Guardians of the Galaxy Vol. 2

guardian2poster

James Gunn è un regista che ha dato più volte prova di saper creare prodotti sopra le righe, grotteschi e pazzi, di avere idee talmente cretine da risultare poi delle genialate, di saper gestire una bella scazzata totale come potrebbe essere appunto un Guardians of the Galaxy (2014) o un PG Porn (2008). Quest’ultimo è una delirante serie di corti ambientata nel più classico setup da film porno ma dove nessuno tromba e dove nascono delle incomprensioni surreali tra i protagonisti che spezzano l’atmosfera arrapante da porno e finiscono inevitabilmente nel demenziale.

Gunn lo ha sempre fatto e sempre lo farà, lo abbiamo visto in Super (2010), dove smonta il film super eroistico di plastica e ci propone una versione vivida e reale della violenza e della follia che spesso in questo genere di film sono date per scontate o accettate nella loro forma puerile, artefatta, desaturata.

Lo vediamo in Slither (2006), horror che oscilla tra il realistico e il più spinto grottesco, che disturba con le sue immagini palesemente esagerate ma trattate in modo che risultino il più credibili possibile. Horror disturbante che passa tra Raimi, Cronemberg e il Peter Jackson di Braindead (1992), e lo fa in un mondo così naturale e così giocoso che forse spaventa di più l’idea di aver concepito un tale lungometraggio che il lungometraggio stesso.

Gunn sa come trattare una scazzata, sa come contaminarla con altri generi, sa come non essere banale nel raccontarci qualcosa e soprattutto sa che tasti toccare per stupirti, per appassionarti.

Infatti quando lo chiamarono a dirigere il primo Guardians of the Galaxy fui felice, volevo proprio vedere dove andava a parare. E così successe, vidi un’evoluzione di James Gunn che per la prima volta si doveva rapportare con un prodotto commerciale per il grande pubblico, che doveva rispettare degli stilemi narrativi e doveva vendersi a più gente possibile. Perché parliamoci chiaro: Slither, Super e il progetto PG Porn non sono per tutti. Non hanno nulla di commerciale nell’anima, vogliono divertire, è vero, possono essere visti come delle goliardate totali, verissimo, e possono intrattenere una larga fetta di pubblico dall’adolescente al quarantacinquenne, possibile. Ma non ricercano il commerciale, non hanno la costruzione stereotipata del prodotto Marvel da grande schermo, nemmeno ci si avvicinano.

E questo, se ci pensate, è un bel salto.

È un cambio di impostazione narrativa totale, ti impone delle linee guida molto rigide per la gestione del visivo, addio sangue a pacchi e teste aperte, ti limita e ti imbriglia.

Per questo ero curioso di godermi questi Guardiani della Galassia! Il regista e ideatore dei PG Porn in un prodotto Marvel, è un esperimento? Chiamiamo Lars von Trier per dirigere il nuovo Howard il Papero (Howard the Duck1986? No, dimmelo te.

Guardians of the Galaxy

Gunn con il suo Guardiani della Galassia fa il meglio che poteva fare; si vede che nella sceneggiatura c’è la sua mano che impone questa voglia del grottesco e del surreale spesso esasperata, si vede come i personaggi siano armonizzati tra di loro e come riescano sempre a scrollarsi di dosso il tono da super eroe figo, che a Gunn ormai è palese che non piaccia. Il tono con cui riesce a ridicolizzare l’epica tamarraggine dei film d’azione pompati e ciccioni poi è splendido: non permette mai che la sua creatura, comunque un mostro gargantuesco, sia epica. Non vuole fare qualcosa di troppo serio di cui poi forse si pentirà, e castra l’orgasmo da epica spicciola con ironia, con un continuo altalenarsi di picchi narrativi che ora sono i classici Marvel semiserio e che adesso sono una gag atta a smorzare il climax.

Cosa che poi avevamo già visto due anni prima in The Avengers, e che comunque non è una pratica unica di Gunn: spesso in questi prodotti commerciali pomposi e grassi si usa spezzare la serietà con gag e battute, espediente che se sfruttato bene dà ritmo al film e lo rende meno opprimente da vedere.

Ma Gunn lo fa a modo suo, esagera e se ne frega. Ci mette il suo tocco e si sente, tanto, troppo. A modo suo dà ad un prodotto Marvel che sarebbe finito nella mediocrità più totale un’impronta autoriale, un marchio riconoscibile. Merito anche della splendida fotografia curata da Ben Davis e da idee visive di forte impatto, come la città all’interno della testa mozzata di un Celestiale o i costumi, splendidi, del main villain Ronan the Accuser.

Quindi mi piace un sacco Guardians of the Galaxy? No. Plot Twist! Cioè, me lo godo contento ma lo considero un film molto mediocre.

Mi spiego: lo trovo visivamente molto bello, ma il comparto narrativo a tutto scazzo a me non piace, mi fa l’effetto di un sonaglino per infanti. E’ una cosa effimera e fine a sè stessa, facile come idea di intrattenimento, troppo facile. Facile quanto le battute di contrasto delle sitcom, facile come le gag di Camera Caffè. Troppo facile. Troppo comodo puntare tutto sulla scazzata irriverente e ironica, che smonta ogni cosa senza nemmeno provare a costruire una trama, a veicolare un messaggio, a fare intrattenimento e divertimento dosando i toni del film. Capisco la natura di questi prodotti, capisco che era scopo di Gunn e della produzione portarci in faccia qualcosa dall’intrattenimento marcato, ma così è troppo facile signori.

Troppo comodo sotterrare una narrazione mediocre con battute continue e un comparto visivo colorato, è uno specchietto per le allodole, è un rincoglionimento di luci e colori che non porta da nessuna parte.

Il primo Guardiani della Galassia in questi errori ci sguazza: il cattivo è un mero meccanismo di trama per veicolare battutine e metterci una parvenza di trama, totalmente vuoto senza scopi nè un carattere. La quantità di personaggi abnorme è ingiustificata e anche questa è usata per distoglierti dalla pochezza del plot. C’è gente che sta in schermo qualche minuto senza un apparente motivo, come Benicio Del Toro con la sua serva. La storia è ridotta all’osso e spesso si perde tra i troppi personaggi che non trovano modo di emergere dal mare di roba che bolle in pentola. Insomma, il film è sì divertentissimo e bellissimo da vedere, ma si esaurisce in fretta, è uno sketch comico godibile che però una volta che ti ha divertito ti lascia, così come ti ha incontrato.

Comunque ha i suoi ritmi azzeccati e prova ad altalenarsi tra ironia e serietà, soprattutto nelle parti dove appare Thanos e Nova o dove Star-Lord pensa alla famiglia e alla madre, gioca molto bene con la musica e ci propone delle battute davvero esilaranti, soprattutto dalla parte del personaggio di Drax, forse unico motivo per rivedere il film. I Guardiani della Galassia quindi è un film divertente ma da adolescenti, da massa di quarantenni tonta che ripete ‘io sono Groot’ all’uscita del cinema pensando di essere simpatica, è un film che brilla una volta, brilla tanto, fino a prendere fuoco. E poi cenere.

Guardians of the Galaxy Vol. 2

E qui mi casca l’asino. Ho pensato: ma non è che siccome questa impronta di scazzo totale ha portato il film ad avere una fama ed un successo stratosferico, il seguito lo esasperano su quei toni? Privandolo ancora di più di una trama, di una morale, di un senso, di un qualcosa che mi rimane anche dopo il film.

Lo vedete cosa fanno? E’ palese ormai.

La scena di Quick Silver degli X-Men è una delle principali attrazioni del film? La ripropongono nel seguito esasperandola.

Tony Stark e la sua irriverenza sono la cosa che porta la gente al cinema? Sempre più Tony Stark che fa l’irriverente (per fortuna c’è la saga di Captain America che ce lo propone sotto una luce più tormentata).

Jack Sparrow è l’attrazione principale del film? Sempre più Jack Sparrow che fa le Jacksparrate.

Le auto che si inseguono per la strada sono robetta per Fast & Furious? Allora auto che si inseguono per aria, sugli aerei, nel ghiaccio contro i sottomarini, tra le torri di una città, contro i draghi, su Plutone, nello spazio!

I Transformers, il primo abbastanza misurato per il film che doveva essere e per il fatto che dietro la camera c’è Michael Bay, ma già dal due? Transformers con le palle ciondoloni, mostri alti novanta metri, battute esasperate, robò che scurreggiano (non sto scherzando) sempre tutto più grosso più pompato più imbecille.

Sempre di più. Sempre più grosso.

Prendono un elemento vincente e lo esasperano, lo portano all’estremo, di fatto banalizzandolo. Lo fanno diventare un mero tormentone da programma comico televisivo.

Se io ti racconto una barzelletta che ti fa ridere, e il giorno dopo te la racconto ancora però stavolta vestito da Gabibbo mentre faccio giochi di destrezza su un monociclo, non ti farà ridere di più. È sempre la solita barzelletta del cazzo. Al massimo divento ripetitivo. Al massimo ti posso far sorridere, ci sta. Forse puoi divertirti come la prima volta, possibile, sicuramente banalizzo la cosa.

Proviamo.

Un uomo entra in un caffè. Splash.

Un uomo entra in un caffè. Splash.

Un uomo entra in un caffè. Splash.

Un uomo entra in un caffè. Splash.

⊗Un uomo entra in un caffè. Splash.æ

Vi fa più ridere? Quanto vi state scompisciando dal ridere? Vi sentite più intrattenuti dalla scritta verde barrata e sottolineata piuttosto che da quella piccolina nera? Perché questo fanno. Prendono gli elementi vincenti e li esasperano. Se ha funzionato prima deve per forza funzionare nuovamente se te lo pompo ancora di più.

E non diamo la colpa a questo periodo di film commerciali, anche se il modello Marvel Disney ha segnato tanto questo decennio, perché questa pratica è usata da tantissimo tempo, anche in prodotti più dignitosi come i Terminator, che con ogni nuovo titolo sono sempre diventati più ciccioni, o il mio amato Arma Letale in cui la chimica tra RiggsMurtaugh in ogni film è sempre più marcata ed esasperata fino a stufare nel quarto titolo (che comunque adoro).

Lo fanno, lo hanno sempre fatto. Ma in un prodotto già marcato, già esasperato, già carico e pomposo… cazzo… in un prodotto del genere questo modello di gonfiamento dei film a cosa potrebbe portare?

A  Guardians of the Galaxy Vol. 2, appunto.

Un film disgustoso.

Argomentiamo.

Come immaginavo hanno esattamente fatto quello che temevo, lo hanno esasperato, stirato ed esagerato, abbandonando ogni barlume di trama, di dialettica, di dialogo tra il film e lo spettatore.

Questo nuovo installment della saga Marvel firmata Gunn è una sequela di gag e battute senza uno scheletro di supporto, si susseguono senza sosta in questa galassia sempre più assurda e esagerata dove si cerca di stupire non più con l’idea intrigante, ma esasperando anche il comparto visivo che diventa una parodia involontaria di sè stesso (con pianeti con dodici lune o una serie di quindici pianeti tutti a trenta metri l’uno dall’altro).

Siamo davanti a un titano dalle dimensioni ingiustificatamente esagerate che però non assume abbastanza calcio per reggersi sulle sue ossa, è un fuoco di paglia di quaranta metri che dopo aver bruciato per qualche minuto non lascia nulla dentro allo spettatore che esce dalla visione stordito, ingannato da un essere colorato e brillante che però non ha nulla da dire. E’ come un giochino per bimbi scemi, è il caleidoscopio regalato per Natale: ti stupisci per i primi dieci minuti e poi lo fai marcire in un cassetto.

La cosa che più mi ha infastidito di questo indigeribile minestrone di stronzate è che, al contrario del primo, non riesce a trovare un bilanciamento nè nella narrazione nè nelle tempistiche.

Nel primo film avevamo delle parti molto serie che poi potevano venire smontate dall’irriverenza dei personaggi principali. Aveva un suo senso. A me non piace come espediente se usato a sproposito, ma almeno ha un senso, giochi sul contrasto che crea la gravosità di una situazione drammatica poi immediatamente smorzata da una battuta, dalla gag, dalla cazzata.

Ha senso, lo accetto.

In questo nuovo titolo non c’è mai un momento di serietà, anche minimo, su cui bilanciare il ritmo delle battute, e il film ne risente in modo incredibile diventando ripetitivo e noioso. E’ come vedere la solita tipologia di gag su YouTube per due ore e venti filate. Solo che un video online dura due minuti. Una gag del Benny Hill Show si dilungava al massimo per cinque minuti, lo sapevano che farci un film di due ore e mezza era un’idea beota. Qui pare invece che sia sembrata un’idea brillante.

E non cito il Benny Hill Show a caso: la facile idea di battuta di questo film è paragonabile alla facilità della gag televisiva con un siparietto di tre minuti a farle da contorno. Questa mia conclusione è avallata dal fatto che il film non ha una trama, ne un plot, ne un climax. Non c’è costruzione del pathos, non c’è un crescendo narrativo, non c’è una trama che si dipana. C’è solo una concatenazione di eventi, spesso tremendamente stupidi, che servono da mero ingranaggio per innescare l’ennesima gag. E il cerchio si ripete fino alla fine del film.

Potremmo vedere il film a pezzettini di tre minuti godendoci solo le battute, che sono costruite in modo che siano slegate dalla narrazione degli eventi, così lo spettatore non deve preoccuparsi di seguire qualcosa, tanto non è capace. Deve solo ridere della battuta sulla cacca, della battuta sul capire male una parola o sbagliare un nome, del piccolo Groot che è un beota ma fa tanta tenerezza, messo lì per far contenta la fidanzata di turno che è stata trascinata al cinema dall’ignaro cacciatore di cinefumetti.

‘Che cariiiiiiiiiinoooooo’, esclamerà estasiata.

Questo inconcludente e titanico macigno marvelante arriva alla sua conclusione stanco, arranca, striscia e prova a stupirci con un finale esageratissimo che nessuno chiedeva.

Qui il film si apre come un fiore che odora di alito di cane randagio e perde del tutto il senno, prova a farci ridere con le facce distorte dei protagonisti come se fossimo dei bimbi di otto anni, o delle bimbe sceme che usano i filtri di Snapchat. Mette in scena un combattimento finale pericolosamente simile al climax di Man of Steel (2013), dove due esseri ultraterreni si sfidano a cazzotti intergalattici pur sapendo che nessuno ne uscirà ferito, dove le leggi della fisica vengono mandate al maiale e la gente cade da duecento metri atterrando senza subire alcuna conseguenza, dove mitra di varie tonnellate non hanno il minimo rinculo, dove nessuno sanguina e non ci sono lividi, dove i personaggi mettono a repentaglio la loro vita e continuano a scazzare come se tutto fosse un gigantesco gioco da bimbi scemi, dove le azioni intraprese non portano a nessuna conseguenza.  La gente è di gomma, la narrazione è di gomma, la trama è di gomma, i sentimenti sono di gomma, la credibilità è di gomma.

Questi elementi, che sembrano delle cazzate, sono invece molto importanti per instaurare un dialogo con lo spettatore: comunichi dove il film andrà a parare e che dialettica usa per veicolarsi.

Ad esempio: in un film demenziale accetti che le leggi della fisica e della logica siano piegate perché la natura del film fa leva su quella narrazione per dialogare con te che lo stai guardando. In una commedia con toni realistici accetti tante gag a patto che queste non superino i limiti imposti dalla natura del film (come potrebbe essere il non tradire le leggi della fisica e dello spazio tempo). In un film d’azione ironico il focus è sull’azione, e l’ironia viene usata come metronomo per scandire in modo più liscio la narrazione e aggiungere intrattenimento. In una narrazione epica, come potrebbe essere un Lord of the Rings, il focus è tutto sull’epica del mondo e degli eroi, e se c’è una componente più leggera come le scenette tra Gimli e Legolas è sempre dosata durante tutto l’arco narrativo per non contaminarlo, ma non vive di quello.

E qui mi ricasca il film.

Questo film è talmente esagerato nel proporsi che non sai dove traccia le linee. Anche Deadpool (2016), film che detesto ma che come dico sempre è un film onesto e ben fatto, traccia subito le sue linee e ti dice quale è la sua natura così lo spettatore sa come leggerlo.

Guardians of the Galaxy Vol. 2 no: non sa bilanciarsi e non sa raccontarsi, non sai a cosa stai assistendo… è un demenziale? A tratti sembrerebbe, ma il tono narrativo degli eventi ci suggerisce altrimenti. E’ una commedia ambientata in un mondo sci. fi.? Molte battute e tanta ironia lo suggeriscono, ma il continuo sfociare nel ridicolo ci dice altro.

E’ un cazzo di musical?

Vi ricordate il primo film, vero? L’ho anche detto prima: l’uso della musica nel primo film è bellissimo. Quindi funziona. E cosa succede a una cosa che funziona dentro questo genere di film?

Esatto, indovinato:

Un uomo entra in un caffè. Splash.

Bravi, mi avete seguito.

Nel primo la musica è usata per sottolineare alcune scene d’azione, o certe scene emotive tra Chris Pratt e Zoe Saldana.

E anche questa è esasperante ed esasperata, c’è ogni due minuti, di fatto crea dei piccoli minivideo musicali che, come tutta la struttura del film, sono montati in modo che siano slegati dagli eventi così che tu te li possa godere senza aver per forza capito cosa cazzo stia succedendo (nulla).

Il film è costruito come una sequela di cose fighe da vedere, con un vago senso tra di loro, ma che se viste slegate non perdono nulla della loro dialettica. E questo è un coltello a doppio taglio!

Se da una parte le scene musicate, le gag e gli splendidi paesaggi proposti funzionano come elementi a sè stanti perché fanno leva su un comparto visivo davvero estasiante, dall’altra parte il film è senza una struttura. Sembra che un bravo montatore abbia preso dei filmati da chissà dove e li abbia messi assieme poi creando un vago plot che li lega.

E come dicevo prima, a fronte di questo errore di costruzione del film, il comprato visivo proposto, bellissimo, diventa invece effimero. Non appare più per quello che dovrebbe essere ma lo percepisci come un tentativo cacofonico e puerile di distoglierti dai veri problemi del film, evidenti e debilitanti. Colori accesi, luci stroboscopiche, effettoni sempre più esagerati. Sembra che tutto sia mirato a distrarti.

Non puoi dialogare così con lo spettatore, ma come è possibile che non ci se ne renda conto! Il film non ha un tono preciso, non ha una struttura su cui marciare, non sa cosa vuole essere.

Questo povero mostro deforme vuole però mandare un messaggio di amicizia, fraternità e famiglia, intento nobile ma veicolato nel peggio dei modi proprio come successe per X-Men Apocalypse.

Si scade nel banale. Arrivato a questo punto lo spettatore è stanco e provato, e sicuramente sentirsi recitare le solite frasi fatte da redenzione preclimax non aiuta.

‘Io credo in te’

‘Delle volte cerchi una cosa per tutta la vita e non ti rendi conto che è vicino a te’

‘Io non sono come te’

Qui, il tremendo villain fa provare un pizzico di potere al nostro eroe, che all’inizio ne è catturato, ma in un eccesso di spavalderia Ego, il cattivo interpretato da Kurt Russell, confessa che buona parte della sofferenza del personaggio di Chris Pratt è causa sua. Ecco che come nelle peggio trame degne di prodotti infimi tipo Naruto il nostro eroe si incazza, fa una sparata sull’amicizia e vince.

Il disastro narrativo si concretizza. Sapete cosa mi ha ricordato? Non so se avete mai giocato di ruolo, ma mi ha ricordato le giocate di ruolo a Dungoens & Dragons quando avevo sedici anni, dove il cattivo appariva e ti spiegava, con un tono di voce da ecco l’essere superiore, il suo piano banalissimo che però per te era un’idea geniale. Non so come spiegarlo a chi non ha mai giocato di ruolo. Fammi pensare… Mmmh… Pensate a dei cartoon infimi, stupidi, tipo i Biker Mice da Marte o Action Man: ecco in questi prodotti c’era una minaccia che quasi sempre si concretizzava nel cattivo che, con voce tronfia, raccontava il suo piano beota di distruzione insensata di massa al protagonista, che in un ultimo scatto di eroismo salvava poi tutto.

Qui ci troviamo davanti alla solita povertà narrativa, aggravata dal fatto che lo scontro finale sembra un boss di fine livello di un videogioco per PlayStation 4, con i tentacoli da schivare e i colpi da parare, e la morale è la solita moralina da Sailor Moon (che non ci sarebbe nulla di male, la prima stagione dell’anime ha tantissimi buoni propositi) veicolata proprio come in Sailor Moon! Con i buoni che si aiutano e poi dicono al nemico: ‘noi siamo amici e si vince, te sei solo e perdi’. E vince l’amicizia, vince la famiglia, vince lo sport. Morale per altro presente nel citato X-Men Apocalypse, e veicolata nel solito puerile e scontato modo. Con uno scontro noiosissimo e ultra pompato (devono combattere un pianeta che ha una facciona… boh… sapete dove ho già visto una cosa del genere? In Saint Seiya Episode G, i Cavalieri dello Zodiaco Episodio G per capirsi. Pensate quanto in fondo siamo finiti) che annoia e stufa.

Il film finisce, con una marea di scene post credit, perché l’idea funziona e quindi:

Un uomo entra in un caffè. Splash.

Esatto.

Finisce e ti rendi conto che hanno esasperato anche questa cosa, anche le scene post credit sono state pompate.

Finisce e ti lascia sfinito, vuoto, molto amareggiato.

Comunque c’è da dire che a Gunn non mancano le palle per mettere su un prodotto assolutamente più irriverente e sfacciato del primo titolo, non gli manca la faccia per fare la pecora nera della Marvel e dimostra ancora una volta come l’impronta di un regista si possa inserire in ogni suo lavoro, perché, diciamocela tutta, questo film per me è un disastro ma sicuramente non è anonimo. Si intuisce l’intento di Gunn di spingere la sua irriverenza a livelli fino ad ora mai visti e di esagerare il più possibile, scelta forse fatta perché forte del successo del precedente film? Furba manovra commerciale che intuisce come si muove la massa e sa che corde smuovere? Ricordiamoci che in questo ambiente conta tanto l’impressione della massa alla prima proiezione, e tutti sappiamo che spesso se la gente si diverte tenderà ad apprezzare il film senza poi ragionarci effettivamente sopra. E’ questo quello che volevano? Un eiaculazione precoce di divertimento molto facile?

A cosa abbiamo assistito? Forse era davvero un tentativo di portare il demenziale, genere ormai praticamente scomparso, sotto una nuova luce? O abbiamo semplicemente visto una grossa trappola per turisti del cinema? Piena di neon, belle donne, risate e slot machine rumorose, ma che alla fine ti scorderai dopo poco?

Ho dei dubbi sulla natura di questo indigeribile mostro. Online ne leggo molto bene, si dice che è divertente, che è irriverente e sfacciato. Davvero basta una risata facile ogni tanto per farci dire: ‘Sì, è un buon film’

Riflettiamo sulla stupidità programmata a cui siamo ormai assuefatti. Avete una considerazione così bassa di voi stessi per considerarvi cinematograficamente appagati dalla vista di una faccia distorta, o per una risata ogni tanto? Cosa vi è rimasto di questo film?

Ditelo sinceramente.

A me quasi nulla.

Guardiani della galassia volume 2, gente. Un film che reputo disastroso, tremendo gigante dei piedi d’argilla che sbaglia dall’inizio alla fine proponendoci due ore e coda di noia mortale, epicità spicciola e grossona molto vicina ad un Fast & Furious 8, esagerazioni oltremodo stucchevoli, battute troppo facili e piacione, e soprattutto tanta, tanta pesantezza di stomaco.

Si salva qualcosa? Boh… Sì. Visivamente è obiettivamente molto molto ben fatto, forse stavolta la fotografia è troppo satura, troppo… esasperata. Anche quella. Comunque di sicuro impatto. Dave Bautista è sempre il migliore di tutti, sia come attore che come personaggio, Drax ancora una volta merita di essere visto, molto simpatico. E dai, qualche battuta funziona.

Per il resto, indigeribile e inverecondo.

Molto deluso.

Addio.


6 risposte a "Guardians of the Galaxy Vol. 2"

Lascia un commento