalcolmJohn Hammond (Jurassic Park1993), ma con gli attori.

Andiamo per gradi: La struttura della trama e il diretto legame con Star Wars del 1977 rendono praticamente impossibile per Rogue One non riportare in schermo certe vecchie glorie presenti nel primo film della saga.

In certi casi troviamo dei validi sostituti del tutto somiglianti agli attori di quaranta anni fa, Genevieve O’Reilly è praticamente uguale a Caroline Blakiston nel ruolo di Mon Mothma che vediamo per la prima volta in Return of the JediIan McElhinney porta in schermo un somigliantissimo General Dodonna che in Star Wars fu ruolo di Alex McCrindle.

Certi tornano e non cambiano di ruolo, il caso di Jimmy Smits che appare nella nuova trilogia di Lucas e che quindi è ancora in grado di reggere il ruolo di Bail Organa, o del bellissimo cameo di Angus MacInnes (direttamente dal footage dell’originale Star Wars, ci avete fatto caso?) che in questo film è il capo della squadra oro ribelle, proprio come nell’originale Star Wars.

E c’è chi, come nel caso di Peter CushingCarrie Fisher vengono riproposti in CGI.

Questa pratica l’abbiamo già vista in Tron Legacy (2010) dove appariva un giovanissimo Jeffrey Bridges o nell’ottimo AntMan (2015) in cui viene ringiovanito Michael Douglas. Tutte le volte che ci troviamo davanti a questa aberrazione dobbiamo però fare i conti con vari fattori, il primo è quello della veridicità. Dite cosa volete, ma un essere umano finto che deve apparire come vero non potrà mai essere credibile come un essere umano vero. Soprattutto se si deve rapportare con altri attori reali, passi il mostro umanoide palesemente finto, ma quando si tenta di rifare il volto e le espressioni di un attore defunto, come nel caso di Cushing, o che non può più reggere la parte come per la Fisher, per quanto tu le possa fare bene (ed è questo il caso, sono davvero impressionanti) non arriverai mai ad eguagliare la realtà.

C’è da dire che la giovane Leia sta sullo schermo qualche secondo, e quindi non genera tutto questo sconvolgimento nello spettatore ma Grand Moff Tarkin condivide molte scene con molti degli attori reali svelando sul lungo periodo la sua digitale presenza.

Come detto era inevitabile che queste icone della saga non riapparissero, ma personalmente avrei preferito un attore somigliante per rimpiazzare Cushing e inquadrature solo alle spalle per la finta Leia / Fisher.

Altra cosa che c’è da tenere di conto è: Siamo pronti a vedere in CGI attori defunti come Omar SharifLeonard NimoyClark Gable, Barbara O’Neil, Cary Grant, Audrey Hepburn? Siamo pronti all’immortalità cinematografica oltre a quella che potrebbe garantire una pellicola di successo che riesce ad entrare nella storia del cinema? Pensiamoci, i mezzi per farlo ci sono, ma quanto costa? A che punto arriveremo se potremmo rimpiazzare tutto in un film, attori compresi?

Vi lascio con questo quesito, ditemi se a voi sono piaciuti.

Quindi, ci siamo. Siamo arrivati alla fine. Mi scuso tantissimo, è stata dura.

Rogue One, per me filmone. Ho anche pianto da quanto mi stava piacendo. Forse mi è piaciuto un po’ troppo? Bellissimo e soprattutto autoconclusivo nuovo installment della saga infinita di Star Wars, Rogue One è un film di guerra sulla guerra, vicino ai personaggi e che pone tutto quello che conoscete di Star Wars al cinema sotto una nuova luce, finalmente direi. La ventata di novità che serviva alla saga è finalmente giunta, merito di un regista competente che ha saputo osare e non si è fatto spaventare dal mostro che teneva per le mani. Coraggioso, visivamente devastante, di spanne sopra a Episode VII, nuovo, tremendamente oscuro e vivido, un film che non ha paura di raccontarci in due ore e quindici minuti una storia molto drammatica ma che, come succedeva per la vecchia saga è anche e soprattutto un’avventura fatta di volti e di persone. Qualche inciampo di tanto in tanto, non è perfetto, ma cazzo se è bello.


Note a fine recensione che non ho saputo dove infilare perché ho scritto tutto di getto

Giacchino fa una colonna sonora da zero riprendendo i temi principali e rielaborandoli, cambio anche dei toni musicali quindi, si rimane comunque nei pressi degli svolazzi di Williams ma si esplorano nuove soluzioni musicali.

Il doppiaggio italiano è molto mediocre, se siete abituati a vedere film in lingua vi consiglio di cercare una sala che si degna di mandalo originale.

Felicissimo come un bimbo vi saluto.

Addio.


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